“Pietre magiche di Firenzuola”, la recensione di Marco Pinelli
BORGO SAN LORENZO – Domenica 14 novembre alle 18:00, nell’ambito della manifestazione “Ingorgo letterario” che si svolgerà nella borghigiana villa Pecori Giraldi, Filippo Bellandi presenterà la sua ultima fatica di studioso e profondo conoscitore del Mugello: si tratta del volume intitolato “Le pietre magiche di Firenzuola. Sculture e decori con significati simbolici sulle case del territorio”, edito da Edifir.
Il libro è il frutto di una pluriennale, minuziosa e puntuale ricerca sul territorio e nel territorio di Firenzuola (impresa già di per sé notevole, vista la grande estensione della superficie comunale, a carattere prevalentemente montuoso, spesso impervia e ricoperta da una fitta vegetazione), alla scoperta di un aspetto originale e pressoché ignorato della presenza umana in quell’area dell’Alto Mugello, un tempo evidentemente più densamente popolata rispetto a oggi. Filippo Bellandi, infatti, ha rintracciato e documentato le pietre scolpite che si vedono in molti edifici del firenzuolino, setacciando palmo a palmo l’area e portando alla luce una realtà artigianale e culturale di estremo interesse e valore che ha segnato il territorio e della quale si rischia seriamente di perdere la traccia. Bellandi ci ha così rivelato un patrimonio diffuso di manufatti lapidei inseriti in una varietà di edifici rurali (molti dei quali abbandonati e minacciati dalla distruzione), caso anomalo nell’ambito del Mugello, peculiarità che l’autore spiega con le possibili influenze di aree limitrofe come quella pistoiese ed emiliano-romagnola.
Siamo in presenza di immagini e simboli appartenenti ad un repertorio iconografico e decorativo molteplice e vario rintracciato sui portoni, finestre, archi, architravi, pareti e angoli delle case, cappelle, mulini, muri ecc., in genere di non grande raffinatezza estetica, ma quasi sempre dotati di intenti che vanno oltre a quelli eminentemente decorativi, come ci spiega molto bene l’autore. Infatti, queste affascinanti e talvolta misteriose immagini nascondono significati simbolici che rimandano al desiderio di protezione dalle difficoltà e dai pericoli della vita e del lavoro (salute, clima, agricoltura e allevamento ecc.), in un contesto culturale caratterizzato anche dal sincretismo tra il mondo poagano e quello cristiano: questi eterogenei materiali assumono quindi, nella maggior parte dei casi, una funzione “magica”, nel senso che sono legati a significati e desideri la cui misteriosa realizzazione sfuggiva al diretto controllo degli uomini. Nel repertorio classificato da Bellandi, tuttavia, si riscontrono anche tipologie più direttamente collegate alla dimensione religiosa e al culto o a usi pratici, come nel caso degli stemmi familiari o delle mensole reggipalo, oppure della frequente ricorrenza del giglio, probabile allusione al dominio di Firenze su questo territorio.
Il volume è costituito da una parte introduttiva nella quale Bellandi, dopo aver illustrato la storia e l’impianto metodologico del suo studio, identifica e classifica le diverse tipologie dei vari manufatti litici, approfondendone anche l’origine e il significato, portando quindi il lettore all’interno di una cultura popolare che si alimentava di segni, simboli, miti e significati profondi. Se alcuni di questi simboli grafici, come la croce o il trigramma cristologico IHS, rimandano ad una precisa tradizione cristiana, altri come la stella o le teste sembrano di più complessa interpretazione (simboli solari e/o mariani nel primo caso, probabili significati apotropaici nel secondo) e affondano le loro radici in una cultura più popolare, come è il caso delle “mamme”, interessantissima e rara (Bellandi ne ha identificati solo due esemplari, schede nn. 12-13) tipologia di immagine propiziatoria di sicura antichissima origine, che rimanda alla fecondità, fertilità e abbondanza, qualità particolarmente care in una società agricola e pastorale. Ricco di spunti e di stimoli è anche il paragrafo dedicato agli autori e delle maestranze, rigorosamente anonimi, dei manufatti oggetto della ricerca e che l’autore ricollega, sia pure in via di ipotesi, alla presenza dei maestri comacini che, nei primi secoli del Basso Medioevo, potrebbero avere esteso la loro attività fino alle estreme propaggini meridionali del mondo padano e che potrebbero anche essere stati coinvolti nei cantieri messi in opera dagli Ubaldini, creando quindi una tradizione artigianale di lapicidi attivi in questo territorio. La sezione più corposa del volume è costituita dalla schedatura puntuale e dettagliata, fornita di documentazione fotografica, di 81 manufatti ordinati secondo le varie tipologie e localizzazioni e che si distribuiscono tra il XII e il XIX secolo, anche se, come riconosce lo stesso autore, la loro cronologia “ad annum” o generica non è sempre definibile con certezza. Nella maggior parte dei casi si tratta di lavori dalla fattura semplice e schematica, dal rilievo piatto o dalla superficie semplicemente incisa, frutto di una manualità artigianale, ma che non di rado appaiono dotati di un’apprezzabile forza espressiva, il cui linguaggio rimanda alla cultura popolare e contadina; tuttavia qualche manufatto rivela invece legami con la cultura “alta”, come la nota decorazione della pieve di Cornacchiaia (cfr. scheda n. 61) o i due peducci erratici di Piancaldoli (cfr. schede nn. 51-52), oppure l’interessante segno di Esculapio, riconducibile ad uno spedale legato alla non lontana abbazia di Moscheta (scheda n. 56). Lo studio si conclude con la proposta di una serie di dieci itinerari, corredati di cartografia di dettaglio, che consentono di andare alla ricerca diretta dei manufatti schedati e costituiscono anche un’occasione per delle belle escursioni nel vasto comune di Firenzuola.
Il lavoro del Bellandi giunge dunque ad arricchire e approfondire la conoscenza del nostro territorio e ha, tra i suoi numerosi meriti, quello di aver scoperto, documentato e studiato con la serietà e precisione dello studioso, ma con la chiarezza e piacevolezza della scrittura, un capitolo importante della cultura e della storia del Mugello, di aver fatto emergere un patrimonio di testimonianze materiali espressione di una cultura certamente popolare ma ricca e profonda, le cui radici risalgono a tempi molto lontani e che costituisce il tessuto connettivo della storia e delle più note e apprezzate emergenze culturali del nostro territorio.
Marco Pinelli
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – novembre 2021