
MUGELLO – Era arrivata l’estate anche in Mugello, e il caldo si faceva soffocante. Nella campagna di Ronta le siepi di rosmarino emanavano odori intensi che richiamavano una voglia incontenibile di arrosti mentre il verso del rigogolo, arrivato poco dopo l’alba, echeggiava nella vallata dell’Ensa. Assomigliava allo strano miagolio di un gatto impazzito e invece era il grido di un pennuto dal giallo abbagliante alla ricerca nella stagione degli amori di una femmina per la riproduzione.
I ragazzi oziavano sotto il vecchio gelso parlando del più e del meno con un filo d’erba in bocca e le tasche dei pantaloni fin troppo bucate. Vincenzo e Gigi abitavano lì, vicino a Panicaglia, mentre Cecchino stava a Mucciano, in un gruppo di case isolato chiamato Riprafatta. Cecchino si considerava il capo del gruppo; era un ragazzino presuntuoso che non aveva paura di nulla e gli altri lo temevano perché sapeva come venir fuori da qualunque situazione. Coraggioso e fin troppo spavaldo, ne combinava di cotte e di crude. Era però solo una maschera, chissà cosa avrebbero pensato gli amici se avessero saputo di tutte le sue debolezze. Si dava un contegno da duro quando in realtà aveva grandi paure; per esempio, un vero terrore dei serpenti. Ma questo era un segreto, nessuno lo sapeva e lui prudentemente evitava di avvicinarsi a luoghi assolati o con fitta vegetazione. Non si sa mai.
Allora i divertimenti erano pochi e il greto del torrente esercitava una forte attrazione per i ragazzi che spesso, specie in estate, andavano nell’Ensa generoso di frescura e pesci. Ci facevano il bagno e poi c’era la pesca dei ghiozzi nascosti sotto i sassi, dei granchietti di fiume o di qualche pesce, attività molto praticate all’epoca. Oggi si potrebbe pensare a semplici giochi d’adolescenti, in realtà allora ce n’era bisogno anche per portare qualcosa sulla tavola della colonica, dove le bocche da sfamare non mancavano di certo. A onor del vero, non è che avessero un’attrezzatura adatta per pescare; si dovevano arrangiare con una canna di bambù e solo i più fortunati avevano un pezzo di lenza o un amo adatto, regalo di qualche raro pescatore fiorentino di passaggio. Quel giorno, proprio sotto il grande gelso, a Cecchino venne una brillante idea: “Andiamo a chiappare le trote nel fiume, prendiamo della polvere da sparo, fabbrichiamo una bomba e le facciamo saltare tutte in aria!”. Gli altri ragazzi rabbrividirono pensando a terribili disgrazie capitate non troppo lontano da lì, con dei giovani rimasti vittime di esplosivi fabbricati riciclando residuati bellici. Vincenzo che era il più saggio del gruppo suggerì: “Ora che il fiume è quasi secco è molto più divertente prendere le trote con le mani!”. Gli altri annuirono sollevati e convinti, e anche Cecchino dovette cedere a malincuore dai suoi propositi bellicosi. I ragazzi presero un barile, dove infilare le prede catturate e lo trascinarono lungo il fiume. Arrivati a una grossa pescaia, Cecchino senza esitare si spogliò tuffandosi e gli altri lo seguirono. Sott’acqua frugarono nelle grotte e sotto i sassi più grossi cercando la pancia delle trote; quando la trovavano, senza fare movimenti bruschi la solleticavano leggermente per centrare la presa mentre il povero pesce si lasciava crogiolare da quella dolce carezza apparentemente innocua. Poi, però, veniva afferrato bruscamente e buttato velocemente verso riva.
Cecchino, inutile dirlo, era bravissimo e dopo un paio d’ore una ventina di pesci sguazzava nel barile. Poi, instancabile, fece l’ultimo tuffo e sentì subito la pancia liscia di una grossa trota; l’afferrò e, tutto contento e orgoglioso, la tirò fuori dall’acqua scoprendo che… si trattava di un’enorme biscia che sibilava e lo guardava fissa e minacciosa! Con quel serpente saldamente in mano, per due secondi che sembrarono secoli Cecchino rimase impietrito; sembrava la macabra scena di un film. Poi, con grido disperato, lanciò la biscia lontanissimo facendola decollare e uscì dall’acqua nudo come un verme urlando e correndo nella vegetazione incurante dei rovi. Da quel giorno tutti gli amici guardarono Cecchino con occhi diversi; il suo potere sugli altri subì una brusca battuta d’arresto. In quanto a lui infatti, oltre al bagno nel fiume, quel giorno fece pure un primo bagno di umiltà che nella vita gli sarebbe tornato parecchio utile.
Fabrizio Scheggi
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 30 Novembre 2025