MUGELLO – Il secondo tipo di memorie è costituito dai tabernacoli, lastre, cippi, fontane, asili, e presenta caratteri stilistici in cui la tradizione neorinascimentale si coniuga a quella gotica, o francescana, o rurale. Questo gruppo dipende dagli intellettuali del “Bollettino della Società Mugellana di Studi Storici (1)”, che volevano recuperare la colta tradizione locale: ne nasceranno opere di grande bellezza e semplicità, piene di poesia, con cui si credeva di cancellare il dolore, ed elevare gli animi alla pace e alla serenità interiore. Questa categoria di monumenti ai caduti è costituita da un gruppo di memorie in materiali diversi – terracotta, pietra serena, affresco –, e di quantità più estesa rispetto a quella dei monumenti a fusione bronzea, perché richiesti da piccole comunità, più campestri che cittadine. Talvolta questi monumenti risultano anche molto semplici e realizzati con materiali poveri, dato che le risorse finanziarie della valle erano state assorbite dalla guerra e dal terremoto. Questa unione di semplicità umana e di grazia divina risponde a quella richiesta di fede sincera della popolazione.
Molti dei monumenti mugellani sottendono una spiritualità cristiana, unita alla credenze pagane: trattasi di testimonianze non eroiche, ma di semplici tabernacoli lungo le vie, presso i quali è facile recuperare una spirituale elevazione dal dolore della vita. I tabernacoli sono semplici costruzioni immersi nella natura, ed hanno spesso linee sobrie ma eleganti con le quali si testimonia una fede sincera e una persistente tradizione agreste: con essa la popolazione mantiene un forte legame, sentendosi parte integrante. A questo proposito sono esemplari le memorie di Figliano (2) e di Luco (3), ambedue disegnate da Chino Chini, e composte di pietra e terracotta. Il monumento di Figliano è una stele-tabernacolo posta di fronte alla chiesa, e di lato al cimitero, con la vasta campagna alle spalle. La decorazione presenta una croce di mattonelle policrome al cui centro si trova un rilievo con un angelo, che emerge, trionfante, da un roseto, i cui fiori alludono sia all’amore imperituro che alla rinascita, in particolare del guerriero, poiché le rose rosse significano le onorificenze di guerra – a Roma, Marte nacque da una rosa – e la redenzione si compie proprio con il sacrificio dei caduti, i cui nomi sono ricordati tra i bracci della croce dorata. Altre mattonelle hanno raffigurato al loro interno un semplice cerchio che, in quanto forma perfetta senza inizio né fine, rappresenta l’eternità e ci conduce a Dio e a tutto ciò che è spirituale: la forma stessa del tabernacolo, che si erge verticalmente, ci innalza e ci consegna dalla transitorietà della vita terrena ad una visione spirituale suprema, simboleggiata da un’esile croce posta a coronamento del tabernacolo. Anche a Luco di Mugello, in mezzo al Parco della rimembranza, una stele-monumento disegnata da Chino Chini ricorda i caduti. Ha una base cubica con mattonelline, sopra cui si alza un piccolo obelisco piramidale sovrastato da una stella a cinque punte. Nella sua semplicità questa opera presenta un pensiero di elevazione: infatti in basso le sedici mattonelline formano una verde ghirlanda di alloro Molti dei monumenti mugellani sottendono una spiritualità cristiana, unita alla credenze pagane: trattasi di testimonianze non eroiche, ma di semplici tabernacoli lungo le vie, presso i quali è facile recuperare una spirituale elevazione dal dolore della vita. I tabernacoli sono semplici costruzioni immersi nella natura, ed hanno spesso linee sobrie ma eleganti con le quali si testimonia una fede sincera e una persistente tradizione agreste: con essa la popolazione mantiene un forte legame, sentendosi parte integrante. A questo proposito sono esemplari le memorie di Figliano e di Luco, ambedue disegnate da Chino Chini, e composte di pietra e terracotta. Il monumento di Figliano è una stele-tabernacolo posta di fronte alla chiesa, e di lato al cimitero, con la vasta campagna alle spalle. La decorazione presenta una croce di mattonelle policrome al cui centro si trova un rilievo con un angelo, che emerge, trionfante, da un roseto, i cui fiori alludono sia all’amore imperituro che alla rinascita, in particolare del guerriero, poiché le rose rosse significano le onorificenze di guerra – a Roma, Marte nacque da una rosa – e la redenzione si compie proprio con il sacrificio dei caduti, i cui nomi sono ricordati tra i bracci della croce dorata. Altre mattonelle hanno raffigurato al loro interno un semplice cerchio che, in quanto forma perfetta senza inizio né fine, rappresenta l’eternità e ci conduce a Dio e a tutto ciò che è spirituale: la forma stessa del tabernacolo, che si erge verticalmente, ci innalza e ci consegna dalla transitorietà della vita terrena ad una visione spirituale suprema, simboleggiata da un’esile croce posta a coronamento del tabernacolo. Anche a Luco di Mugello, in mezzo al Parco della rimembranza, una stele-monumento disegnata da Chino Chini ricorda i caduti. Ha una base cubica con mattonelline, sopra cui si alza un piccolo obelisco piramidale sovrastato da una stella a cinque punte. Nella sua semplicità questa opera presenta un pensiero di elevazione: infatti in basso le sedici mattonelline formano una verde ghirlanda di alloro che allude alla gloria del sacrificio, la quale però trova un significato di religiosa redenzione nella croce d’oro che altre mattonelle raffigurano più in alto sul corpo dell’obelisco, sulla cui cima è posta una stella dorata che con la sua natura celeste eleva allo splendore ulteriore.

