Dante e il Mugello: gli Ubaldini ricordati nella Commedia
MUGELLO – L’opportunità offerta dal Dantedì ci permette di spendere alcune parole, tra le tante già scritte, relative ai possibili contatti che il Sommo Poeta poteva aver avuto con la terra del Mugello. Fino ad oggi, come è noto, l’unica testimonianza di una presenza di Dante in questo territorio si deve alla sua compartecipazione al patto stipulato nell’estate del 1302 nel coro dell’abbazia di S. Godenzo mentre era esule a Forlì. In tale occasione i membri dei Bianchi fuoriusciti fiorentini, tra i quali figurava l’Alighieri, s’impegnarono verso Ugolino di Filiccione figlio secondogenito di Ubaldino della Pila Ubaldini che agiva in nome della sua casata, di risarcire lui e i suoi consanguinei di ogni spesa in cui sarebbero incorsi entrando in guerra contro la città di Firenze guidata dai Neri. Di fatto il patto obbligava i contraenti a rimborsare i potenti signori mugellani per ogni danno subito nel loro ampio dominio e specialmente nel grande castello di Montaccianico e ogni altra fortificazione, così come verso tutti i loro vassalli e sudditi. Con l’ingresso degli Ubaldini in guerra in sostegno della coalizione dei Bianchi e Ghibellini, il Mugello si trasformò nel principale teatro di scontro, tanto che qua il conflitto durò fino al settembre 1306 (caduta di Montaccianico), ma con alcuni episodi bellici che si protrassero ancora fino all’inverno del 1308/09. Di Dante, uno dei contraenti del patto che scatenò il conflitto, non si hanno più testimonianze in questa regione.
Nella Commedia, tuttavia, appaiono o vengono ricordati almeno quattro esponenti della casata degli Ubaldini strettamente imparentati fra loro e tutti mugellani per nascita. Pertanto sono questi personaggi che rappresentano il filo conduttore tra il Poeta e la nostra terra che allora era per buona parte sotto il loro dominio. Se la presenza di costoro fra i protagonisti illustrati nel poema fosse dovuta dalla loro notorietà, oppure dalla condivisione con l’autore delle scelte politiche nei confronti della città di Firenze nei primi anni del ‘300, non è dato saperlo. Di certo il primo degli Ubaldini ad essere rammentato non soltanto è il personaggio più illustre di tutta la stirpe, ma anche uno dei più influenti protagonisti della scena politica italiana del ‘200. Si tratta infatti del cardinale Ottaviano che, non a caso, Dante colloca assieme all’imperatore Federico II tra gli epicurei e negatori dell’anima nel Decimo Canto dell’Inferno, come ricorda Farinata degli Uberti al Poeta:
Dissemi: Qui con più di mille giaccio:
qua dentro è ‘l secondo Federico,
e ‘l Cardinale; e delli altri mi taccio.
(Inferno, c. X, vv. 118-120)
Ottaviano terzogenito di Ugolino (III) doveva essere nato tra il 1210 e il 1213, mentre sembra fare la sua prima apparizione nella documentazione nel 1227. Fu avviato precocemente al canonicato bolognese, poco più che ventenne divenne arcidiacono del Capitolo come appare nel 1236, poi nel 1240 com’è noto ricoprì assieme all’arcidiaconato la carica di procuratore e amministratore della Chiesa di Bologna facente le funzioni di vescovo, perché non aveva superato i 30 anni di età sufficienti a ottenere la cattedra episcopale, poi dal maggio del 1244 venne promosso alla dignità cardinalizia con il titolo di cardinale diacono in via Lata e svolse la sua alta carica sotto quattro papati: Innocenzo IV, Alessandro IV, Urbano IV e Clemente IV. Quindi in quanto cardinale fu legato apostolico in Lombardia e in Romagna (1247-1252) e poi nel Regno di Sicilia (1255-1256). Definito come la più importante figura di guida politica nella storia civile ed ecclesiastica della Bologna duecentesca, rappresenta un’eccezionale figura che, per un trentennio, spiccò sulla scena italiana durante la fase finale dello scontro fra Impero e Papato. Oltretutto Ottaviano permise alla famiglia di assumere il pieno controllo della Chiesa bolognese monopolizzando le più alte cariche religiose come il vescovato e l’arcidiaconato, e imponendo il pieno controllo del Capitolo della cattedrale. Inoltre dal 1255 prese le redini della signoria familiare che tenne per lo meno fino alla vittoria ghibellina di Montaperti nel 1260, periodo durante il quale l’alto ecclesiastico si era impossessato dell’ampio dominio ubicato nel territorio di Città di Castello che veniva ad aggiungersi al patrimonio familiare. Poi durante il sessennio ghibellino seguito alla vittoria di Montaperti, suo fratello Ubaldino della Pila recuperava la leadership, ma con il ritorno dei Guelfi in Firenze nel 1267 il Cardinale riprese il controllo della signoria che tenne fino alla sua morte. Il decesso del porporato avvenne nei primi giorni di marzo del 1272 durante il papato di Gregorio X, e fu inumato nella la pieve di S. Maria a Fagna ove ancora oggi due lapidi, una collocata sulla facciata e l’altra all’interno della chiesa, ne ricordano la sepoltura.
