Il Ponte di Cimabue
VICCHIO- Il ponte della Ragnaia è ormai legato al nome di Cimabue e all’evocazione dell’incontro che il pastorello Giotto ebbe con il suo futuro maestro.
Ecco la narrazione fatta a metà Quattrocento da Lorenzo Ghiberti nei suoi Commentarii:
“Nacque uno fanciullo di mirabile ingegno, il quale si ritraeva del naturale una pecora. In su passando Cimabue pictore per la strada a Bologna vide il fanciullo sedente in terra et disegnava in su una lastra una pecora. Prese grandissima ammiratione del fanciullo, essendo di sì piccola età, fare tanto bene, veggendo aver l’arte da natura, domandò il fanciullo, come egli aveva nome. Rispose e disse: per nome io son chiamato Giotto, e il mio padre ha nome Bondoni et sta in questa casa, che è appresso, disse a Cimabue, andò con Giotto al padre, aveva bellissima presenza, chiese al padre il fanciullo. E il padre era poverissimo. Concedettegli il fanciullo a Cimabue, menò seco Giotto e fu discepolo di Cimabue”.
La forza del mito e lo stretto legame (questo sì incontestabile) di Giotto con la sua terra hanno acceso la fantasia popolare suggerendo che il luogo del fatale incontro fosse nei pressi del torrente Ensa, dove il sentiero che scendeva dal castello di Vespignano si innestava alla strada maestra del fondovalle. Con le rettifiche eseguite nei primi decenni dell’Ottocento la direttrice viaria fu rialzata a ridosso delle Balze al fine di evitare i dislivelli e le disastrose esondazioni della Sieve. Sull’antico tracciato si era però provveduto, già in epoca lorenese, a costruire un elegante ponte in muratura con due eleganti arcate per sostituire quello di legno che veniva periodicamente danneggiato o spazzato via dalle piene. L’imponente manufatto si svela così oggi, nell’incanto della natura, in quest’angolo appartato del Mugello.
Adriano Gasparrini
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