
MUGELLO – Sono trascorsi ormai tre anni dalla presentazione del libro di Paolo Casadio – talentuoso scrittore ravennate, classe ’55 – “Il bambino del Treno”, nell’ambito di un evento a Casa d’Erci, dedicato alla ex stazione appenninica sulla Faentina denominata “Fornello”. Acquistai allora il testo di Casadio, per leggerlo soltanto adesso, rimanendone veramente impressionata. Ultimatolo proprio in questi giorni, sento ancora le voci dei personaggi della famiglia Tini che, insieme ad altri “minori”, animano questa storia – immaginaria ma possibile – ambientata negli anni dal ’35 al ’45, in un contesto del tutto reale. Il teatro dei fatti è proprio Fornello, al centro dell’aspra valle del Muccione, nel Comune di Vicchio, con poche case sparse abitate da povere famiglie di contadini. Il periodo è di per sé eloquente, quando il fascismo tenta di consolidare la propria ascesa attraverso conquiste coloniali, provvedimenti razziali, e lanciando il Paese in una guerra mondiale già persa in partenza. Erano anni nei quali scarseggiavano lavoro e alimenti, e si viveva di agricoltura ed espedienti.
Giovannino, il capofamiglia dei Tini, accetta non senza perplessità di iscriversi al fascio, ottenendo il ruolo di capostazione a Fornello, dove giunge dalla Romagna con la moglie Lucia e il cagnolino Pipìto. Dopo un periodo di smarrimento dovuto all’isolamento del luogo, la nascita del figlio Romeo arriva come un raggio di sole e, anche grazie alla solidarietà del “vicinato”, Fornello diventa per i Tini un vero e proprio nido. Senza addentrarci in ulteriori particolari, è da sottolineare come nel libro la vita dei protagonisti, e della valle che l’accoglie, vada di pari passo con le vicissitudini che segnano la nazione. Si tratta di una ricerca di microstoria locale, in una terra popolata da una piccola ma coesa comunità. Un lavoro dove niente viene lasciato al caso, con il quale l’abilità discorsiva dell’autore indaga su fatti documentati e sulle caratteristiche più intime dei protagonisti. E, a questo proposito, è emblematica la maturazione del pensiero del capostazione rispetto al fascismo e ai suoi misfatti. Perché quello che caratterizza la gente del Muccione – la nostra gente – è l’umanità, che ognuno porta come un abito cucito addosso. Di questi aspetti ce ne sono a piene mani nel romanzo, e tanti della mia generazione li ricorderanno nei racconti dei nonni e delle nonne, dei genitori, di chi ha vissuto un’epoca difficile ma praticando fiducia e rispetto.
Tutti valori respirati fin dalla nascita da Romeo, il piccolo della famiglia Tini, che – nella tragedia delle deportazioni razziali – sarà capace di compiere un gesto eroico con spontaneità e candore. Una curiosità – già ampiamente indagata – è che proprio a Fornello, nel ’49, un bambino ci è nato e vissuto veramente (leggi articolo qui), anche se lo scrittore ne ha fatta la conoscenza successivamente alla stesura del libro.

Il volume, nel suo alto valore storico-sociale, e in uno stile di scrittura elegante e capace di emozionare, riesce a non scadere mai nel patetico, sebbene fatti e circostanze, come ha ben detto Paolo Marini (leggi la sua recensione qui), potrebbero facilmente indurvi.
Uno degli scopi della pubblicazione avrebbe potuto essere – e in un primo tempo sembrava fosse proprio così – quello di incentivare l’auspicato recupero di questa singolare stazione ferroviaria, simbolo di una civiltà perduta. Da diverso tempo non si hanno però notizie al riguardo, ma sarei felice di sbagliarmi, anche se l’autore, che proprio ieri sera ho ringraziato per la sua opera così significativa per la nostra zona, mi ha scritto queste parole: “… Sono stato recentemente a Fornello, e ho davvero sofferto nel vedere il suo lento e inesorabile degrado: pare che la memoria, sia della stazione, sia della comunità, non importi a nessuno. Che vergogna”. È vero, caro Paolo, con il tuo scritto hai reso onore a questo luogo, ed è sconcertante il disinteresse nei suoi confronti. Certamente ci sono questioni molto più importanti in ballo proprio da quelle parti, ma la speranza è l’ultima a morire. Non può essere che, dopo tanta attenzione, avvalorata da un testo di tale livello, non si possa perseguire un progetto con il quale Fornello torni a vivere e rappresentare tante altre stazioni dismesse, centri nevralgici di una mobilità che il progresso ha cancellato, ma nei quali si sono susseguiti fatti ed esistenze che non possono finire nell’oblio.
Il libro attualmente è esaurito. In attesa della ristampa può essere richiesto direttamente all’autore, che è in possesso di alcune copie e provvederà alla spedizione, tramite l’indirizzo mail: [email protected]

Elisabetta Boni
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 23 agosto 2025