Ma gli ideali della “Società Mugellana di Studi Storici” trovarono il loro più diretto interprete in Tito Chini. Egli infatti aveva combattuto con il Generale e dedicò buona parte della sua vita a coltivare la memoria dei caduti. E qui bisogna appunto parlare delle due cappelle, quella delle Salaiole (4), nel comune di Borgo San Lorenzo, annessa all’asilo infantile, sorto per volontà della famiglia Grazioli Lante Della Rovere; e quella dedicata ai caduti nel comune di Palazzuolo sul Senio, e delle numerose lapidi che egli e la manifattura eseguì: opere qualificate formalmente in senso neorinascimentale, o in senso neo-francescano e neogotico.
Le opere neorinascimentali sono quelle più complesse anche nei significati. Nella decorazione della cappella dell’asilo alle Salaiole tutto è curato dall’artista nei dettagli con rigore e con semplicità, a partire dal disegno delle vetrate, a quello del mobilio, del soffitto, e del pavimento. Entrando nella cappella, notiamo sul fondo la grande vetrata nella quale sono effigiati i due figli della contessa Grazioli Lante della Rovere mentre affiancano e guardano la Madonna che volge lo sguardo all’oculo vetrato sulla parete opposta – al fronte interno della cappella –, dove il Pellicano si svena per nutrire i suoi piccoli. Ella si pone così come mediatrice tra Cristo e gli uomini: per la loro salvezza dalla morte che, come teschio, è raffigurata sottoposta ai suoi piedi, precisamente illustrando le parole dell’Ave Maria inscritte in alto sulle pareti: “Sancta Maria Mater Dei ora pro nobis peccatoribus nunc et in hora mortis nostrae Amen”.
Altri elementi completano questo discorso, parlando del sacrificio di Gesù per la salvezza dell’umanità: sia nel modo storico della Via Crucis posta al di sopra dell’Ave Maria, e narrato dagli Evangelisti i cui simboli tetramorfi occupano le quattro vetrate laterali; sia in senso eucaristico, e dunque rinnovabile e attuale, con l’immagine figurata dello Spirito Santo e dei simboli del grano e dell’uva, sopra la Madonna e di fronte al Pellicano.

Tito Chini, Cappella Grazioli Lante della Rovere alle Salaiole

Inoltre sul lato meridionale dell’asilo infantile “Enzo e Riccardo Grazioli Lante della Rovere”, i Chini hanno eseguito la lunetta del portale, con la tenera Madonna col Bambino in terracotta invetriata: Ella e Gesù accolgono i bambini, che in questo asilo trovano riparo ed affetto, con una precisa allusione al fiorire della speranza e della giovinezza nel fondo vivo e verde di mattonelle.

