Ambientata a Firenzuola la sceneggiatura di un episodio di Paisà di Rossellini. E ora esce il libro
FIRENZUOLA – La vita, intensa e tormentata, di Klaus Mann non è separabile da quella della propria famiglia, anche se alcune sue scelte dimostrano una voglia di autonomia, comunque difficile da realizzare.
Il padre Thomas è uno degli scrittori tedeschi più importanti del XX secolo, vincitore del premio Nobel per la letteratura nel 1929; in famiglia un patriarca, completamente votato al proprio genio,che cerca, con la moglie, di tenere a bada i sei figli, di cui Klaus, nato nel 1906, è il maggiore.
Quando Klaus, ventenne, pubblica il suo primo romanzo (Der fromme Tanz, La pia danza) in cui affronta apertamente il tema dell’omosessualità, il padre pubblica un saggio Sul matrimonio in cui condanna l’omosessualità come “libertinaggio, spirito zingaresco, frivolezza”, come “cosa immorale, intimamente consapevole, della sua sterilità, della sua incapacità di guardare al futuro, di riconoscere le conseguenze e le proprie responsabilità”.
A nostro avviso Klaus Mann dimostra proprio una notevole capacità di guardare al futuro e di riconoscere le proprie e le altrui responsabilità.
Gli anni dal 1933 al 1945 sono un intreccio di scelte politiche e personali, di iniziative culturali, di contatti e conoscenze straordinari, che collocano Klaus Mann all’interno di eventi storici di grande rilevanza.
Meno di un mese e mezzo dopo la nomina di Hitler a cancelliere, Klaus il 13 marzo 1933 lascia la Germania. Il 23 marzo annuncia il proprio abbandono all’Associazione degli scrittori tedeschi.
Fra il 1937 e il 1938 partecipa, come giornalista, insieme alla sorella Erika, alla guerra civile di Spagna sostenendo la lotta armata dei repubblicani. Nella sua autobiografia DerWenderpunkt (La svolta), pubblicata in Germania nel 1952, Klaus Mann racconta lungamente del suo soggiorno in Spagna durante la guerra come di una delle esperienze che diede un senso alla sua vita.
Nel 1938, dopo la Conferenza e il patto di Monaco (tra Francia, Germania, Gran Bretagna e Italia), che favorisce lo smembramento della Cecoslovacchia e dà via libera a Hitler per l’occupazione di Praga, Klaus Mann lascia l’Europa per gli Stati Uniti: un gesto che può apparire di sfiducia nei confronti degli stati democratici europei incapaci di opporsi con forza al nazismo.
L’arruolamento nell’esercito degli Stati Uniti per combattere con le armi il regime nazista
All’inizio del 1941 una scelta decisiva di Klaus: lui, esule tedesco antinazista, chiede di arruolarsi nell’esercito americano per combattere con le armi il regime nazista. La sua richiesta viene accolta soltanto nel mese di dicembre perché la naturalizzazione americana è ostacolata dalle sue tendenze politiche e sessuali note all’FBI fin dal 1940.
Il 25 settembre 1943 ottiene la cittadinanza americana e il 24 dicembre è inviato in Europa: dopo una sosta a Casablanca arrivò in Italia, al seguito della V Armata del generale Clark, con il grado di sergente, inserito nelle unità PWB (PsicologicalWarfareBranch – Sezione guerra psicologica) con il compito di scrivere volantini destinati alle truppe tedesche, scrivere discorsi in tedesco per la radio, partecipare agli interrogatori dei soldati tedeschi prigionieri.
Cosí nel novembre 1944, quando Clark decide di spostare il suo comando da Firenze alla Traversa (Firenzuola) per stare più vicino ai suoi uomini, anche Klaus Mann si trasferisce sull’Appennino dove rimane fino al febbraio 1945.
In quei mesi Mann ha modo di sperimentare la drammatica situazione delle truppe alleate immerse nella nebbia, nella neve e nel fango. Ha modo anche di conoscere la condizione della popolazione civile che aveva subíto l’occupazione tedesca e la violenza fascista, i combattimenti violenti sulla Linea Gotica e, infine, la presenza degli alleati.