Se Ottaviano compare per primo fra i personaggi della stirpe mugellana, suo fratello maggiore Ubaldino della Pila invece sarà l’ultimo, posto da Dante fra i golosi nel Purgatorio assieme a Bonifacio Fieschi arcivescovo di Ravenna:
Vidi per fame a voto usar li denti
Ubaldin dalla Pila e Bonifazio
che pasturò col rocco molte genti.
(Purgatorio, c. XXIV, vv. 28-30)
Ubaldino (III) della Pila secondogenito di Ugolino (III), doveva essere nato fra il 1205 e il 1210, e viene citato nelle fonti a partire dal 1217. Questi, dopo la scomparsa del padre avvenuta nel 1228 seguita da quella del fratello maggiore Azzo (V) prima del 1235, ricoprì il ruolo di capofamiglia per il corso di quasi tutto il XIII secolo. Tenne infatti le redini della signoria prima con i cugini Ugolino (IV) e Albizo (IV), poi sostenuto dal fratello cardinale e quindi affiancato dal nipote Ugolino da Senni. Durante tale periodo durato circa un sessantennio guidò la casata, salvo gli anni compresi tra il 1255-1260 e poi 1267-1272, in cui per meglio legittimare la piena autonomia che il dominio aveva raggiunto, cedette la titolarità della signoria al Cardinale. Fu allora che l’egemonia familiare raggiunse l’apice del suo potere e non a caso la signoria degli Ubaldini divenne uno dei punti di riferimento del ghibellinismo toscano, e più in generale dell’Italia centrale. Ubaldino, diversamente da quanto può indurci a pensare il predicato “della Pila”, governò il dominio familiare stando nel grande castello di Montaccianico, sua dimora prediletta alla quale conferì le caratteristiche di una capitale. Quindi oltre a comparire nella Commedia il capofamiglia degli Ubaldini risulta anche protagonista di una novella di Francesco Sacchetti nel Il Trecentonovelle, n. CCV: Messer Ubaldino dalla Pila fa tanto dell’impronto con uno Vescovo, che fa licenziare al Vescovo che uno suo ortolano si faccia prete, e vienli fatto. Il suo dominio terminò soltanto con il decesso che avvenne durante i primi mesi del 1289. Nonostante la longevità e le numerose attestazioni documentarie non siamo a conoscenza del nome della moglie o delle eventuali mogli, però sappiamo che ebbe un’ampia discendenza costituita da sei figli maschi e almeno due femmine.