Madonna col Bambino, Salaiole

La cappella ai caduti di Palazzuolo (5) – forse eseguita per la provenienza della sua moglie, Valentina Strigelli – presenta pensieri diversi, in parte dovuti alla sua collocazione presso l’ultima campata del loggiato del palazzo comunale: dunque con due sole pareti, e il soffitto, da vedere attraverso le luci degli archi. Ma proprio questa destinazione aperta e civile condiziona in senso laico il ragionamento che si concentra sulla decorazione pittorica e in terracotta della parete di fondo, attorno alla grande lapide con i nomi dei caduti, in onore dei quali, sulla parete laterale, due militi facevano la guardia. Infatti da sotto il marmo un cespo dà origine ad un racemo che, risalendo dal basso, avvolge la lapide, dando frutti rigogliosi come quelli prodotti dal sacrificio dei soldati, la cui gloria eterna è indicata dal festone in ceramica con foglie di quercia e ghiande che dall’alto si dispone sui lati del marmo. I Chini però eseguirono anche semplici lapidi nelle quali possiamo ritrovare o l’elezione neorinascimentale delle due cappelle, o la semplicità neogotica che consegue ad una spiritualità francescana: due vie stilistiche per dar forma a pensieri ogni volta particolari, e derivati dall’ascolto di comunità ben definite.
Tra le opere legate alla tradizione rinascimentale ricordiamo i significati particolari delle lapidi della Compagnia degli Azzurri, in Sant’Omobono(6) e dei caduti della Fornace San Lorenzo. La prima colpisce per la semplicità molto aristocratica degli ovoli candidi che alludono alla purezza dei martiri, regale per la splendente filettatura in oro; la seconda – per i caduti della Fornace – colpisce invece, per ricchezza formale. I nomi dei soldati caduti sono posti dentro cerchi azzurri, che sono ad un tempo scudi, e segni di immortalità, non avendo né inizio né fine; intorno sono raffigurati dei frutti e, agli angoli, delle graticole che ricordano il loro destino di fuoco, sottolineato dal simbolo Tra le opere legate alla tradizione rinascimentale ricordiamo i significati particolari delle lapidi della Compagnia degli Azzurri, in Sant’Omobono e dei caduti della Fornace San Lorenzo(7). La prima colpisce per la semplicità molto aristocratica degli ovoli candidi che alludono alla purezza dei martiri, regale per la splendente filettatura in oro; la seconda – per i caduti della Fornace – colpisce invece, per ricchezza formale. I nomi dei soldati caduti sono posti dentro cerchi azzurri, che sono ad un tempo scudi, e segni di immortalità, non avendo né inizio né fine; intorno sono raffigurati dei frutti e, agli angoli, delle graticole che ricordano il loro destino di fuoco, sottolineato dal simbolo del martirio di San Lorenzo e dal fondo rosso. Il fondo ha un fitto rilievo a zig zag, che evoca la vampa della fiamma, sia del Santo, che del lavoro, che della morte; perché, come l’epigrafe ricorda, “alla pacifica fiamma di queste fornaci nell’incendio rugghiante della guerra forgiarono poi se stessi e di operai mutati in combattenti morirono al fine da eroi per i focolari domestici”.

Vediamo ora le opere dei Chini che si riferiscono alla tradizione francescana – ben viva in Mugello, specie dopo l’anniversario del Santo –, sia con forme più semplici e povere come l’affresco, o la terracotta senza invetriatura, sia con immagini di Pietà, o dell’Albero di Jesse.
Comune a tutti è l’immagine o il ricordo dell’umanità di Gesù, che trova il suo culmine nella spoglia semplicità della sua morte, come a Sant’Eustachio in Acone(8), a Casaglia(9), e a Lumena(10).
A Sant’Eustachio, Augusto Chini rappresentò nella “Pietà” il dolore collettivo per la morte del soldato, ma anche la speranza per una sua vita ulteriore: infatti Maria è come una mamma che per l’ultima volta culla e carezza dolcemente e teneramente il figlio morto prima di consegnarlo alla sepoltura, mentre un angelo sopraggiunge da dietro per incoronarlo dell’imminente rinascita.
Un angelo era il protagonista ulteriore anche del monumento in terracotta che il frate minore Edoardo Rossi pose su un basamento di pietra a Casaglia, oggi perduto. Mentre a Lumena torna l’immagine del Cristo, ma risorgente. In questo monumento affisso sulla facciata esterna della chiesa, i nomi dei soldati caduti sono incisi sulla pietra serena, che costituisce una sponda del sepolcro che ha trattenuto il corpo del Cristo stigmatizzato e morto, il quale, però, ora emerge trionfante.

