Don Ferdinando Benelli e i suoi guai, a Firenzuola, per le idee risorgimentali
MUGELLO – Ferdinando Benelli apparteneva ad una famiglia proveniente da Montiano, in Maremma, che si era trasferita a Firenzuola perché un suo esponente era stato chiamato a ricoprire l’ incarico di medico del paese. Dotato di intelligenza vivida frequentò il locale seminario con risultati lusinghieri entrando, dopo l’ordinazione, nel novero dei suoi insegnanti.
Dopo avere prestato servizio, per due anni come maestro di grammatica e per quattro come insegnante di retorica, ricevette il 15 settembre 1848, dalle mani del podestà del paese, una lettera dell’arcivescovo fiorentino Ferdinando Minucci con la quale lo si interdiva da qualsiasi insegnamento presso il seminario firenzuolino. Non ricevendo nessuna spiegazione dal Minucci, nonostante avesse poi scritto quattro lettere e avesse chiesto udienza senza riuscirci, pubblicò una vibrata protesta sulle colonne del giornale “ Il Popolano “. Le motivazioni sono da ricercare nelle aspre critiche che aveva rivolto all’allora rettore del seminario: Gaetano Fontanelli. In una lettera ritrovata dal pievano di Cornacchiaia don Stefano Casini, nell’archivio del seminario, afferma che: “ Tutta la disciplina allora stava nel terrore. Il Sig. Fontanelli, chiuso quasi sempre nel suo studio, quando usciva, passeggiava gli anditi e le corsie in aria da metter paura. Tutti gli altri maestri prendevano quella intonazione, sicché amati da nessuno, odiati anzi in segreto, non ottenevano che magri frutti alle loro fatiche…. Gli alunni non udivano mai spiegazione di Vangelo, solo qualche volta un catechismo arido dal rettore, senza che mai ci facesse aprire il cuore a un sentimento d’amore”.
Ma i motivi dell’allontanamento sono anche altri. Il nostro aveva appoggiato gli ideali risorgimentali che avevano pervaso una parte della società dell’epoca. Aderì alle tesi del Gioberti, con il quale intrattenne un rapporto d’amicizia. Anche nei seminari spirò questo vento di rinnovamento tanto che alcuni di questi furono chiusi perché la maggioranza degli studenti aveva partecipato come volontari alle battaglie combattute per l’unità d’Italia. In un manifesto stampato a Firenze dallo stesso Benelli il 28 ottobre 1848, quando il granduca fu costretto, dalla pressione popolare, a varare un governo guidato da Giuseppe Montanelli e Francesco Domenico Guerrazzi, venivano esaltati questi due politici e si affermava, senza tanti peli sulla lingua, che: “ tra le cancrene d’Italia ( sono ) l’opposizione del clero, e specialmente dei Vescovi, al sistema costituzionale. I Vescovi perseguitano i preti disposti ad istruire il popolo sui suoi doveri politici, mentre appoggiavano quanti insegnavano che era peccato portare la coccarda e iscriversi alla guardia civica”.
Il nostro Ferdinando fu dunque costretto a lasciare una posizione di prestigio e fu spedito a fare il rettore dell’oratorio di Ca’ di Vestro, era uno dei luoghi più remoti della diocesi fiorentina. Il poeta di Rapezzo, Giovanni Giuliani, scrisse per l’occasione un pungente sonetto che riportiamo qui di seguito:
Mi rallegro con voi, signor maestro
Che non soltanto v’hanno fatto prete,
Ma vi han dato la verga che sapete
E prescelto a pastor di Caddivestro.
Siate voi dunque vigilante e destro
Nel far del ben lassù più che potete,
Nè vi smarrite in cuor quando vedrete
L’orride gole di quel luogo alpestro.
Convertite all’amor del Redentore
E alla beata vergine Maria
Gli uomin, le donne, il popolo e il Priore.
Ma soprattutto attento a quella via,
Che non abbiate un tratto a dar di fuore
E rompervici il collo… e così sia!
Del periodo successivo all’allontanamento dal seminario non sappiamo molto. Si sa che si laureò in teologia all’università di Siena nel 1853.
Dovette anche sanarsi il dissidio con la curia fiorentina, infatti lo ritroviamo, nel 1856, parroco al Covigliaio.
Il 10 maggio 1857 iniziò la costruzione della nuova chiesa parrocchiale dedicata a San Matteo e Santa Cecilia. Il progetto venne eseguito dall’architetto fiorentino Angelo Mannini, che prestò la sua opera gratuitamente. Un contributo economico venne dato anche da papa Pio IX che durante un suo trasferimento verso Firenze si fermò per benedire la nuova costruzione. I lavori terminarono nel 1860 e a ricordo venne posta una lapide nella controfacciata.
Che avesse poi abbandonato le sue posizioni critiche nei confronti della Chiesa, lo dimostra la sua sottoscrizione, il 9 giugno 1870 insieme ad altri parroci di Firenzuola, dell’appello rivolto affinché il papa proclamasse il dogma dell’infallibilità pontificia:
Poiché s’io veggo nulla, il vero
male di questo nostro secolo è senza dubbio la distruzione
quasi totale del principio d’autorità: d’onde lo scuotersi
così frequente dell’edifizio sociale e il minacciar che egli
fa di rovinare nella più brutale anarchia. A questo male
non si può meglio rimediare che col rialzare un tale prin-
cipio e ridonargli il perduto vigore, d’onde il chiedere
che si fa da tante voci, il sospirare che si fa da tanti
cuori la definizione dogmatica dell’ Infallibilità pontificia,
siccome quella, che serve mirabilmente allo scopo
Dogma che sarà poi effettivamente proclamato il 18 giugno di quell’anno.
Dopo questa non ho trovato più notizie su questo sacerdote. La morte avvenne nel 1885 e l’anno successivo prese possesso, della parrocchia del Covigliaio, Giacomo Menichetti.
Sergio Moncelli
©️ Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 22 agosto 2021
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