BORGO SAN LORENZO – Luca Ammirati (Sanremo, 1983) è responsabile interno della sala stampa del Teatro Ariston, dove ogni anno si svolge il Festival della canzone italiana. Scrittore ed ex assessore alla cultura del comune di Perinaldo, ha fatto il suo esordio nella narrativa con Se i pesci guardassero le stelle (DeA Planeta), tradotto e pubblicato anche in Germania e Austria, presentato in giro per l’Italia riscuotendo il consenso dei lettori e dei librai. L’inizio di ogni cosa (Sperling & Kupfer) è il secondo romanzo che ne conferma il talento narrativo, ospitato al Tg5, Tg2, Mattino Cinque e Radio Rai1. Luca Ammirati sarà presente a Ingorgo letterario sabato 13 novembre alle ore 18.15, in sala Sala Sciascia, a presentare il suo ultimo romanzo dal titolo “L’inizio di ogni cosa”.
Cos’è per te l’ispirazione (se esiste)? Sono convinto che esista e che sia qualcosa di incomprensibile e sfuggente, nel senso che è complicatissimo pensare di codificarla. Ho maturato l’idea che le storie nascano dall’osservazione e dall’ascolto di quello che ci circonda. Dopotutto, scrivendo, si tratta di provare a raccontare la vita, la realtà, gli essere umani con le loro enormi complessità e contraddizioni nella maniera più onesta possibile. Si tratta di scavare, di andare a fondo negli stati d’animo. E quando all’improvviso arriva un’illuminazione, si è captato un dialogo, una frase, un’immagine, ecco che vanno fermati sulla carta. Questa, a mio avviso, è l’ispirazione.
Hai un metodo di scrittura? Se sì, è cambiato negli anni? Ho un numero esagerato di taccuini di tutte le forme, dimensioni e colori, la mia è una vera e propria dipendenza. Tra quelle pagine raccolgo idee, emozioni, parole, frasi. Solo successivamente, dopo aver sentito che è arrivata la storia giusta, quella che ti morde dentro e non puoi fare a meno di raccontare, ecco che mi siedo davanti al computer e provo a mettere ordine in quel caos organizzato di impressioni. È qui che subentra la fase più tecnica della scrittura, perché è fondamentale che una storia non sia solo valida, ma anche raccontata bene per far sì che risulti appassionante dall’inizio alla fine, in ogni singola riga, e che il lettore non la abbandoni. Probabilmente è questo il vero lavoro di uno scrittore, e per ora non ho cambiato tipo di approccio.
Dove scrivi? Un po’ dappertutto! Preferibilmente alla scrivania, nel mio studio, alla mia postazione dedicata con tutti i ferri del mestiere sotto mano. Ma, avendo la fortuna di viaggiare molto per le presentazioni dei miei romanzi, mi sono ritrovato a scrivere con uguale naturalezza in treno, in una stanza d’albergo, su una panchina davanti al mare e persino in aeroporto nell’attesa di un volo. È la bellezza di questo mestiere, puoi farlo dappertutto. E se da una parte la testa non stacca praticamente mai, dall’altra, amandolo profondamente, è come non dover lavorare un solo giorno.
Hai dei rituali di preparazione alla sessione di scrittura? Nessun rituale in particolare. Quello che mi occorrono sono concentrazione e la possibilità di non essere interrotto per un lasso di tempo ragionevole, così da dare la giusta continuità al lavoro. Per il resto, come dicevo prima, si approfitta di ogni occasione. Ammetto che, a un certo punto della sessione e quando possibile, un caffè o una passeggiata con la musica nelle cuffie siano sempre un toccasana.
Ti imponi un numero di battute o raccogli quello che viene? Quello che conta è essere il più possibile regolari, soprattutto nello scrivere una prima stesura. In quei momenti lascio andare tutto me stesso in un flusso di emozioni e parole, senza pormi problemi quanto a numero di battute, pagine e tecnicismi simili. Dopodiché, come in ogni attività, ci sono giornate buone e giornate meno soddisfacenti dal punto di vista del raccolto.
Qual è l’autore che più ti ha influenzato? Come autore di riferimento, da sanremese, non posso non citare Italo Calvino, del quale ho frequentato lo stesso liceo classico e vissuto gli stessi luoghi, e al quale ho riservato diversi tributi all’interno dei miei romanzi. Spostandoci al contemporaneo, davvero difficile nominarne uno solo. Ammiro moltissimi scrittori e moltissime scrittrici. Anche se poi per un autore, al di là delle influenze, delle contaminazioni e di eventuali modelli, è fondamentale trovare il proprio stile, la propria scrittura, quella voce intima grazie alla quale essere riconosciuto dai lettori.
Che libro stai leggendo? Dopo aver amato moltissimo “Tre” di Valérie Perrin, letto a fine estate, attualmente sono alle prese con “Una vita come tante” di Hanya Yanagihara. Due viaggi davvero entusiasmanti.
Andrea Tagliaferri
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 5 Novembre 2021