Agusto Chini, Monumento ai caduti di Sant’Eustachio in Acone, 1924
Monumento ai caduti di Lumena 1925

Nel monumento di Vaglia(11) , Tito Chini sembra ricordare l’Albero della Croce di Santa Croce a Firenze. Infatti si tratta di una lapide posta sotto il loggiato della chiesa di San Pietro, con la raffigurazione dell’Albero di Jesse, sui tralci del quale sono scritti i nomi dei caduti. Tito Chini, attraverso uno stile molto personale, qui combina esperienze artistiche diverse: motivi rinascimentali, nel festone di foglie di quercia, nella cornice di ovoli, che racchiude la lapide e, nelle mensole che la sorreggono; motivi orientali, arabescati, nella decorazione dei rami di vite nella parte alta; motivi legati alla spiritualità francescana, nel soggetto iconografico.
La ricchezza di spunti formali e di pensieri presenti nelle opere dei Chini e in particolare di Tito si esprimono pienamente nella decorazione pittorica interna del Sacello-Ossario sul Monte Pasubio, eseguita per Pecori Giraldi, che ebbe carissimo questo luogo. Quest’opera riassume molti spunti considerati nel Mugello. Infatti, Tito Chini, con questa decorazione pittorica, e con le altre pittoriche e plastiche del Mugello, recupera forme del Primo Rinascimento italiano e, in particolare, toscano. Queste forme alte e colte per le memorie della guerra sono comuni anche a molte altre opere mugellane e rispondono al concetto della bellezza civilizzatrice e pacificante.

Tito Chini, Lapide ai caduti di Vaglia, 1920

  Il terzo tipo di memorie dedicate ai caduti è in rapporto più intimo con la natura, trovando nei “Parchi della rimembranza” l’espressione più alta; e in questi parchi pensati come luoghi di raccoglimento e di preghiera solitaria, a volte trovano posto semplici monumenti. Essi sono un monumento vivente, individuale e collettivo, poiché ogni albero commemora ciascun caduto. Gli alberi erano sistemati in fila al posto delle tombe e il caduto veniva immerso nel ritmo vitale della natura, e diventava parte integrante del mutare delle stagioni: l’inverno ne prefigurava la morte, e la primavera la risurrezione. Gli alberi uguali, come le tombe nei cimiteri, stavano a significare l’uniformità dei caduti, quasi a simboleggiare il cameratismo del tempo di guerra.
L’idea di eseguire Parchi della rimembranza fu annunciata a Fiesole il 26 novembre 1922 dal fiorentino Dario Lupi, sottosegretario della Pubblica Istruzione, durante l’annuale Festa degli alberi(12). Dario Lupi volle, con questa iniziativa, perpetuare la memoria dei caduti attraverso un monumento vivente, che fosse allo stesso tempo individuale e collettivo: ovvero piantare un albero commemorativo in onore di ciascun caduto.
L’idea di Lupi si nutriva di esperienze precedenti, una delle quali è dichiarata esplicitamente nel discorso fiesolano: ovvero quella “Strada della Rimembranza” che fu inaugurata in Canada, una strada di Montreal fiancheggiata da giovani alberi. Ma si possono individuare anche altre esperienze: come gli Heldenhaine(13) tedeschi, e i Jardins funèbres in Francia; ambedue ebbero a loro volta come precedente il cimitero progettato da Hans Grassel nel 1907 a Monaco, a sua volta strettamente influenzato dal cimitero-parco americano(14), il quale è l’origine prima di tutti i Parchi della rimembranza.
Nei “boschi degli eroi” tedeschi, gli alberi erano solitamente disposti in semicerchio intorno ad una “quercia della pace” centrale, o ad un monumento molto semplice, costituito soltanto da un masso o da una pietra, detta la “Pietra della Rimembranza” che per lo più prendeva la forma di altare cristiano. In Germania, la piazza della rimembranza poteva prevedere una croce, anche se tutto intorno prevalevano i simboli germanici e naturali.
Proprio per la presenza di questi elementi pagani, i Parchi della rimembranza furono da alcuni interpretati come espressione di sacralità esclusivamente laica. Questo sincretismo di cristianesimo e paganesimo trova espressione nel cippo commemorativo del Parco della rimembranza di Panicaglia in Mugello, che mostra una natura consolatrice con i suoi alberi che protendono i rami quasi fossero braccia tese verso il viandante che passa, ma affida i caduti alla volontà di Dio, ovvero alla grande croce in pietra, sopra la quale trionfa la parola PAX e, più in basso, la parola GLORIA.

