La prima Banca di Dicomano
DICOMANO – Il 1° gennaio 1883 entrò in vigore il Codice di Commercio del Regno d’ Italia e nacque il Registro delle Società, cioè l’ anagrafe delle imprese collettive, corredata dagli atti costitutivi quando rintracciati. Con grande meraviglia, e un pizzico di orgoglio, vi troviamo la Banca di Sconti e Depositi di Dicomano. In effetti dopo la realizzazione della Nuova Strada Provinciale di Romagna nel 1836, con il Passo del Muraglione, i commerci a Dicomano erano aumentati vertiginosamente e di conseguenza tutte le attività collaterali. Osservando il censimento del 1841 si nota che tante persone esercitavano mestieri che testimoniano questa tendenza: agente di beni, sensale, mercante, bottegaio, garzone, mugnaio, fornaio, macellaio, oste, locandiere, barrocciaio, vetturale; non mancavano nemmeno professionisti che avevano studiato: notai, avvocati, medici, chirurghi, farmacisti, ingegneri; e tanta forza lavoro: braccianti, coloni, contadini, opranti, fabbri, muratori, scalpellini, legnaioli, segantini, falegnami, filatrici, sarti e cappellai. Dopo un’ oculata riflessione sulla convergenza di tanti interessi in questo piccolo paese grazie alla sua posizione di nodo viario strategico che metteva in comunicazione la Romagna, Firenze e il Mugello, un gruppo di uomini coraggiosi e finanziariamente ben forniti decise che era il momento propizio per impiantare una banca a Dicomano. Il 24 luglio 1880, nello studio notarile di Ser Pietro di Ferdinando Anzilotti posto in Dicomano Via del Ponte Nuovo al n° 1, si costituì una società per l’ impianto dell’ esercizio di una Banca di Sconti e Depositi. Davanti a due testimoni, Alfredo di Ulisse Cecconi e Tito di Rinaldo Galardi, convennero e sottoscrissero l’ atto: il Marchese Pietro di Leonardo Bartolini Salimbeni Vivai, nato a Pisa e domiciliato a Dicomano; suo fratello Alamanno, nato a Pisa e domiciliato a Castiglione Fiorentino; Pietro di Giuseppe Moretti, nato e domiciliato a Dicomano; Luigi di Lazzaro Nuzzi, nato a Londa e domiciliato a Dicomano; Giuseppe di Adriano Visani, nato e domiciliato a Londa; Guido di Luigi Guidi, nato e domiciliato a Vicchio. Fu deciso di versare un capitale sociale di 35.000 lire diviso in 70 azioni da 500 lire l’ una; i maggiori azionisti furono il Marchese Pietro, il Marchese Alamanno e Pietro Moretti: 20 azioni ciascuno dietro versamento di 10.000 lire ognuno. Lo statuto societario esprimeva chiaramente lo scopo dell’ istituto “ di sovvenire direttamente e indirettamente al credito del commercio ed ai bisogni dell’agricoltura nel Comune di Dicomano e nel Mugello”. Dunque il 24 luglio fu firmato l’ atto costitutivo, il 18 novembre giunse l’ autorizzazione del Re Umberto I, il 15 gennaio 1881 avvenne la trascrizione presso la Cancelleria del Tribunale di Firenze facente funzione di Tribunale di Commercio. Era finalmente giunto il momento di nominare il Consiglio di Amministrazione, formato da cinque soci, e il Direttore. Presidente del Consiglio fu eletto il Marchese Pietro Bartolini Salimbeni Vivai e Direttore fu nominato l’ avvocato Paolo Bazzi, stimato professionista dicomanese, figlio del notaio Giovan Grisostomo e di Elisabetta Rontani e fratello di Don Filippo Bazzi ex Pievano di S. Maria a Dicomano. La sede iniziale della Banca si trovava al n° 1 di Via Ponte Vecchio, ma una decina d’ anni dopo fu comprato un palazzo in Piazza Buonamici, cuore pulsante dell’ economia paesana, al n° 36.
