MUGELLO – I primi giorni del nuovo anno, ci hanno privato ormai di quell’atmosfera magica concessa dal Natale e dalla rievocazione ciclica della Natività. Un momento atteso quasi con trepidazione che si concretizza con il solstizio d’inverno e la particolare disposizione del sole, più simbolicamente adottato dalla cristianità come momento della nascita di Colui che lo ha creato.
Nella tradizione corale della nostra valle, l’evento trova la sua massima espressione nella realizzazione dei Presepi, dolce ed esigente veicolo per la trasmissione della fede, speranza e sostegno interiore di ogni credente. È un moto spontaneo e imprescindibile che sembra non sapersi esimere dall’antico desiderio francescano di far rivivere in uno scenario naturale la Nascita di Gesù, una simbologia proposta inizialmente nelle chiese, poi nelle residenze dei nobili e infine nelle abitazioni del popolo.
Nelle nostre chiese il fenomeno si manifesta ancora con esempi di creazioni spontanee sempre più sorprendenti che esaltano le qualità artigianali e l’estro creativo di semplici ed esperti “modellisti,” autori di scenografiche rappresentazioni che regalano emozioni e sottolineano il valore e la solennità di un momento particolare.
Un esempio palpitante e singolare di questa particolare “arte figurativa” ci è stato concesso quest’anno da Massimo Vignoli, che ha allestito la sua opera sacra negli ambienti della canonica, presso la Pieve di Sant’Elena a Rincine.
Si tratta di un Presepe classico, tradizionale nei contenuti, ma che mostra però caratteristiche straordinarie di creatività, con qualità artistiche e artigianali non comuni, dovute ad una raffinata qualità nella realizzazione di ogni componente, con elementi che ci accompagnano in un ambiente rurale di atri tempi, fino ad restituirci un paesaggio particolarmente gradevole e appaganti sensazioni legate al nostro costume e alla nostra identità culturale.
Le peculiarità di questo manufatto dal fascino antico, sono da individuarsi nell’impiego pressoché totale della pietra locale, spesso arenaria; lo stesso materiale realmente impiegato in questa zona per la costruzione delle case coloniche e dei loro annessi.
L’autore ha saputo riprodurre con abile maestria, le costruzioni e le scene quotidiane che all’inizio del Novecento caratterizzavano il lavoro e la vita in un angolo appartato dell’area preappenninica.
Attraverso l’obbiettivo della macchina fotografica è facile immergersi in questo piccolo mondo agreste estremamente realistico, osservare personaggi assorti in attività abituali, percorrere i luoghi di un borgo dove si collocano tutti gli immobili un tempo indispensabili all’attività contadina.
Così, lasciato il mulino con la sua ruota idraulica esterna e salutate le oche che nuotano nel margone, è possibile raggiungere la piazza, visitare la locanda, poi l’ovile ed il pollaio con il suo cortile cintato da un muretto di pietre, il fienile, la porcilaia, il vecchio seccatoio per le castagne.
Lusingati dalla sorprendente e minuziosa riproduzione di ogni ambiente, è impossibile non riflettere sulla tecnica certosina che ha permesso la realizzazione dei singoli componenti.
Tutti gli immobili riprodotti presentano un paramento miniaturizzato di piccole bozze a vista, secondo il tipico disegno che caratterizza le reali costruzioni della zona. Il Vignoli ha realizzato i suoi modelli tagliando dalla pietra tasselli piccolissimi e geometricamente precisi, assemblandoli poi uno ad uno secondo una tecnica non molto diversa da quella della muratura classica. Un lavoro greve, che rende prestigio all’opera intera e all’impegno del suo realizzatore, giunto a compimento solo dopo un lungo anno di lavoro.
Oltre all’impatto estetico davvero gradevole, l’intero manufatto conserva nella sua complessità e completezza, molti di quegli elementi simbolici identificabili nei Presepi.
Impossibile non osservare al centro della piazza, il pozzo circolare, elemento di unione e collegamento fra superficie e mondo sotterraneo. Il ponte è invece da intendersi come strumento di passaggio, condizione di transito fra le tenebre e la conoscenza della fede. Più in alto è il forno, chiaro riferimento a Cristo pane della vita. Singolare per collocazione la scena della Natività, realizzata nella parte alta e raggiungibile da una ripida scala di pietra. Certo una collocazione anomala in antitesi alla classica disposizione della scena nella parte bassa dei Presepi, ma ricercata qui dall’autore come “scala della vita” perciò elevata e collocata in una zona più indicativa e consona alla solennità dell’evento.
Complessivamente siamo al cospetto di un’opera davvero originale, sia nell’idea che nei materiali di realizzazione che si colloca fra le rappresentazioni sacre più suggestive del momento, un manufatto che accompagna l’osservatore in un’ambientazione dal vivo gusto realistico, seguendo l’identità di un’epoca ormai trascorsa ma ancora viva nella memoria collettiva e così cara alle generazioni del passato. Una rappresentazione che risponde egregiamente alla richiesta costante di spiritualità, da osservare con lo stesso sguardo umile dei pastori e da adottare come unico valore della vita.
Nell’animo del suo autore, è legittimo il desiderio che il Presepe di Pietra possa divenire in futuro elemento di attrazione per la zona di Rincine; un’esposizione permanente destinata ad un progressivo ampliamento e magari impreziosita da nuovi elementi come ad esempio la riproduzione fedele della Pieve di Sant’Elena, così da mantenere vivo lo spirito sacro e realistico della rievocazione in quest’angolo così appartato del nostro Appennino.
Massimo Certini e Sandro Zagli
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 10 gennaio 2024