Cippo commemorativo a Panicaglia, 1923

L’erezione dei Parchi o Viali della rimembranza era affidata ai comitati esecutivi: la loro composizione era molto articolata, giacché comprendeva le associazioni dei combattenti e delle famiglie dei caduti, i comitati degli orfani di guerra, gli esponenti dell’amministrazione comunale e quelli dei partiti politici e dei Fasci locali. Questi comitati dovevano provvedere soprattutto alla raccolta dei fondi per finanziare queste opere, nonché all’individuazione dei luoghi più adatti per la piantagione. I Viali della rimembranza dovevano essere sistemati nella stessa maniera in tutte le località d’Italia: le piantine dovevano essere collocate nel mezzo a tre regoli di legno dai tre colori della bandiera nazionale – dell’altezza compresa tra un metro e un metro e mezzo, e della larghezza di otto centimetri con lo spessore di due -, formanti un tronco di piramide. Il regolo più lungo, colorato di bianco, doveva essere adornato da una targhetta in ferro smaltato con la dicitura: IN MEMORIA DEL (grado, nome cognome) CADUTO NELLA GRANDE GUERRA IL (data) A (nome della battaglia).
Il Ministero della Pubblica Istruzione invitò tutte le scuole a collaborare con le amministrazioni locali affinché venissero eretti, in ogni città e paese, luoghi a perenne ricordo dei caduti. Il coinvolgimento dei Provveditorati agli Studi si rivelò efficacissimo tanto che, dopo neppure un anno dalla proposta di Lupi, si registrarono 5.735 comitati costituiti e 1.048 parchi inaugurati(15).
In molte frazioni del Mugello, dell’Alto Mugello e della Val di Sieve, vennero istituiti Parchi della rimembranza; uno tra i più incantevoli è il Parco di Pulicciano che è rimasto quasi intatto, e dove possiamo ancora oggi trovare i piccoli cippi con i nomi dei caduti all’ombra degli alberi.
E nella solitudine ci prende la stessa commozione che a San Cresci: quella di avvertire tra alberi e pietre un contrasto tra vita dinamica delle piante che crescono, e la vita statica dei minerali che sono finiti come i morti, ma anche una profonda armonia nella quale i morti sono presi nel ritmo senza termine della natura vivente. Perché l’albero, dalla profondità della terra dove affondano le sue radici, cresce nel mondo del tempo e, grazie ai suoi rami, arriva a toccare il cielo, la dimensione celeste, l’eternità.

Parco della rimembranza di Pulicciano, 1930

Ma accanto a queste memorie dei caduti della Grande Guerra, non possiamo non menzionare la lapide di Gabbiano, la quale ricorda ventidue giovani che, per essere tornati incolumi dalla guerra, decisero di dedicare a Maria il resto della loro vita. Questa epigrafe è una sorta di ex-voto, e ci riporta alla mente le raccomandazioni con cui Pecori Giraldi invitava i suoi soldati a tenere come guida spirituale nel tempo di guerra e nel tempo di pace, le tre virtù teologali, la fede, la speranza e la carità, che lui sempre aveva cercato di infondere loro. Il buon cristiano le porterà sempre nel proprio cuore e solo chi, anche nei momenti di maggior sconforto, non si sarà abbandonato alla sfiducia, alla disperazione e all’egoismo, sarà ricompensato. Così è stato per i ventidue giovani di Gabbiano che, al ringraziamento per l’incolumità e il ritorno a casa, uniscono una promessa solenne alla Vergine Maria, offrendole il più prezioso dei beni dell’uomo: la vita.

