Il convento e la pieve di San Giovanni Battista a Sandetole
DICOMANO – Accurate indagini compiute qualche decennio fa attorno al torrente Moscia hanno permesso di stabilire definitivamente la diversità morfologica fra le due sponde e di abbassare a questa latitudine i confini naturali del Mugello più orientale. Lo scorrere del piccolo corso d’acqua determina inoltre anche la linea di confine tra i Comuni di Dicomano e Rufina, scomponendo in due parti socialmente distinte il piccolo abitato di Contea. Proprio il fascino antico e inusuale di questo termine, stimola spontanee reminiscenze sul costume e sull’organizzazione territoriale del Mugello in epoca medievale, anche se il luogo vanta origini ben più remote.
Nel febbraio dell’anno 2000 infatti, durante lo sbancamento dei terreni per la costruzione di civili abitazioni nell’area di Sandetole, tornava alla luce uno splendido cippo funerario databile al VI-V secolo a. C. Questo elegante monolite di arenaria gialla, dal corpo prismatico e coronamento sferoidale ora conservato nel Museo Archeologico di Dicomano, era la prova inconfutabile di una notevole frequentazione umana della zona già in epoca etrusca. Il sito del fortunoso ritrovamento è collocato nell’area alluvionale antistante la collinetta che ospita il complesso monastico di San Giovanni Battista a Sandetole.
Il “Convento”, come lo identificano i locali, sorge in posizione dominante l’abitato di Contea, eretto sui resti dell’antichissima pieve di San Ditale, già documentata sul finire del X secolo. Il termine San Ditale, poi corrotto in Sandetole, sembra derivare dalla grande devozione per una reliquia del dito di San Biagio “legato in argento”, inizialmente conservata nel vicino e omonimo oratorio, poi traslata nella chiesa per la venerazione popolare. Ampliata e restaurata all’inizio dell’XI secolo, la pieve fu consacrata nel 1028 da Jacopo il Bavaro vescovo di Fiesole. Attorno il 1100 figurava tra i beni di Alberto di Tedicio dei Conti Guidi di Modigliana che proprio in quegli anni ne ricusava la proprietà offrendola agli eremiti di Camaldoli. Intitolata a San Giovanni Battista la pieve di Sandetole era matrice di ben dodici suffraganee tra le quali figuravano i nomi dei più eclatanti luoghi di culto del tempo, fra questi San Jacopo a Frascole, Santa Maria (poi Helena) a Rincine, la Badia di Agnano, San Lorenzo a Fornace, San Miniato a Montedomini.
All’inizio del Settecento l’edificio appariva in grave deperimento e bisognoso di restauri. Vi era poi nelle intenzioni dei maggiori organi clericali della Toscana, il desiderio di fondare in questa zona un convento di religiosi per “l’eterna cura delle bisognose anime del luogo.” Al tempo era pievano di Sandetole don Antonio Marsini che aveva in cura anche l’annesso oratorio di San Biagio, ed a lui fu chiesta la disponibilità a cedere l’oratorio per costruirvi il convento. Mosso da profondo e amorevole senso di carità, il prelato fu disponibile non solo alla cessione dell’oratorio ma addirittura dell’intera pieve di Sandetole. Ottenuto il consenso di Orazio Panciatichi, vescovo di Fiesole e di Cosimo III Granduca di Toscana, nel settembre del 1713 la pieve fu affidata di fatto ai Padri Minori Francescani che la riedificarono dotandola di un vasto impianto monastico. Questa inedita trasformazione avrebbe determinato la soppressione della pieve, avvenuta per decreto vescovile nel 1715, con pertinenze e funzioni spirituali trasferite alla chiesa di San Jacopo a Frascole, a sua volta divenuta pieve nel 1719. Il popolo di San Giovanni, era aggregato invece alla nuova chiesa sorta nel vicino oratorio di San Biagio e questo almeno fino al 1794, quando trascorse le soppressioni leopoldine, un nuovo decreto restituiva la cura delle anime all’antica pieve di Sandetole.
Nonostante le successive soppressioni napoleoniche e italiane, il XIX secolo fu il tempo dei grandi restauri per il complesso, ancora ad opera dei Francescani che vi si insediarono nuovamente nell’immediato periodo post unitario, restituendoci un impianto poco diverso da come lo vediamo oggi.
Gli ampi gradoni di una lunga scalinata si arrestano sul sagrato erboso della chiesa che si mostra con prospetto elegante, scandito da due ordini, con lesene e frontone superiore sagomato. Al centro del grande timpano sopra l’ingresso, campeggia il simbolo in pietra dell’Ordine Francescano mentre a destra della facciata, sopra la porta di accesso ai locali della canonica, una nicchia circolare ospita un busto acromo di San Francesco.
