MUGELLO – Poco distante dal castello del Trebbio c’è una piccola chiesa, vero e proprio cammeo di una storia antica. Incerta è la sua reale primitiva datazione, poi divenne la chiesetta del cosiddetto ramo “popolano” della famiglia de’ Medici. Prima dedicata a santi Antonio e Onofrio, patroni dei pellegrini, in seguito intitolata ai santi Cosma e Damiano, protettori della famiglia Medici, i preferiti da Cosimo il Vecchio.
Non è ancora stato chiarito quando questa piccola chiesa sia stata eretta. Forse già esisteva quando, nel tardo periodo medievale, il “podere da Trebio” è citato, sembra, per la prima volta in una nota, “Ricordanze”, scritta da Fuligno de’ Medici (m. 1374), figlio di Conte (m. 1332) di Averardo (m. 1319, non è Averardo detto Bicci ma il nonno). Precisamente il 7 luglio 1309 Ghino d’Attaviano da Trebio cede i suoi beni ai figli di Chiarissimo de’ Medici (detto anche Salvestro, m. 1336, il padre di Averardo detto Bicci, m. 1363). Appunto, forse.
Una lapide è appesa al suo interno, sulla parete di controfacciata, già segnalata da Giuseppe Maria Brocchi, parroco di Santa Maria a Olmi, storico e letterato, nel suo volume “Descrizione della Provincia del Mugello” (1784), laddove si legge: “1364 dì X di marzo fu fondata questa chiesa e questo luogo a nome di Dio e di Santo Antonio e di Santo Onofrio fatto fare a frate Girolamo di Vanni di urbi Orvieto monaco dell’Ordine di Guglielmo di Camaldoli coll’aiuto di Dio e delle buone persone donò questo luogo Attaiano Ghini libero e spedito.” Alla base della stessa lapide vi è scolpita l’arme dei camaldolesi, le due colombe che bevono dal calice.
Questa data, anno 1364, crea non poca confusione. In effetti, non è semplice stabilire se si riferisca a questa stessa chiesa oppure esservi lì trasportata da un’altra che il Brocchi asseriva esser costruita, un tempo, sul vicino poggio Scandalone, già sede di una primordiale badia dei monaci basiliani poi di camaldolesi. Chissà. Proprio quel nome, e cognome, “Attaiano Ghini” citato nella lapide suona come un refrain ricomposto dell’altro “Ghino d’Attaviano de Trebio”, come prima ricordato dalle “Ricordanze” di Fuligno de’ Medici. Sicché, affatto facile dirimere il garbuglio di questa matassa storica.
Però tutto il Trebbio passa in mano ai Medici, chiesetta compresa. L’architetto Michelozzo Michelozzi (1396-1472), oltre che nella villa di Cafaggiolo e nel convento di Bosco ai Frati lavorerà anche in questo sito. Le volte a crociera all’interno della piccola chiesa, con le nervature che convergono al centro e i peducci pensili in pietra arenaria, ricordano in modo straordinario quelle di Bosco ai Frati. Uno stile inconfondibile, tecnicamente una sorta di chiesa gemella, seppur di dimensione più modesta.
Nel periodo di massimo splendore all’interno vi era collocata una pala d’altare di grande valore artistico: “La pala di Trebbio”. Realizzata per ordine di Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici (1463-1503), detto “Lorenzo il Popolano”, dal ramo di famiglia collaterale a quello cosiddetto principale di Cafaggiolo, attribuita a Sandro Botticelli, ovvero Alessandro di Mariano di Vanni Filipepi (1445–1510), ed alla sua bottega, databile fra il 1497 ed il 1499. Venne registrata in uscita, dall’allora fattoria del Trebbio, il 12 maggio 1873 per essere trasferita prima nella Galleria degli Uffizi e, successivamente, dal 3 dicembre 1942 nella Galleria dell’Accademia.
Gianni Frilli – (immagini Francesco Noferini)
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 26 maggio 2019