 

Elisa Marianini
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 2 febbraio 2019


    1. Per informazioni riguardo alla costituzione della Società Mugellana di Studi Storici vedi:F. NICCOLAI, Fondazione della Società Mugellana di Studi Storici, in “Il Messaggero del Mugello” 1 marzo 1925 n° 9; La Società Mugellana di Studi Storici, in “Il Messaggero del Mugello”, 22 marzo 1925 n° 12.
    2. Per informazioni riguardo alla costituzione della Società Mugellana di Studi Storici vedi:F. NICCOLAI, Fondazione della Società Mugellana di Studi Storici, in “Il Messaggero del Mugello” 1 marzo 1925 n° 9; La Società Mugellana di Studi Storici, in “Il Messaggero del Mugello”, 22 marzo 1925 n° 12.
    3.   Vedi: E. MARIANINI, La memoria dei caduti della Grande guerra in Mugello Una ferita salvata dalla bellezza, 2015, scheda n° 23 del catalogo p. 109.
    4. Vedi: E. MARIANINI, La memoria dei caduti della Grande guerra in Mugello Una ferita salvata dalla bellezza, 2015, scheda n° 40 del catalogo pp. 122-124.
    5. Vedi: E. MARIANINI, La memoria dei caduti della Grande guerra in Mugello Una ferita salvata dalla bellezza, 2015, scheda n° 71 del catalogo pp. 145-146.
    6. Vedi: E. MARIANINI, La memoria dei caduti della Grande guerra in Mugello Una ferita salvata dalla bellezza, 2015, scheda n° 8 del catalogo p. 96.
    7. Vedi: E. MARIANINI, La memoria dei caduti della Grande guerra in Mugello Una ferita salvata dalla bellezza, 2015, scheda n° 13 del catalogo p. 99.
    8. Vedi: E. MARIANINI, La memoria dei caduti della Grande guerra in Mugello Una ferita salvata dalla bellezza, 2015, scheda n° 91 del catalogo p. 162.
    9. Vedi: E. MARIANINI, La memoria dei caduti della Grande guerra in Mugello Una ferita salvata dalla bellezza, 2015, scheda n° 16 del catalogo pp. 103-104.
    10. Vedi: E. MARIANINI, La memoria dei caduti della Grande guerra in Mugello Una ferita salvata dalla bellezza, 2015, scheda n° 107 del catalogo p. 178.
    11. Vedi: E. MARIANINI, La memoria dei caduti della Grande guerra in Mugello Una ferita salvata dalla bellezza, 2015, scheda n° 109 del catalogo p. 179.
    12. La festa degli alberi fu istituita con R. D. 2 febbraio 1902 e venne successivamente raccomandata da numerose circolari. Lo scopo era quello di richiamare gli italiani all’amore per l’agricoltura. Crescere i giovani al culto delle bellezze naturali era una delle principali e più benefiche funzioni della scuola e della famiglia. Per dettagliate informazioni vedi il discorso tenuto a Borgo San Lorenzo da Virginio Salvini su La Festa degli alberi, in “Il Messaggero del Mugello”, 5 giugno 1921 n° 22.
    13. In Germania, a partire dal 1914 si onorarono i caduti attraverso la forma del “Bosco Sacro”.
    14. Il movimento dei cimiteri-parchi (1830-50) negli Stati Uniti esercitò grande influenza nell’architettura cimiteriale europea. Questi cimiteri rifiutavano gli aspetti artificiali ed erano situati in mezzo ai boschi, dove l’uomo non era intervenuto a modificare il paesaggio.
    15. D. LUPI, Parchi e viali della rimembranza, Firenze, 1923, pp. 215-216.
Share.
Leave A Reply

Exit mobile version