L’interno della chiesa è solenne, con volta a botte e pavimento di pietra e cotto. Ha pianta a croce latina e navata unica con cappelle laterali delimitate da arcate a tutto sesto a loro volta impreziosite da cornici dipinte in bicromia a motivi floreali.
Vi si contano ben sei altari laterali di pietra, tutti realizzati nella prima metà del Settecento. Sopra l’altare nella prima cappella di destra è collocato un Martirio di San Biagio, opera seicentesca di Orazio Fidani e nella seconda cappella il Transito di San Giuseppe, dipinto da Michele Pacini nel 1732. Sulla parete sinistra della navata, la prima cappella è dedicata a San Francesco con la statua del Santo collocata in una nicchia centinata.
A fianco dell’altare è l’accesso al piccolo ambiente del Fonte Battesimale, ricavato nella controfacciata e recentemente restaurato. Il secondo altare di sinistra ospita un olio su tela del 1738 di Mauro Soderini raffigurante l’Apparizione del Bambino a Sant’Antonio da Padova.
Altre due opere pittoriche ornano gli altari del transetto, rispettivamente a destra un San Francesco con San Luigi di Francia e Sant’Elisabetta d’Ungheria di scuola fiorentina del XVIII secolo e a sinistra un’Immacolata Concezione di Ranieri del Pace; dipinto del 1730 che ripropone il dogma dell’Apocalisse, con la Vergine vestita di sole, la corona di dodici stelle, i piedi sulla falce di luna e il drago simbolo del male. Al presbiterio si accede superando tre gradini sagomati.
L’Altar Maggiore di pietra è sovrastato da un notevole Crocifisso di cartapesta policroma. L’opera, collocabile in ambito toscano della seconda metà del XVII secolo, mostra singolari peculiarità artistiche, con tratti mossi da un’intensa drammaticità espressiva.
Sulle pareti ai lati della Mensa sono due tabernacoli per oli santi in pietra serena di raffinata esecuzione. Il più antico dei due manufatti risale all’ultimo quarto del XV secolo, mentre l’altro, murato sulla parete opposta a sinistra dell’Altar Maggiore, è di esecuzione più tarda, prossima alla prima metà del XX secolo.
Dietro l’Altar Maggiore si apre l’arioso coro con scranni lignei realizzato alla fine del XVII secolo. Sulla parete di fondo, al centro del coro, è sistemato un pregevole tabernacolo settecentesco intagliato e dorato, un tempo custode di una veneratissima icona mariana, ora purtroppo trafugata.
Nella parte superiore della parete tergale si apre una splendida vetrata policroma con la figura del Battista realizzata da padre Cecilio Poggi nel 1951, autore insieme a padre Atanasio Bernacchi, anche della vetrata sulla facciata della chiesa raffigurante San Francesco.
L’aula prende luce da altre quattro vetrate sagomate poste nella parte alta delle pareti laterali, raffiguranti Santa Margherita da Cortona, San Bernardino da Siena, San Leonardo e Sant’Elisabetta d’Ungheria, tutti mirabili interpreti del culto francescano.
Sul lato destro del presbiterio si apre l’accesso ai locali della sacrestia, semplici nell’architettura ma preziosi negli arredi lignei, realizzati in nella seconda metà del Settecento e caratterizzati da eleganti formelle di gusto devozionale e intagli raffinati.
Il complesso conventuale si appoggia sul fianco sinistro della chiesa. Completamente ristrutturato ha ormai perduto i propri caratteri originali di natura monastica e svolge oggi un semplice ruolo di accoglienza per ritiri spirituali, convegni, soggiorni per disabili, gruppi laici e religiosi. Tuttavia l’attento lavoro di restauro e di recupero ha permesso di conservare praticamente inalterate le caratteristiche architettoniche originali della struttura che ancora sa rilasciare il fascino e le atmosfere di un tempo, perfettamente percepibili nella serenità degli ambienti interni, nel grande cortile con il pozzo circolare di pietra o nel refettorio, dove compare in tutto il suo fascino, il grande affresco dell’Ultima cena di Ferdinando Folchi (XIX sec.) da poco restaurato e un tabernacolo settecentesco dell’Immacolata.
Massimo Certini
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 12 Dicembre 2021
Pingback: Il Filo – notizie dal Mugello » Il convento e la pieve di San Giovanni Battista a Sandetole