Il parco mediceo di villa Demidoff a Pratolino

Colosso dell’Appennino opera del Giambologna
Tra XV e XVI secolo Firenze aveva ormai raggiunto l’apice del proprio sviluppo economico e commerciale. La città appariva ricca di monumenti ed opere di notevole valore artistico, con l’alta aristocrazia in grado di imporsi ed esercitare ogni forma di potere, essenziale per controllare e gestire tutto ciò che poteva promuovere e garantire un futuro ricco e prestigioso.
Proprio in questo periodo, il ceto più agiato della borghesia cittadina, iniziava a riconsiderare anche un altro aspetto di costume del tempo, mostrando un originale interesse per quel territorio tipicamente agricolo collocato ai margini della periferia fiorentina e nel resto del Contado; spazi dove iniziavano a fiorire splendide dimore signorili, spesso residenze di svago, collocate al centro di enormi tenute agricole. Grazie a questa nuova cultura del bello, gran parte della Toscana avrebbe assunto il nuovo aspetto di bellezza paesaggistica che ancor’ oggi le appartiene.
Nel settembre del 1568, Francesco I de Medici, figlio di Cosimo I ed Eleonora di Toledo, acquistava dalla famiglia Uguccioni, alcuni appezzamenti di terreno arido e poco fertile, collocati alle falde del Monte Senario. Una zona degradante verso la valle del Mugnone, sulle prime colline che sovrastano Firenze, un tempo Corte di Festgliano, nel piviere di Macioli.

Stemma mediceo
All’età di 23 anni, Francesco aveva ricevuto dal duca suo padre, la nomina di reggente del Granducato, una carica intrapresa dal principe in maniera del tutto personale, che non avrebbe colto i consensi politici sperati. Di carattere introverso, amante della natura a dell’arte più che della politica, Francesco sognava di ottenere dai poderi di Festigliano, un luogo simbolico, dove l’estro creativo dell’uomo e gli elementi della natura potessero unirsi in uno splendido disegno in grado di stupire il visitatore, un’alchimia in cui divino e umano, dovevano unirsi a creare un ambiente di meravigliosa unicità.
Per la realizzazione del suo ambizioso progetto, il Granduca si affidò al suo fedele architetto Bernardo Buontalenti, commissionandogli il difficile incarico di trasformare quel luogo impervio in un giardino delle meraviglie, arricchendolo con piante e uccelli esotici, solcato da un numero infinito di ruscelli che attraverso grotte e fontane avrebbero dato vita ad un ambiente paradisiaco e di straordinario effetto scenografico.
L’acqua, pressoché assente nel luogo, si rivelò come elemento essenziale per la vita del giardino, che da allora avrebbe assunto il nome di Pratolino. Ben dodici sorgenti provenienti dal Monte Senario erano convogliate nel parco attraverso speciali condotte di terracotta che davano movimento ad automi e meccanismi in grado di generare suoni, effetti di luce e melodie.
Al centro del giardino, orientata secondo l’asse nord-sud, Francesco volle edificata la propria residenza signorile, come a dividere l’ambiente in due spazi distinti. Una villa dall’architettura lineare e compatta, ricca di stanze pubbliche e private, con sale illuminate sempre dalla luce naturale. Nei sotterranei erano allestite grotte e fontane, dove l’acqua ancora una volta, creava effetti straordinari.

La paggeria
Alla morte di Francesco, iniziò per il giardino e la villa, un lungo periodo di declino e quando nel 1872 Paolo Demidoff acquistò dai Lorena l’intero complesso, la villa ormai cadente, dovette essere demolita. La nuova dimora signorile fu adattata ai locali della paggeria, un tempo alloggio dei domestici.
Anche se non è più possibile rivivere completamente le atmosfere, le luci e i suoni di quell’impianto straordinario, frutto della fantasia e dell’estro creativo di Francesco, oggi è ancora possibile ripercorrere parte di quei luoghi, visitando alcuni degli elementi che lo costituivano.

La Fontana di Giove, opera di Baccio Bandinelli
Partendo dalla parte più elevata del parco, dove in origine si apriva l’accesso principale, incontreremo presto la Fonte di Giove, una struttura sormontata dalla figura seduta del dio dell’Olimpo, opera di Baccio Bandinelli. La statua affiancata da un’aquila in atto di spiccare il volo, tiene stretto il globo sul ginocchio sinistro e nell’altra mano impugna un fulmine dal quale in origine sgorgava un getto d’acqua.

Colosso dell’Appennino, particolare
Il simbolo più rappresentativo e conosciuto del parco resta comunque il Colosso dell’Appennino, la struttura gigantesca che si incontra poco dopo scendendo verso valle. La statua realizzata dal Giambologna, ha dimensioni enormi (quasi trenta metri di altezza se fosse in piedi) e rappresenta la figura di un vecchio accosciato che preme la testa di un mostro con la mano sinistra. Al suo interno, disposte su tre piani diversi, fontane d’acqua muovevano vari congegni meccanici, ognuno destinato a ricreare una particolare simbologia mitologica.

Cappella del Buontalenti, 1580
Poco distante dal Colosso è invece la cappella del Buontalenti, graziosa struttura sacra a pianta esagonale costruita nel 1580, alla quale si accede salendo una bella scalinata di pietra serena. Anch’essa, aveva un profondo significato simbolico nel disegno globale del parco, teso a sottolineare la diversità tra valori terreni e spiritualità.

La peschiera della Maschera
Poco a valle della cappella, è ancora visibile la Peschiera della Maschera, un vasto bacino usato in origine come piscina ma anche per l’allevamento dei pesci.

Monumento a Nicola Demidoff

Grotta del Mugnone e statua del Giambologna
Da qui, deviando un poco sulla sinistra, si può ammirare il monumento a Nicola Demidoff e scendendo ancora più in basso si può raggiungere la Grotta del Mugnone, con al centro la statua scolpita dal Giambologna. Collocata poco a valle del luogo dove si ergeva il Palazzo, questa fonte rappresentava l’unione e il proseguimento fra due spazi distinti del giardino. Da qui il percorso originale proseguiva lungo il viale degli Zampilli fino all’ultima appendice del parco che ospita un laghetto.

La voliera
Altri luoghi come la Voliera e la Grotta di Cupido, coperta di spugne e conchiglie, completavano questo straordinario scenario naturale.

Meta di spugna

Parco mediceo di Pratolino
Nel 1981 il Parco divenne proprietà dell’Amministrazione provinciale di Firenze che iniziò immediatamente un meticoloso intervento di recupero, permettendo ai visitatori di oggi di rivivere in parte le atmosfere del passato e ripercorrere i luoghi di un ambiente realizzato con straordinaria genialità, ritenuto ormai modello simbolico dei giardini d’Europa.
Foto e scheda di Massimo Certini
© Il Filo – Arte e cultura in Mugello – agosto 2019