Il 2 gennaio del 1945 Klaus Mann compie un viaggio a Roma dove incontra alcuni intellettuali antifascisti fra i quali Ignazio Silone e Alberto Moravia. Il 10 è di nuovo alla Traversa dove continua la sua attività militare. Il 19 febbraio lascia definitivamente l’Appennino e si trasferisce a Roma. Non è piú un sergente, ma un soldato semplice e lavora alla redazione di Stars and Stripes. A Roma conosce Mario Praz, Anna Magnani e Luchino Visconti. Il 28 luglio incontra Roberto Rossellini che lavora al progetto di un nuovo film, Paisà. Si tratta di un film a episodi, Mann svolge le funzioni di una sorta di capo redattore. Dalla fine di ottobre comincia a lavorare alla sceneggiatura di un nuovo episodio (The Chaplain).
Ma i rapporti con Rossellini e con i suoi collaboratori si fanno tesi, la sceneggiatura scritta da Mann non verrà mai girata.
I fortunati incontri che hanno portato alla pubblicazione del libro
Il testo The Chaplain è rimasto per decenni fra le carte dell’Archivio Klaus Mann presso la biblioteca di Monaco, dove è stato ritrovato da Fredric Koll, che ha organizzato l’archivio e redatto, tra il 1976 e il 2006, una biografia di Klaus Mann in sette volumi.Kroll, anni fa, segnalò il dattiloscritto, con correzioni autografe di Mann, a Susanne Fritz – scrittrice e regista teatrale, compositrice, pianista e performer –. La Fritz, a sua volta, ha segnalato il testo ad Alberto Gualandi, intellettuale bolognese. Gualandi ha chiesto a Pier Giorgio Ardeni di tradurre il testo dall’inglese e di proporne la pubblicazione alle edizioni Pendragon di Bologna. Era la primavera 2017. Nell’aprile di quest’anno il libro ha visto finalmente la luce.
Il testo di Klaus Mann
L’episodio si svolge in una sola giornata, il giorno di Natale del 1944, e ruota intorno a due personaggi: un cappellano militare americano (Frank Martin) e un giovane italiano diciottenne, gobbo e fascista (Ernesto Silotti).
Klaus Mann è in una situazione personale non certo comune: tedesco, convintamente ostile al nazismo, omosessuale, simpatizzante per la sinistra, rifugiato negli Stati Uniti, arruolato volontario nell’esercito americano. Per questa sua condizione Mann riesce a esprimere una molteplicità di punti di vista e di approfondire le relazioni e i comportamenti di tutti i soggetti coinvolti in una fase drammatica della guerra.
Il rapporto dell’autore con i personaggi di volta in volta sulla scena è “pulsante”: si avvicina nella condivisione di una situazione, pronto ad allontanarsi in atteggiamento critico quando la situazione cambia.
Mann è solidale con i suoi compagni d’arme che, sui convogli che percorrono la strada 65 provenendo dal fronte, “appaiono attoniti e apatici: alcuni sono addormentati, altri con lo sguardo perso nel nulla, tutti quanti immobili e silenziosi. Ma subito dopo si irrigidisce quando tre americani (un tenente e due sergenti) sbeffeggiano un giovane della Traversa gobbo ma “dalle fattezze delicate e intelligenti”. Di nuovo in sintonia con i suoi commilitoni quando fanno ironie pesanti sui soldati inglesi che hanno bloccato il traffico militare sulla strada per prendersi il tè: “Ma dove pensate di essere voialtri? Questa non è mica la vecchia Inghilterra”.
E poi c’è il sermone di Natale del Cappellano in cui Klaus Mann mette, lui tedesco, tutta la sua ostilità al nazismo, il suo impeto nel combattere “odio, intolleranza, autocompiacimento, nazionalismo ottuso, culto della forza brutale”. “Ma se nazismo e fascismo sono i nostri nemici, che ne è di quelle cattive pulsioni e di quei cattivi princípi senza cui quel pensiero ostile non sarebbe mai nato? […] Anch’essi vanno sconfitti! Lo so, soldati, è difficile combattere un nemico feroce e senza scrupoli senza odiarlo. Ma è possibile. Provateci. Provate a odiare ciò che è odioso nel vostro avversario: le sue idee empie, i suoi pregiudizi, i suoi istinti sadici. Ma non odiate l’uomo”.
Concluso il sermone, Klaus Mann mette in campo un altro punto di vista: il Generale che ha ascoltato il sermone avvicina il Cappellano e gli dice apertamente che non riesce a mandar giú il discorso sull’odio, un discorso che può avere un effetto sfavorevole sullo spirito combattivo dei soldati. Il Generale riceve i complimenti di un Colonnello: “Sono lieto che lei abbia parlato in quel modo, signore. Era necessario… davvero necessario. Ci sono certe cose che non si possono lasciar passare neppure a un cappellano. Per me quel suo sermone oggi aveva un tocco quasi… pacifista!”.
