La Pieve di Sant’Agata
MUGELLO – Pur nella sua collocazione discreta e un po’ appartata, non lontano dall’area appenninica a nord-ovest di Scarperia, Sant’Agata si mostra come uno dei borghi medievali meglio conservati del Mugello. Stretti vicoli, portali arcuati, simboli di pietra, tabernacoli, scorci su antichi palazzi, ci raccontano di un luogo ancora integro nella sua dimensione originale.
Chi vi giunga dalla strada di Galliano, non può che arrestarsi sul terrazzo naturale che precede l’avvallamento del Cornocchio per godere di uno scenario naturale unico che rievoca paesaggi di altri tempi. Da qui il borgo appare incantevole, un acquerello dalle tonalità ocra con la chiostra degli Appennini che ne esaltano lo sfondo e le case basse, ordinate e raccolte in un abbraccio garbato attorno al luogo di culto dal quale hanno preso il nome.
La pieve di sant’Agata, oggi riferimento spirituale del paese, ebbe in passato un ruolo socio economico notevole in quanto eretta su uno dei percorsi medievali più importanti che consentivano il collegamento fra l’area fiorentina e quella romagnola. Da Sant’Agata transitava infatti, la via che attraverso il valico dell’Osteria Bruciata, superava l’Appennino per inoltrarsi nella zona emiliana, facendo tappa presso la pieve di San Giovanni Decollato a Cornacchiaia nel comune di Firenzuola. Molte le similitudini architettoniche e decorative fra i due edifici di culto che ne confermano gli originali scopi di riferimento su quell’antica viabilità.
Per la sua posizione preminente sull’abitato, la pieve di Sant’Agata è raggiungibile da ogni angolo del paese, anche se l’accesso più suggestivo resta quello da Via della Pieve, la stradella medievale che scavalcato il Fosso di Romiccioli con un fascinoso ponticello romanico a schiena d’asino, mena in breve sul sagrato della chiesa.
Giunti al cospetto dell’edificio, non si può che rimanere sorpresi dalla sua mole, con i dodici metri di altezza e il ruvido paramento di alberese non sempre regolare. La facciata è a capanna con piccola monofora nella parte superiore. Elegantissimo il portale d’ingresso con possenti stipiti scanalati di pietra serena sui quali poggia un architrave dello stesso materiale finemente decorato da un prezioso motivo ad intreccio.
La lunetta sovrastante è in bozze di serpentino, con intarsio di alberese che disegna una croce greca. Sopra l’ingresso, la sistemazione non troppo accurata dei conci, denuncia la presenza in passato di un rosone, oggi tamponato. Nella parte inferiore, tre fasce di serpentino (una a sinistra e due a destra del portale) interrompono la pallida cromia dell’alberese esaltando l’estetica e la sobria linearità della facciata.
Il campanile a pianta quadrangolare si appoggia alla parete sinistra, in prossimità dell’angolo posteriore. Costruito in bozze di alberese, ha subito nei secoli vari interventi di restauro conseguenti i frequenti episodi sismici che lo danneggiarono. La parete settentrionale della chiesa conserva tracce dell’antico porticato demolito alla fine dell’Ottocento.
Sulla stessa parete è sistemata la formella trapezoidale o a losanga della “scacchiera”, delimitata da una semplice cornice di arenaria e composta con tasselli di serpentino e alberese, lo stesso motivo ornamentale che si ripete, in forma triangolare, anche nella pieve di Cornacchiaia.
Sulla parete adiacente il chiostro, in prossimità del presbiterio, si apre un bel portale sormontato da una lunetta con cornice di serpentino, recante i simboli scolpiti di un’ascia e di una zappa; una croce greca e un fiore a sei punte ornano invece gli stipiti laterali.
La prima documentazione certa dell’edificio risale al 984, anche se tracce di fondamenta rinvenute nel pavimento dell’aula, denunciano la presenza di un primitivo edificio esistente già nel V secolo, poi ricostruito ed ampliato nella seconda metà del XII secolo. L’interno è solenne, emozionante per la sua maestosità, un luogo di preghiera in cui sembrano fondersi spontaneamente superbe soluzioni architettoniche ad ataviche necessità dell’uomo per la ricerca e l’incontro con il soprannaturale.
L’aula è divisa in tre navate, scandite da due ordini di colonne, con il presbiterio rialzato e la scarsella centrale affiancata da due cappelle laterali. La copertura è a due spioventi, con capriate e cavalletti che si appoggiano direttamente sulle colonne senza il sostegno di muri ed archi, amplificando così gli spazi del soffitto in un’inconsueta ariosità. Peculiarità questa, che rende l’edificio di Sant’Agata unico fra le chiese del Mugello ed estremamente raro nel palinsesto architettonico delle costruzioni sacre della Toscana.
Nella sua lunga storia la pieve ha subito numerose modifiche strutturali esterne ed interne tese ad impreziosirne l’estetica ed il proprio valore spirituale, opere spesso ricercate e volute dai rettori che la ebbero in cura, la più importante e documentata quella di Tolomeo Nozzolini pievano nelle prime decadi del Seicento.
Il primo esempio di quella radicale disposizione degli arredi è visibile nell’altare Reliquiario di Sant’Agata, collocato in controfacciata a destra dell’ingresso. L’altare fu realizzato utilizzando frammenti appartenuti al primitivo arredo della chiesa. Nella parte inferiore è sistemato un pannello con intarsi riproducenti le figure di piccole anfore proveniente dall’antica recinzione presbiteriale.
