Caprioli in Appennino
MUGELLO – Da quando avevo iniziato a frequentare i boschi in Appennino avevo notato dei piccoli tratti (sono in genere di forma ellittica e di dimensioni intorno al mezzo metro) in cui le foglie secche che coprivano il suolo erano state rimosse. Abituato com’ero a pensare ad animali piccoli come i topi, non mi sapevo spiegare la cosa. Poi, vista la costanza con cui ritrovavo quelle tracce, mi incuriosii e chiesi un po’ in giro. Così appresi che quelle erano raspate di capriolo. A questo punto mi prese il desiderio di vederne qualcuno e iniziai a frequentare la zona a monte di Villore, munito di binocolo e macchina fotografica.
Era l’inizio della primavera, e l’aria in montagna era ancora fresca, quando, su un lontano prato in pendio, mi parve di vedere una specie di ceppaia secca dallo strano aspetto. Stetti fermo a guardare col binocolo: era un capriolo, col pelo grigiastro, con la testa a terra e il corpo in alto, che probabilmente mangiava qualcosa in una specie di buca. Provai una fortissima emozione. Da allora, quasi ogni volta che facevo un giro in montagna mi capitava di vedere qualche capriolo fuggire, col pelo bianchissimo del posteriore che sembrava un faro abbagliante che saltava su e giù.
Mi sembrava di partecipare ad un safari. Naturalmente volli saperne di più e appena seppi che le associazioni dei cacciatori avevano organizzato dei corsi in collaborazione con l’Università per studiare il capriolo in tutti i suoi aspetti allo scopo di promuovere la cosiddetta “caccia di selezione”, mi iscrissi, pur non essendo cacciatore e senza alcuna voglia di diventarlo (anche perché, con la mia vista, sarei stato un pericolo permanente se avessi avuto un fucile in mano). Il corso fu molto interessante, soprattutto per la parte pratica, che prevedeva censimenti degli animali per valutarne la densità e lo stato di salute, il rapporto tra i sessi e la presenza o meno di piccoli.
Così, oltre alle raspate, imparai a distinguere altri segnali di presenza del capriolo, come i piccoli tronchi su cui i maschi si pulivano i palchi dopo che il velluto si era seccato (si chiama velluto il tessuto coperto di pelle che ogni primavera ricostruisce i palchi – le corna, per capirci – caduti nel novembre precedente).
I caprioli appartengono al gruppo dei cervi; i maschi di tutti questi animali costruiscono e perdono ogni anno i palchi che ornano la testa, qualunque siano le dimensioni: se i caprioli hanno palchi piccoli, provate a pensare quale sia lo sforzo biologico di un cervo che in qualche mese deve rifarsi un paio di palchi che arrivano a pesare una ventina di chili!
Un altro segno di presenza del capriolo è l’abbaio, lo sgraziato e violento verso che il maschio fa per rimarcare la proprietà del territorio. La prima volta che l’ho sentito da vicino (fui colto alla sprovvista perché non avevo visto l’animale, che era nascosto dietro un cespuglio) ho avuto una paura terribile, pensando ad un cagnaccio che stava per venir fuori ed assalirmi.
Ma col capriolo ho avuto anche incontri diretti molto più dolci e gratificanti. Nella nostra marroneta, a Castagno d’Andrea, avevo fatto potare le piante; tolta la legna grossa, a terra erano rimasti mucchi di ramaglie da “sbroccare”, per cui mi misi al lavoro col pennato, come mi aveva insegnato mio suocero. Eravamo in primavera inoltrata, a fine maggio. Dopo due ore di lavoro mi erano rimaste da ripulire un paio di frasche. Alzatane una, rimasi di stucco: sotto c’era un capriolino, perfettamente immobile, totalmente indifferente alla mia presenza e al movimento rumoroso che avevo fatto fino a quel momento. Superato lo stupore, ricordai che le femmine di capriolo, dopo il parto, nascondono il piccolo, che non è in grado di seguirle, dopo averlo leccato a lungo per togliergli qualunque odore. Tornano poi ad allattarlo ogni tanto e rimangono nei pressi a sorvegliarlo. Questo comportamento della madre è necessario per impedire ai predatori di scoprire il piccolo, ma è necessario che anche il piccolo collabori con la sua immobilità. Infatti volpi, lupi e cinghiali (per ricordare solo i predatori più importanti) non vedono i colori, per cui, senza odore e in totale immobilità, il capriolino e le chiazze bianche del suo mantello hanno l’aspetto di una qualsiasi piccola roccia macchiata con qualche lichene: in pratica diventa invisibile.
Non all’uomo, però. Noi apparteniamo al gruppo dei primati, come già aveva insegnato Linneo, ed i primati si cibano in prevalenza di frutta: noi abbiamo una visione a colori perché i nostri progenitori avevano necessità di distinguere il grado di maturazione della frutta, oltre lo stato delle foglie degli alberi di cui anche si nutrivano. Per nascondersi da noi alle nostre prede non basta l’immobilità, anche se evidentemente le aiuta.
Comunque, il piccolo capriolo era lì, immobile. Una visione inaspettata e dolcissima. Mi guardai bene dall’accarezzarlo, perché l’avrei condannato a morte: le mie mani gli avrebbero lasciato il mio odore e la madre, percependolo, avrebbe abbandonato il figlio e non ci sono asili in natura.
Purtroppo molti traggono dall’immobilità conclusioni errate. Due persone, a Dicomano, presero il capriolino trovato e lo portarono al sindaco, perché, secondo loro, era cieco e malato, dato che non si era mosso. Non potendo essere reinserito in natura, fu affidato a un veterinario che riuscì ad allevarlo. Come nella fiaba di Biancaneve, quando divenne adulta (era una femmina) trovò per fortuna un principe azzurro nel bosco vicino che la portò nel suo castello. Il suo reinserimento in natura avvenne spontaneamente, cosa molto rara per un esemplare adulto. Ma questo è un caso particolarmente fortunato, che non può cambiare la regola: se troviamo piccoli di capriolo non dobbiamo assolutamente toccarli ma lasciarli dove sono, allontanandosi con una certa sollecitudine per far sì che torni la madre a tranquillizzarlo ed eventualmente a spostarlo. Io feci così e me ne andai. Quando tornai, il giorno dopo, il capriolino non c’era più: sicuramente la madre gli aveva trovato un altro nascondiglio.
Paolo Bassani
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 7 Giugno 2021