Mann, che svolge con fedeltà e impegno i suoi compiti al Comando della Traversa, è davvero molto lontano dalla concezione della guerra propria degli alti ufficiali.
Mann/Martin, oltre ad occuparsi delle vicende dell’esercito alleato, guarda con molta attenzione alla popolazione civile. “Gli abitanti del villaggio – per lo piú vecchi e bambini, tutti con il vestito della domenica, nero – se ne stanno ai lati della strada, a guardare le auto che passano. Non sono né ostili né ben disposti, solo stanchi, affamati, infreddoliti e vagamente impressionati dalla formidabile esibizione di potenza militare imbrattata di fango”.
E cosí il Cappellano Martin pensa di organizzare una festa di Natale per i bambini del villaggio, occasione anche per rafforzare il legame con la popolazione, o almeno con quella parte di essa piú sensibile alla funzione pastorale in cuiha sostituito il parroco del posto giustiziato dalle SS.
La casa scelta per la festa è quella del Podestà, fuggito al nord al seguito dei tedeschi e dei repubblichini in ritirata. Nella casa abitano la moglie del Podestà, la Signora Silotti, e il loro figlio Ernesto, il giovane gobbo che abbiamo incontrato all’inizio, fortemente ostile alla presenza dei “nemici”, non li vuole incontrare e nemmeno vedere.
“Bombardano le nostre chiese e poi predicano l’amore fraterno dal pulpito distrutto. Uccidono i nostri bambini e poi danno loro le caramelle. Continuano a parlare di tolleranza, e ridono, ridono… di uno storpio (la sua voce è soffocata dalle lacrime)”.
Il Cappellano riesce a parlare con Ernesto nella sua stanza al primo piano, ma non ottiene nulla: la festa si farà al pianterreno senza la presenza di Ernesto.
“I bambini cantano e danzano intorno al Cappellano e le Suore che gridano: ‘non cosí indiavolati, bambini!’, le madri che si afflosciano sulle loro sedie, esauste, la crocerossina esultante: ‘Ci stiamo divertendo un sacco!…’. DISSOLVENZA”.
La festa e la sceneggiatura si chiudono in tragedia.
Fiction e realtà
Il traduttore e curatore del volume, Pier Giorgio Ardeni, ha ricostruito in maniera analitica una mappa dei luoghi e degli spostamenti di Klaus Mann durante la guerra e il suo rapporto con Rossellini, ma anche le vicende storiche del tempo e dei luoghi collegabili alla presenza dello scrittore alla Traversa e al testo di The Chaplain. Molte sono le situazioni in cui finzione e realtà sono sovrapponibili.
Nell’episodio scritto da Klaus Mann non ci sono soldati tedeschi, non ci sono cecchini fascisti: il nemico è un ragazzo gobbo, certamente fanatico, potenzialmente pericoloso, che sente sulla propria pelle l’intolleranza per la propria deformità, per la propria diversità, prima che per la sua fedeltà al fascismo. “Gobbo!” gli gridano gli americani all’inizio dell’episodio, “Gobbo!” gli gridano ancora sparandogli nel tragico epilogo.
Mann/Martin crede che l’anima del giovane “storpio isterico” non meriti l’inferno: “Possa il Signore essere indulgente con la sua povera anima. Dal suo viso si direbbe che abbia conosciuto l’inferno proprio qui, sulla terra”.
Luciano Ardiccioni
Klaus Mann, Il cappellano, Appennini. Natale 1944. Edizioni Pendragon, Bologna, 2018. Pagg. 172. Euro 15.
Il volume, oltre al testo di Mann, contiene: Alberto Gualandi, Introduzione e nota biografica; FredricKroll, The Chaplain. La collaborazione tra Klaus Mann e Roberto Rossellini al film Paisà; Pier Giorgio Ardeni, Passo della Futa, Natale 1944. Luoghi e avvenimenti lungo la linea d’inverno in The Chaplain di Klaus Mann; Susanne Fritz, Vincere la pace. Klaus Mann scrittore combattente; Lorenzo Bonosi, L’esilio irrisolto. Sul disagio di Klaus Mann nella Germania post-bellica.
Il libro verrà presentato sabato 14 Luglio alle ore 21
all’Area Verde della Traversa (Firenzuola).
La presentazione è organizzata dall’Associazione Cittadini per la difesa del Santerno, in collaborazione con Biblioteca Traversina “Franco Belli” e Società Sportiva Traversa, con il patrocinio del Comune di Firenzuola e con il contributo di Banco Fiorentino (Mugello Impruneta Signa) Credito Cooperativo.