Pannelli di foggia e natura analoghe ornano anche l’Altar Maggiore, quello del Santo Rosario, l’altare del Battistero e la cappella sinistra della tribuna. Nella parte superiore, l’altare Reliquiario mostra una nicchia centinata recante lo stemma dei Nozzolini. Al suo interno si trovano riuniti alcuni frammenti di tavole smembrate che danno forma ad una singolare composizione pittorica in cui si possono ammirare le figure di Sant’Agata e Santa Lucia (Jacopo di Cione 1383), Santa Caterina d’Alessandria (sec. XV), San Martino, San Biagio, San Benedetto, San Giuliano, l’Angelo annunziante e la Vergine annunziata. Nella parte inferiore della nicchia, il busto con le reliquie della Santa databile al XVI secolo.
Ancora sulla destra, in prossimità dell’ingresso, è sistemata un elegante acquasantiera di marmo bianco realizzata agli inizi del XVI secolo dallo scultore Santi di Pietro. Sopra la porta principale, una piccola lunetta contiene la statua in marmo rosa di Sant’Agata (sec. XIV) proveniente dall’ospedale militare di Firenze.
Nell’angolo a sinistra dell’ingresso è collocato il Fonte Battesimale con vasca di pietra ottagonale realizzato nel 1513 al tempo del pievano Leonardo Dati. Pregevole la balaustra che delimita l’area del Fonte ricomposta dal pievano Nozzolini nel 1608 utilizzando parti dell’antico pulpito.
I due lati della recinzione presentano sette pannelli di pietra calcarea finemente scolpiti ed impreziositi da intarsi di serpentino. Dall’antico pulpito proviene anche il Telamone posto a destra del complesso in cui è riconoscibile la figura di San Matteo evangelista.
Dietro il Fonte è l’altare di pietra eretto nel 1611 con il dipinto dell’Angelo custode che assiste ad un Battesimo, opera di Simone Sacchettini nella quale sembra plausibile identificare anche il pievano Nozzolini nella figura del sacerdote. Allo stesso momento storico appartiene anche il primo altare sulla parete destra intitolato al Santo Rosario.
Vi si conserva un altra opera di Simone Sacchettini eseguita nel 1613 e raffigurante una Madonna del Rosario col Bambino e Santi. Attorno alla Vergine le figure di Sant’Agata, San Domenico, San Pietro ed un altro Santo proposte secondo l’iconografia classica che vuole i personaggi raccolti nella cornice con i quindici misteri del Santo Rosario.
Ancora sulla parete destra è l’altare di San Carlo Borromeo con il Santo raffigurato davanti ad un altare spoglio in adorazione del crocifisso.
Nel presbiterio le colonne che delimitano l’abside recano due eleganti tabernacoli di pietra fiesolana con le figure dell’Angelo annunziante e della Vergine annunziata opere di scuola fiorentina attribuibili alla bottega di Cristofano Allori.
Nella scarsella, dietro l’Altar Maggiore, è uno splendido Crocifisso ligneo di scuola fiorentina del XVII secolo.
Sulla destra del presbiterio si apre la cappella della Madonna delle Grazie costruita dalla Compagnia di Piazza nel XV secolo. Le pareti laterali mostrano un’Adorazione dei Magi e Le Nozze di Cana, affrescate da Luigi Ademollo all’inizio dell’Ottocento. Sopra l’altare, raccolta in un candido tripudio di angeli e cherubini, trova giusta collocazione una Madonna col Bambino dipinta da Jacopo di Cione nel 1383.
La tavola che in origine si trovava sull’Altar Maggiore al centro di un polittico di cui facevano parte anche le figure di Santa Lucia e Sant’Agata ora visibili nel Reliquiario, rappresenta sicuramente una delle icone sacre più celebri del Mugello, profondamente venerata e invocata in passato in occasione di grandi calamità naturali. L’opera di grande pregio, restituisce in una bellissima luce i lineamenti delicati della Vergine e del Bambino esaltando i caratteri della divina maternità. Di complessa soluzione attributiva, è rimasta a lungo collocata nell’ambito dell’arte senese del XIV secolo anche se studi successivi, hanno permesso ai critici di assegnarne la definitiva paternità ad Jacopo di Cione, membro di una celebre famiglia di artisti attiva nella seconda metà del XIV secolo.
La cappella a sinistra del presbiterio è intitolata invece al Santo Crocifisso. Costruita nel 1477 dalla famiglia fiorentina Cambi, ospita oggi due sagome dipinte da Luigi Ademollo raffiguranti I Dolenti (XIX sec.), posizionate ai lati del Crocifisso ligneo di scuola fiorentina del XV-XVI secolo. Dello stesso autore gli affreschi sulle pareti laterali della cappella dipinti nel XIX secolo e riproducenti una Resurrezione e l’Entrata in Gerusalemme.
Scesi nuovamente nell’aula, sulla parete sinistra a ritroso verso l’ingresso, incontriamo l’altare di San Francesco con la tela dipinta dal Sacchettini nel 1616 raffigurante San Francesco che riceve le Stimmate. Sulla stessa parete in prossimità del Battistero è infine un’Ultima Cena dipinta da Virginio Zaballi nel XVII secolo.
Sul fianco sinistro della chiesa si apre l’arioso chiostro voluto dal Nozzolini nel 1611. Un ulteriore arricchimento che l’operoso pievano volle concedere all’intero complesso, munendolo di uno spazio esterno dedicato alla meditazione e alla preghiera, con pozzo centrale e un bel loggiato sorretto da pilastri quadrati esteso su due lati del cortile.
foto e schede di Massimo Certini
©️ Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 9 agosto 2020
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