VICCHIO – È un caldo abbraccio la sensazione che si riceve ad entrare nella cappella della comunità Il Mulino di Vicchio, affrescata dal Padre Gesuita Marko Ivan Rupnik e dalle collaboratrici Stella Secchiaroli e sr. Elisa Galardi del Centro Aletti di Roma, atelier artistico e centro teologico in cui convivono cristiani ortodossi e cattolici di rito orientale e latino.
Artista e teologo di fama internazionale, Rupnik e la sua équipe hanno realizzato opere in tutto il mondo, coniugando l’arte antica del mosaico con la Bibbia, la tradizione e la teologia della chiesa d’Oriente e d’Occidente, a servizio della liturgia. La cappella Redemptoris Mater in Vaticano, la basilica di Fatima, il santuario di Lourdes, la cattedrale di Santa Maria Reale dell’Almudena a Madrid, la chiesa di San Pio di Pietrelcina a San Giovanni Rotondo, la chiesa ortodossa della Trasfigurazione a Cluj, la chiesa del santuario di San Giovanni Paolo II a Cracovia e quella a Washington sono soltanto alcuni celebri esempi di centri della cristianità che ospitano i mosaici di Padre Marko e della sua équipe internazionale di artisti.
A Vicchio, la nuova cappella – o meglio, l’oratorio, per utilizzare la terminologia propria del diritto canonico – è stata ufficialmente inaugurata lo scorso 6 ottobre con la Celebrazione Eucaristica presieduta dall’Arcivescovo Metropolita di Firenze, il Card. Giuseppe Betori, alla presenza del parroco, don Stefano Pieralli. In seguito al rito della benedizione dell’altare e del tabernacolo, è avvenuta la messa a dimora del Santissimo.
Grande gioia e soddisfazione per la comunità Il Mulino che vede finalmente realizzato un sogno e che completa così il piano terra della «Casa della Parola», l’edificio polivalente inaugurato nel maggio 2017, concepito come luogo di conoscenza, incontro e dialogo, aperto a tutti. Ispiratore del progetto è stato un altro Padre Gesuita che al Mulino è di casa, il fiorentino Paolo Bizzeti, dal 2015 Vicario Apostolico dell’Anatolia, diocesi più vasta dell’Italia all’estremo est della Turchia. L’idea di coinvolgere il confratello Rupnik è venuta per aggiungere alla bellezza del creato – Il Mulino è immerso nel verde e può vantare un bellissimo parco – quella plasmata dalle mani dell’uomo. La bellezza attrae, cura, introduce nel divino, aiuta a contemplarlo. Da qui il desiderio di realizzare uno spazio liturgico che non fosse soltanto inteso come elemento estetico e decorativo, ma che conducesse a immergersi nella vita di comunione trinitaria e che rispecchiasse l’identità, la storia, il sentire della comunità. Secondo l’antica tradizione cristiana infatti, le pareti e il tetto della chiesa non hanno solo la funzione di proteggere dal vento e dalla pioggia, ma hanno un nesso organico con il mistero che vi si celebra. Da qui parte l’elaborazione simbolica che sottostà all’opera d’arte a servizio della liturgia. Essendo, la sacra liturgia, opera del popolo di Dio (dal greco leitourghia, che significa ‘azione del popolo’ oppure anche ‘azione per’ o ‘a favore del popolo’), la chiesa è la casa di tutti i battezzati, come ripeteva San Giovanni Crisostomo; non la casa di Dio, come invece erroneamente si sente ancora dire. Le pareti della chiesa dovrebbero dunque rappresentare ciò che i battezzati, corpo di Cristo, sono; infatti, gli antichi Padri le concepivano come l’autoritratto della chiesa e si spingevano a parlarne come la carne dello stesso Cristo, poiché rivelavano ciò che lui è venuto a comunicare.
Per questo, anche nella cappella del Mulino sono ritratte scene dell’Antico e del Nuovo Testamento, a evidenziare continuità e sviluppo nella storia della salvezza. La parete a nord-est funge da abside e ritrae la Gerusalemme celeste narrata nel libro dell’Apocalisse. Al centro, domina la scena il Risorto assiso in trono, re e giudice dai grandi occhi che tutto scruta e conosce nel profondo, nel cui grembo sta un agnello dal costato ferito eppure ritto in piedi, attorniato da una teoria di santi di Oriente e d’Occidente che rappresentano la cattolicità (cioè l’universalità) della chiesa nella sua diversità di carismi e vocazioni. A un’estremità, è rappresentata una figura cara alla comunità Il Mulino, benché non sia un santo canonizzato: don Lorenzo Milani. Anche le restanti pareti, ciascuna di sei metri per sei, rappresentano scene bibliche che conducono chi guarda a compiere un cammino, un itinerario di accoglienza nella fede: il passaggio alla vita condotta secondo lo Spirito. Tutto è attraversato dalla luce, un fascio cromatico di bianchi e di gialli che conferisce dinamismo alle varie scene e che le unisce, correndo lungo le pareti: è il rotolo della Parola che percorre la storia e che giunge fino alle mani di Paolo e Barnaba, i primi due grandi annunciatori del Vangelo in terra pagana, coloro che hanno inaugurato la missione ad gentes. Prossimamente sarà realizzata una pubblicazione che descrive tutte le scene bibliche rappresentate e il loro significato teologico.
La cappella è il luogo di preghiera della comunità e non è dunque aperta al pubblico. Tuttavia, Il Mulino offre l’opportunità a singoli, piccoli gruppi e parrocchie che ne facciano richiesta di visitarla o di utilizzarla in occasione di ritiri o momenti di preghiera, previa prenotazione con congruo anticipo. Ha una capienza di circa trenta persone. Per info e prenotazioni scrivere a [email protected] oppure chiamare a orario di cena il 334.3374470. Per info su come raggiungere la comunità Il Mulino visitare il sito www.mulinocasole.it.
Monica Borsari
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 11 ottobre 2018