Dei sei figli di Ubaldino della Pila, Dante rappresenta il quartogenito Ruggeri, arcivescovo di Pisa, in uno dei più celebri canti dell’Inferno ovvero il XXXIII, collocandolo insieme al conte Ugolino della Gherardesca nel girone dei traditori, poiché accusato di aver condannato a morte per fame lo stesso conte con il quale aveva in precedenza congiurato. Infatti il della Gherardesca, che «La bocca sollevò dal fiero pasto» (Inferno, c. XXXIII, v 1), tormentando l’anima dannata dell’Ubaldini, rammenta al poeta:
Tu dei saper ch’i fui conte Ugolino
e questi è l’arcivescovo Ruggieri
or ti dirò perch’i son tal vicino …
(Inferno, c. XXXIII, vv. 13-15)
Ruggeri, come i suoi fratelli Ottaviano (IV) e Schiatta, fu precocemente avviato al canonicato bolognese e appare menzionato per la prima volta col titolo di suddiacono nel 1260. In seguito, dal momento che nel 1261 il fratello Ottaviano era stato eletto vescovo di Bologna, assunse la carica di arcidiacono che detenne fino al 1277 quando fu eletto arcivescovo di Pisa. In precedenza mentre era ancora arcidiacono di Bologna, entrò in competizione con Percivalle Fieschi per l’arcivescovato di Ravenna: entrambi furono eletti nel 1270 arcivescovi con una elezione che comportò una divisione “scismatica” del Capitolo ravennate, pertanto il Sacro Collegio rinviò la decisione della scelta al nuovo papa che doveva essere eletto. Questi, Gregorio X, l’anno successivo annullò la duplice elezione e nel 1275 si riservò di nominare arcivescovo il domenicano Bonifacio Fieschi, che nella Commedia condivideva con Ubaldino della Pila un posto fra i golosi nel Purgatorio. A Pisa Ruggeri in virtù della alta carica che ricopriva, svolse un ruolo di protagonista nella scena politica della città. Come è noto fu coinvolto nella congiura prima contro Nino Visconti e quindi contro il conte Ugolino della Gherardesca. Di fatti dopo aver estromesso entrambi i suoi avversari l’arcivescovo assunse il comando della città appropriandosi di tutte le principali cariche pubbliche pisane che detenne fino a quando non venne nominato podestà e capitano il conte Guido da Montefeltro sul finire del 1289. In tale occasione fu accusato di aver condannato a morte per fame il conte Ugolino e i suoi discendenti. Ruggeri morì a Viterbo nel settembre del 1295.
Infine Dante rappresenta nel poema anche Ugolino da Senni, nipote di Ubaldino della Pila e del Cardinale, infatti questo dovrebbe corrispondere personaggio ricordato da Guido del Duca nel XIV Canto del Purgatorio:
Non ti maravigliar, s’io piango, Tosco,
quando rimembro con Guido da Prata
Ugolin d’Azzo che vivette nosco
(Purgatorio, c. XIV, vv. 103-105)
Ugolino (IV) da Senni era figlio del fratello maggiore di Ubaldino e Ottaviano, ovvero Azzo (V) che scomparve precocemente dalla scena. Ugolino, documentato a partire dal 1238, è identificabile con il citato personaggio dantesco in quanto fu strettamente legato a Bologna per via delle origini della madre Azzolina dei Malavolti, e soprattutto con il suo primo matrimonio con il quale sposò l’unica erede di una delle più influenti casate di questa città: Bolognisia di Guido dei Geremei. Attraverso questo matrimonio poté disporre per un certo periodo di un ingente patrimonio ubicato in città e nei suoi pressi, pertanto è possibile che fossero assai frequenti sue permanenze a Bologna e nel suo territorio tanto da indurre Dante a far ricordare al romagnolo Guido del Duca che l’Ubaldini «vivette nosco». Tuttavia con il decesso della prima moglie questo dovette rinunciare alla maggior parte del patrimonio bolognese. Quindi si risposò prima del 1271 con Beatrice figlia di Galvano dei conti di Lancia, famiglia alla quale era appartenuta pure l’ultima moglie dell’imperatore Federico II di Svevia, madre del re di Sicilia Manfredi. Per lo meno durante la seconda metà del XIII secolo Ugolino da Senni compartecipò alla guida della signoria con i due zii Ubaldino e Ottaviano, che affiancò nel ruolo di dominus nel momento in cui il potere familiare aveva raggiunto il suo apice. Inizialmente frequentò con Ubaldino il grande castello di Montaccianico, poi in seguito al decesso del Cardinale elevò sua dimora prediletta il palazzo di quest’ultimo ubicato a S. Croce presso Scarperia per lo meno a partire dal 1280. Qui Ugolino rimase fino al suo decesso avvenuto nel gennaio del 1293.
Lorenzo Cammelli
©️ Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 25 marzo 2021