La Direzione fu capace, equilibrata ed oculata: la Banca cresceva, acquistava credito, infondeva fiducia e velocemente il fondo di riserva raggiunse la consistenza del capitale versato. I dicomanesi fiutarono l’ affare e ben presto le azioni furono tutte nei portafogli dei residenti; la gestione era quasi familiare, tutti i dipendenti erano dicomanesi a cominciare dal ragioniere e cassiere Narciso Vestrini, l’ aiuto-ragioniere Ugo Bazzi e successivamente Giuseppe Formigli, l’aiuto-cassiere Arnolfo Gherardelli. Nel 1914 ci fu un tentativo di rapina da parte di ignoti, ma fortunatamente la signora Filippini vedova Paoli, domestica dell’ Ingegner Cav. Pietro Pettirossi, consigliere e segretario dell’ istituto, diede l’ allarme e i ladri scapparono. Alla signora fu versata una lauta ricompensa. La Banca riuscì a fronteggiare anche la situazione critica creatasi durante gli anni della Prima Guerra Mondiale grazie al suo fondo di riserva che era ormai più che doppio rispetto al capitale sociale. Nella relazione dei Sindaci revisori del 1915 si sottolinea come l’ istituto ”seppe mantenere incrollabile la pubblica fiducia” mentre l’ Italia entrava in guerra “per la redenzione delle reclamate provincie e per far argine al dilagare della marea teutonica, che attenta alla libertà dei popoli”. Gli amministratori acquistarono titoli del Prestito Nazionale facendo l’ interesse dell’ istituto ma anche dando denaro allo Stato “per proseguire con rinnovata energia la guerra liberatrice da ogni predominio di razza”. Intanto gli uomini alla guida della Banca si alternavano e si rinnovavano, ma sempre all’ interno della cerchia di famiglie dicomanesi fra le quali esistevano legami di parentela, di fiducia e di reciproco rispetto indipendentemente dalla quantità di azioni possedute. Da notare che era presente anche l’azionariato femminile e addirittura le signore potevano partecipare, votando, alle Assemblee Generali rappresentando se stesse o i maschi della famiglia che le avevano delegate. La Direzione era rimasta per oltre dieci anni nelle mani sicure dell’ avvocato Paolo Bazzi, fino alla sua morte, per poi passare in quelle del fido notaio Pietro Anzilotti e dopo di lui in quelle di suo figlio l’ avvocato Silvio Anzilotti. Alla Presidenza si susseguirono il Marchese Pietro; il Sig.Carlo Benelli; l’ avvocato Uberto Bartolini Salimbeni, figlio del Marchese stesso; il Prof. Cav. Giuseppe Bartolozzi e il Marchese Onofrio Bartolini Salimbeni Vivai.
L’ Assemblea Generale straordinaria del 24 maggio 1924 approvò lo scioglimento della Società e la liquidazione della Banca nel momento in cui il fondo di riserva aveva addirittura superato le 100.000 lire. Erano presenti: Anzilotti Silvio con 12 azioni, Bartolini Salimbeni Vittoria con 9, Bartolini Salimbeni Onofrio con 24, Bartolozzi Antonio con 5, Casini Domenico con 8, Poggesi Pietro con 1, Magherini Emilio con 1, Vestrini Narciso con 1, Viola Tommaso con 8. Il Marchese Onofrio spiegò che, dopo 44 anni di vita della Banca, erano rimasti pochi soci che vi potessero dedicare tutto l’ impegno necessario per guidare e dirigere l’ andamento finanziario e morale dell’ istituto e quindi era necessaria la liquidazione, proprio in questo periodo così florido, per non arrecare danno a nessuno ed evitare l’ intromissione di chi avrebbe potuto snaturare gli scopi della Banca. Alla conclusione dell’iter burocratico compiuto per l’ alienazione di tutti i beni mobili e immobili della Banca di Sconti e Depositi di Dicomano la Cancelleria del Tribunale di Firenze trascrisse la definitiva chiusura il 10 aprile 1929. Finì così la lunga storia di un organismo vitale ed energico, che aveva arricchito i suoi azionisti, ma aveva sempre agito sostenendo le attività lavorative del suo territorio e caldeggiando gli ideali di una Patria libera ed unita di cui si sentiva parte integrante.
Susanna Rontani
©️ Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 22 luglio 2020