
La prima parte della tesi, legata all’analisi del contesto storico, mi ha permesso di approfondire la storia delle mie radici: come si viveva durante l’occupazione tedesca, quanto fu dura e sanguinosa la Battaglia e quali furono le reali intenzioni dietro all’evacuazione che precedette il bombardamento del centro abitato firenzuolino.
Dopodiché ho indagato la costruzione della memoria di questo evento nel territorio, soffermandomi in particolar modo sui luoghi commemorativi, ma non solo.
Dal mio studio è emerso un sostanziale “vuoto” fra il dopoguerra e gli anni Duemila: in questo lasso di tempo, infatti, non si registrano iniziative commemorative significative, non si trova l’argomento nei media né locali né nazionali e gli unici luoghi della memoria costruiti prima dell’anno 2000 furono quelli voluti dalle potenze straniere che qui avevano perduto i propri soldati: il Cimitero Militare degli Inglesi di Coniale e quello Militare Germanico del Passo della Futa nel Comune di Firenzuola, e poi i due Monumenti ai Caduti Americani nel Comune di Scarperia (in località Omomorto e Sasso alla Malaguardia). La memoria di quanto accaduto fu quindi trasmessa principalmente per via orale, favorendo così anche la diffusione di falsi miti e percezioni distorte della realtà dei fatti.
Solo dagli anni Duemila in poi si è registrato un vivo interesse per l’argomento anche in Italia e nel Mugello, manifestatosi qui tramite nuovi luoghi della memoria (come lo Spazio Culturale “La Guerra e la Memoria” a Firenzuola e il MuGot a Scarperia), la valorizzazione di luoghi preesistenti ma già dimenticati (il Cimitero della Futa, tornato a essere centro di interesse grazie al gruppo teatrale Archivio Zeta, che dal 2003 ha iniziato a mettervi in scena delle tragedie), il recupero dei chronica (diari che ogni sacerdote era obbligato a scrivere e che testimoniano eventi della microstoria) e il totale rinnovamento di altri spazi ancora (come il Museo Storico Etnografico di Bruscoli, fondato nel 1994 ma completamente rimesso a nuovo nel 2009).
Non solo: negli anni Duemila sono nati anche molti progetti culturali (ad esempio “Memoria per la Pace”, ad opera dell’Associazione Cittadini per la Difesa del Santerno), i quali hanno dato impulso a nuove ricerche storiche, solide e fondate.
Tutti questi contributi preziosissimi hanno permesso di far conoscere alle nuove generazioni parte della propria storia e delle proprie radici, ma, soprattutto, hanno reso possibile far chiarezza su quelle testimonianze incongruenti fra loro e smentire certe credenze portate avanti per decenni.
Ad esempio, dalle testimonianze si riscontra una significativa differenza tra quelle raccolte nella zona sud-occidentale e il resto del Comune di Firenzuola.
Infatti, la parte sud-occidentale era più vicina al fronte e quindi qui erano presenti i tedeschi, mentre erano assenti i partigiani; invece, nelle altre zone di montagna si nascondevano i partigiani e qui i nazifascisti, per cercare di stroncare ogni rapporto fra popolazione locale e “ribelli”, compirono le peggiori violenze nei confronti degli abitanti, e con l’avvicinarsi del fronte alleato queste violenze si intensificarono, poiché tutti gli italiani erano considerati partigiani.
Nell’altra area invece, non c’era bisogno di tutta questa violenza e, anzi, addirittura alcuni tedeschi aiutavano i contadini nei lavori nei campi; dunque, alcuni firenzuolini si convinsero che i tedeschi fossero dei “bravi ragazzi”. Non si mette in dubbio che qualcuno di loro fosse un po’ più umano, ma la stragrande maggioranza dei tedeschi agiva secondo quello che gli era più comodo (e conquistare la fiducia dei locali faceva loro molto comodo).
Pertanto, la tendenza riscontrata nelle testimonianze è quella di non citare le violenze che in realtà si verificavano all’interno del Comune: magari si può pensare che alcune persone lo abbiano fatto per non ricordare il dolore vissuto, ma sicuramente il principale motivo per cui non vennero citate determinate cose è dovuto alla grande ampiezza del Comune di Firenzuola e all’impossibilità di mettersi in contatto con persone più lontane, favorendo così una narrazione spesso edulcorata della realtà dei fatti.
L’altro mito che queste ricerche hanno permesso di smentire è quello secondo cui i tedeschi avrebbero fatto evacuare tutti i cittadini di Firenzuola prima del bombardamento perché desiderosi di volerli salvare da morte certa. Falso: i tedeschi non ebbero mai interesse per la salute dei firenzuolini. Essi erano soliti far evacuare i paesi che occupavano, non solo a Firenzuola, per evitare che i locali italiani avessero contatti con gli Alleati. Nel caso di Firenzuola (e del Mugello), i cittadini sarebbero dovuti evacuare a Medicina (provincia di Bologna), dove si stava progettando di costruire una seconda linea difensiva.
In realtà nessuno evacuò davvero verso Medicina, questo perché era molto facile nascondersi nella macchia, per cui nessuno abbandonò il Comune e solo il centro abitato di Firenzuola (bombardato poi il 12 settembre 1944) rimase deserto. Tuttavia, dato che i firenzuolini non sapevano la reale motivazione di questa evacuazione, per tantissimi decenni credettero che essa fosse stata attuata per salvarli dal bombardamento.
Tornando alla tesi, ciò che preme sottolineare è che in nessuno dei percorsi della memoria da me analizzati si esalta la guerra, ma anzi la si mostra per quella che è, spingendo il visitatore, specialmente il più giovane, a riflettere e promuovere la pace, senza cercare di suscitare nello spettatore una fascinazione per la realtà bellica.
Questo è importante perché per viaggiare nella storia occorrono delle coordinate entro cui muoversi, poiché il rapporto con la storia è un rapporto mediato da elementi (come i luoghi della memoria) ed essi influenzano la percezione delle cose. Allora vediamo come la comunicazione, unitamente all’istruzione, sia un elemento centrale per la diffusione della memoria stessa, di una memoria che sia il più trasparente possibile, specialmente in quei luoghi in cui ne convivono più di una (pensiamo al Cimitero della Futa che conserva le salme del nemico rispetto ai firenzuolini).
L’auspicio è che associazioni culturali e progetti prolifichino sempre di più e che i luoghi della memoria meno conosciuti vengano ulteriormente valorizzati, affinché si possano formare, con l’aiuto dell’educazione scolastica, generazioni di ragazzi veramente consapevoli di quanto accaduto e che scelgano la via della pace.
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 26 ottobre 2025
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