Il libro di Bellandi sulle pietre magiche di Firenzuola. Itinerari per scoprire il Museo Diffuso
FIRENZUOLA – Se fossi sindaco di Firenzuola o responsabile del Museo della Pietra Serena saluterei come una vera provvidenza la ricerca di Filippo Bellandi, che ha condensato il frutto delle sue esplorazioni estive in un bel volume dal titolo Le pietre magiche di Firenzuola. Sculture e decori con significati simbolici sulle case del territorio, realizzato dalla Edifir di Firenze con inappuntabile perizia editoriale.
Le recensioni pubblicate sul Filo (recensione di Sergio Moncelli) (recensione di Marco Pinelli) hanno già evidenziato il rigore documentario e l’approccio interdisciplinare che l’autore mostra nello studio di un’ottantina di manufatti lapidei, interpretati sotto il profilo simbolico più che ornamentale. C’è di più: Bellandi propone anche di andarli a vedere sul posto, nel loro ambiente originario, suggerendo dieci itinerari da percorrere in auto o a piedi con la visita di luoghi e monumenti in gran parte misconosciuti forse dagli stessi residenti.
Si tratta di una pubblicazione esemplare per il ruolo che deve svolgere il museo territoriale, sia esso legato alla rievocazione di antichi mestieri legati all’uso di risorse naturali (l’acqua, la pietra, il bosco), al mondo contadino (il lavoro dei campi) oppure alla religiosità popolare (i luoghi della fede e le opere d’arte di chiese e oratori).
Il Museo della Pietra Serena, istituito nel 1999 grazie al finanziamento con fondi europei, statali e regionali del progetto di Museo Diffuso ideato e promosso dalla Comunità Montana Mugello-Alto Mugello-Val di Sieve (oggi in eredità all’Unione Montana dei Comuni del Mugello) è ospitato nel seminterrato della Rocca di Firenzuola e documenta le tracce della secolare tradizione degli scalpellinai con l’esposizione degli strumenti e dei manufatti di uso quotidiano presenti nelle case contadine e nelle attività lavorative. I reperti più numerosi e anche artisticamente più pregevoli si trovano però disseminati sul vasto territorio comunale, nei palazzi e nelle abitazioni delle frazioni o dei casolari isolati, dove appunto testimoniano appieno la loro funzione e il loro significato. Non è un caso che la proposta di istituire un museo fu avanzata proprio da Giorgio Carli in un libro, edito nel 1989, dove si sottolineava l’importanza del patrimonio di pietra lavorata di questo Comune presentando i materiali, le tecniche di cavazione e un sintetico campionario di strutture architettoniche e di particolari elementi decorativi.
La rete dei musei del Mugello, rivitalizzati o costituiti ormai da più di vent’anni, poggia su una solida base ma non si può sottacere che talvolta scarseggia la consapevolezza del loro valore, sia da parte degli amministratori comunali che della popolazione. Pubblicazioni come quelle di Bellandi sono davvero salutari in quanto mostrano lo stretto rapporto che intercorre tra gli oggetti di una singola collezione e la zona circostante. Solo un’ottica miope può far pensare che i musei siano solo un mezzo per attrarre i turisti, trascurando il fatto che la loro principale missione è quella di rappresentare e rafforzare l’identità locale: servono in primo luogo a chi nel territorio ci vive e ci abita.
Adriano Gasparrini
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 5 dicembre 2021