MUGELLO – Oggi facciamo insieme un piccolo salto indietro nel tempo. Di appena mille anni, che volete che sia! San Giovanni Gualberto, al secolo Giovan Gualberto Visdomini (995?-1073), fondatore dell’ordine dei Vallombrosani, fu un religioso davvero fondamentale per lo sviluppo cattolico del Mugello. Personaggio poco conosciuto e sponsorizzato in TV, è necessario per prima cosa raccontare che fin dall’inizio della sua predicazione si trovò in perfetta sintonia con un famoso feudatario carolingio della zona, Guglielmo Bulgaro di cui vi risparmio, per umana pietà nei vostri confronti, le vicende. Il Bulgaro aveva fatto una precisa scelta strategica; il territorio del suo feudo poteva essere presidiato, colonizzato e difeso solo attraverso la fondazione di castelli e torri sulle principali vie stradali o fluviali. Siccome, però, aveva finito calcina e mattoni, pensò che un castello, un ospizio o un monastero per raggiungere il suo scopo fossero la stessa cosa. Così, impressionato dalla forte personalità del monaco, avvicinò Giovanni per stimolarlo a costruire con i suoi monaci queste strutture risparmiando in quel modo anche spese di geometra e tantissima mano d’opera; all’edificazione dei sacri luoghi avrebbero pensato i monaci o i devoti contadini del posto. A gratis naturalmente. Da parte sua il Gualberto aveva assoluto bisogno di un così potente alleato per lo sviluppo della Congregazione.
Fu così che i due intrapresero insieme un percorso che ebbe inizio con la donazione a Gualberto della Badia a Settimo e poi a quest’ultima dell’intera Contea dello Stale in Alto Mugello (1048), evento decisivo per le successive vicende storiche mugellane. Dieci anni dopo il Bulgaro finanziò la ristrutturazione dell’Abbazia di Vallombrosa e nel 1060 aiutò il Gualberto a rifondare il citato monastero di Badia a Settimo cementando così in maniera definitiva amicizia e stima reciproca. Insieme affrontarono anche durissime battaglie morali; contrari al fatto che alcuni religiosi avessero donne e concubine, attaccarono il Mezzabarba, vescovo di Firenze, il quale si era persino comprato la nomina e sistemato in città in compagnia della bella… moglie! Dalle nostre parti il futuro San Giovanni Gualberto sponsorizzò la costruzione lungo le principali vie di diverse Badie, come Santa Reparata a Marradi (1049) trasformando un precedente cenobio benedettino, Santa Maria a Vigesimo nel luogo dove c’era già una chiesa lungo l’antica strada romana (1050) e ancora un cenobio presso la chiesa di San Pier Maggiore nonché la nascosta Badia di Moscheta (1034).
L’anno successivo Ottaviano Ubaldini cedette al Gualberto la montagna di Razzuolo e del Crocifero e subito iniziò la costruzione in loco della Badia di San Paolo a Razzuolo.
Fu proprio per ospitare quanti accudivano alla costruzione che nacque il piccolo nucleo abitato. Nel monastero s’insediarono da subito otto frati (le cosiddette 8 stelle di Razzolo) e il primo abate fu un tal Teuzzone, uno dei discepoli del santo. Il gran monaco, insomma, aveva influenzato l’evoluzione monastica dell’intera regione e ottenne un sorprendente seguito persino tra i diffidenti abitanti del Mugello convincendone moltissimi a pronunciare i voti “travolti” da improvvisa vocazione.
Ma da dove traeva origine questo spettacolare successo “POP” locale del nostro Gualberto? A tale proposito, dovete conoscere uno strano antefatto che risale a quando il nostro eroe perlustrò per la prima volta la stretta gola di Razzuolo accompagnato da Ugo, pievano di San Giovanni Maggiore, giungendo fino alle porte di un paese che ancora non c’era. Fin lì avevano incontrato solo pecore e qualche boscaiolo che guardava stupito l’insolito corteo.
E ancora più stupiti rimasero i boscaioli quando videro Giovanni Gualberto sollevare con le sole preghiere un enorme tronco di faggio che ostruiva la strada e che, così alleggerito, poté essere facilmente rimosso dai suoi compagni. Miracolo o leggenda? Non posso certo saperlo io, però se i boscaioli mugellani fossero stati davvero testimoni, immagino avranno pensato che forse prendendo i voti potevano alleggerire e di parecchio anche… il proprio duro lavoro!
Fabrizio Scheggi
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 6 febbraio 2022