MUGELLO – È sorprendente trovare ancora oggi, nella fauna e nella flora del Mugello, tracce di climi molto più freddi di un passato più o meno lontano. In Falterona, ad esempio, c’è una rana, la Rana termporaria, oggi tipicamente appartenente alla fauna dell’Europa centrosettentrionale, che ha qui il punto più a sud del suo areale. Durante le glaciazioni era invece presente anche nelle nostre pianure.
Se da Castagno d’Andrea si sale ai milleduecento metri della Fonte del Borbotto e si prende la stradella in salita a destra dell’ingresso nel Parco Nazionale, in un quarto d’ora si arriva al laghetto di Gorganera. Qui, in aprile, si possono vedere, nell’acqua vicino alle sponde, ammassi di uova traslucide di circa un centimetro di diametro ciascuna: sono le uova della nostra rana, cui è anche dedicato, nei pressi, un tabellone illustrativo del Parco. La temporaria è una grossa rana, grande quasi come un rospo, con colori dall’arancio al marrone che la mimetizzano perfettamente con le foglie secche del sottobosco e va in acqua solo per riprodursi. A luglio le sponde del piccolo specchio d’acqua pullulano di piccole rane in miniatura che hanno ormai terminato la metamorfosi e che saltano tra l’erba. Questo anfibio in Falterona si può definire una specie relitta, un residuo di epoche passate salvatasi fino ad oggi per aver trovato rifugio sul monte più alto e più freddo della zona, ma col proseguire del riscaldamento globale è destinata a scomparire perché non ci sono altre zone adatte al suo modo di vita.
Portiamo altri esempi: sull’Appennino tra Marradi ed il Mugello si potrebbe ancora trovare una farfalla, il Parnassius mnemosyne, che appartiene ad un genere che era tipico delle fasi glaciali; la sua area vitale va più o meno dagli 800-1000 metri in su. Si tratta di una farfalla di dimensioni simili ad una cavolaia, anche lei bianca con qualche punto nero sulle ali, non particolarmente vistosa (a differenza di qualche suo congenere come il Parnassius apollo, che vola sulle Alpi), col corpo protetto dal freddo da una lunga peluria lanosa. Anche lei è un “relitto glaciale” come la rana. Se ne possono vedere due esemplari nella collezione del museo “Bic Castrignanò” del Liceo Ulivi. Ho scritto “si potrebbe” perché non ne ho da tempo notizie e non ho potuto verificarne personalmente la presenza ma è evidente che le problematiche di questa farfalla sono le stesse della rana.
Tra le piante emblematico è il caso del mirtillo rosso (Vaccinium vitis-idaea), pianta oggi tipica del clima alpino anch’essa presente nel gruppo del Falterona in una stazione in cima al Monte Falco e in un’altra di circa 300 metri più in basso, da me segnalata alla Società Botanica Italiana perché sconosciuta dalle nostre parti. Mentre la prima è a rischio immediato di sparizione, perché si trova già in cima alla montagna, la seconda potrà resistere più a lungo, dato che è situata sul versante nord, mai esposto al sole in inverno e poco anche in piena estate. Ma anche per lei, come per le altre specie relitte, il destino è segnato, continuando l’aumento del riscaldamento terrestre.
Tutto questo ci dice che i cambiamenti climatici, anche molto marcati, ci sono sempre stati, anzi costituiscono la modalità normale per il nostro pianeta. Ma allora perché c’è tanto allarme per ciò che sta succedendo? Per la prima volta nella storia della Terra una singola specie (la nostra) è riuscita con la sua attività a modificare il clima su scala globale. Nessuna specie prima di noi era riuscita a tanto e, cosa più importante, in tempi tanto brevi. Sappiamo che negli ultimi due milioni di anni si sono succedute diverse glaciazioni: noi stessi, originati in Africa 200 mila anni fa, abbiamo vissuto almeno l’ultima (che hanno vissuto in pieno i neanderthal in Europa), terminata solo 10 mila anni fa. Da allora il clima è cambiato tante volte e anche in modo rilevante: dal ‘500 alla seconda metà dell’’800 si è avuta la cosiddetta Piccola Glaciazione. Da allora la temperatura, pur con molti alti e bassi, ha iniziato a salire, finché, dal 1970, la risalita è divenuta costante fino ad oggi, né si vedono cenni di arresto o calo. È chiaro che ad una componente naturale si è sommata una componente antropica sempre più importante, che genera una crescita per ora inarrestabile. E i tempi troppo veloci non permettono a piante ed animali di adeguarsi alle nuove condizioni: è questo che genera il grande allarme, l’impossibilità di una previsione di ciò che avverrà.
Paolo Bassani
©️ Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 9 aprile 2021
2 commenti
Finalmente una persona intelligente e colta,oltre che onesta, che sa di geologia e che non attribuisce tutto, come la gretina manovrata da chi ci guadagna, all’opera dell’uomo.Io stessa, in ricerche per un mio libro, ho trovato che a metà del 1700 si ebbe in Europa una piccola glaciazione tanto che la Senna gelò fino alla foce, cosa che si trova in inverno solo a san pietroburgo, quando gela la Neva.I cambiamenti climatici, piccoli o grandi, ci sono sempre stati!
Gentile Sig.ra Maruna,
I cambiamenti sono sempre esistiti, come ambedue ben sappiamo, ma questo è un po’ diverso, come spiego nellL’articolo, per la VELOCITà con cui avanza: è qui il problema, perchè la velocità darà pochissimo tempo alle varie specie ANIMALI E VEGETALI DI ADATTARSI ALLE VARIATE CONDIZIONI. qUESTO COMPORTERà LA POSSIBILITà DI ESTINZIONI DIFFUSE, non solo di organismi già in bilico come quelli citati, nonchè variazioni ad oggi non ben prevedibili del livello del mare, con tutte le conseguenze relative. Facciamoci gli auguri!