La valle intorno all’anno 100 avanti Cristo era, infatti, ancora ”ager faesulanorum”, la risorsa primaria di Fiesole, città nemica eterna e acerrima di Roma. Dunque, meno si sviluppava e meglio era, più miseria, foreste e zone paludose restavano e meglio era. Al tempo considerata zona di popoli alleati e ancora non inglobata nel regno, il dittatore Silla pensò bene di assegnare molte terre mugellane ai propri centurioni con un sistema di colonizzazione che lasciò scontenta gran parte della popolazione rurale e non.
Corficius organizzò un grande reclutamento nella zona concentrando le truppe arruolate (circa 10.000 uomini) sui monti sopra Fiesole, dove nel frattempo era giunto anche Catilina (61 a.C.). L’arrivo a Firenze delle truppe di Marco Petreio e di quello da nord del console Quinto Metello strinse i ribelli in una morsa, per cui Catilina si vide costretto a fuggire verso Pistoia con un centinaio di fedeli. Intanto, gran parte degli arruolati mugellani si era liberata dell’armatura e rimesso le vesti civili con una velocità davvero sorprendente. Sallustio racconta che Catilina, inseguito da Marco Petreio “… fuggì da Fiesole per i monti verso il Pistoiese”, e il Villani afferma “…E di notte partito … non tenne il diritto commino dell’alpi, che noi chiamiamo l’alpe di Bologna, ma si mise per lo piano di costa a le montagne…”.
Ma non è tutto. Alcuni storici affermano che la località Petroio prese il nome dal passaggio all’inseguimento di Marco Petreio o comunque dalla presenza di un suo temporaneo accampamento (praetorium, tenda del comandante). Catilina trovò poi la morte nella battaglia di Pistoia (gennaio del 62 a C.) insieme all’inseparabile generale (forse mugellano ma sicuramente fedele) Gaio Manlio.
Fabrizio Scheggi
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 22 Settembre 2020