Il meteorite di Piancaldoli
FIRENZUOLA – Il meteorite di Piancaldoli, un frammento di materia primordiale risalente alla formazione del sistema solare, è stato recentemente riconosciuto come uno dei reperti più inalterati della nebulosa solare. Questo meteorite, di soli due centimetri quadrati, è conservato nel Dipartimento di Scienze della Terra e del Mare di Palermo. La sua storia inizia il 10 agosto 1968, quando un bolide luminoso attraversò il cielo dell’Italia centrale, suscitando l’interesse di astrofili e ricercatori. Attraverso calcoli topografici, Mario Nuccio individuò la possibile area di caduta a Piancaldoli, portando alla scoperta del meteorite da parte di Nerio Cavina, che trovò frammenti sul suo tetto.
Le analisi condotte dal professor Marcello Carapezza e altri studiosi hanno rivelato che il meteorite è una condrite ordinaria classificata come LL3, con un basso contenuto di ferro e una composizione mineralogica non equilibrata. Negli anni ’80, fu riclassificato come LL3.4, ma nel 2018, dopo nuove analisi condotte in collaborazione con ricercatori francesi, la sua classificazione fu aggiornata a LL3.1, confermandone la rarità e l’integrità. Oggi, il meteorite di Piancaldoli è considerato uno dei più preziosi reperti per comprendere i processi chimici e fisici della formazione del sistema solare.
Come racconta il Professor Franco Foresta Martin, docente di Fisica e Astronomia dell’Università di Padova:
La storia prende l’avvio più di mezzo secolo fa, il 10 agosto del 1968, una data che astronomicamente coincide con l’incontro fra la Terra e lo sciame meteorico delle Perseidi, le famose stelle cadenti popolarmente note come “lacrime di San Lorenzo”. Sono esattamente le 20,14 di tempo medio dell’Europa Centrale quando un bolide luminoso come un quarto di Luna sfreccia nel cielo e s’impone all’attenzione di migliaia di persone nelle regioni dell’Italia centro-settentrionale, 2 fino all’altra parte dell’Adriatico, nell’ex Jugoslavia. Ne parlano giornali e televisioni e subito si formula l’ipotesi che un corpo meteorico sia penetrato nell’atmosfera, incendiandosi e generando quello spettacolare fenomeno. “Noi, a quel tempo, eravamo ancora studenti del corso di laurea in Geologia e non fummo testimoni diretti dell’evento –racconta il professor Nuccio–. Ma assieme ad altri studenti della Facoltà di Scienze appassionati di astronomia (Franco Foresta Martin, Luigi Razete ed Enrico Massaro), avevamo da poco partecipato alla fondazione dell’Unione Astrofili Italiani (UAI), un’associazione nazionale che organizza il lavoro di tanti studiosi di scienze del cielo sparsi in Italia. Fra i temi di ricerca avevamo inserito anche l’osservazione dei bolidi, col proposito di rintracciare il punto di caduta dei meteoriti che danno vita a questi fenomeni e tentare il recupero di possibili frammenti sparsi al suolo. Così ci attivammo subito per raccogliere le testimonianze dell’evento del 10 agosto”. In breve, grazie alla rete nazionale degli astrofili UAI, che contava adepti in tutte le regioni italiane, Palermo diventò il centro di raccolta delle testimonianze sulla traiettoria del bolide, così come era stato visto da varie località. Le comunicazioni arrivavano col telefono fisso o per posta ordinaria, dato che a quei tempi sia internet sia i cellulari erano ancora fantascienza. I più attivi nella raccolta delle testimonianze furono gli astrofili bolognesi, in particolare il loro presidente, dottor Luigi Baldinelli. Mario Nuccio, particolarmente versato in topografia, calcolò la possibile traiettoria di caduta, trovando che puntava dritta su una piccola frazione del comune di Firenzuola, nell’Appennino Toscano, dal nome di Piancaldoli. E da Palermo partì l’appello a cercare il meteorite in quella località, circa a metà strada tra Firenze e Bologna “La fortuna aiuta le menti preparate”, soleva ripetere Pasteur. I calcoli di Mario Nuccio si rivelarono così esatti che il signor Nerio Cavina, proprietario di una villetta da poco costruita a 6 km di distanza da Piancaldoli, venuto a conoscenza della “caccia al meteorite”, ripensò a un secco colpo sul tetto che aveva avvertito proprio la sera del 10 agosto. Salì su, trovò una tegola letteralmente bucata e qualche sasso con la superficie bruciacchiata. Era il meteorite? Solo le analisi avrebbero potuto confermarlo. Dimostrando un grande sensibilità per la ricerca scientifica, Cavina tenne un frammento del presunto meteorite per sé, e gli altri tre li affidò agli astrofili di Bologna, che li spedirono con pacchetto postale agli amici di Palermo. A questo punto, all’iniziativa degli studenti-astrofili palermitani si affiancò la macchina di ricerca dell’Istituto universitario di Mineralogia in via Archirafi. Mario Nuccio, ormai prossimo al completamento dei suoi studi universitari, su suggerimento dell’indimenticato professor Marcello Carapezza (1925-1987), titolare della cattedra di Geochimica Applicata, decise di studiare il meteorite come tema della sua tesi di laurea. Grazie al professor Carapezza, fu possibile integrare le indagini mineralogiche e petrografiche sui reperti del meteorite, con sofisticate analisi che coinvolsero anche la prestigiosa Smithsonian Institution di Washington e il CNR di Roma. Subito dopo la tesi di Nuccio, l’approfondimento delle ricerche analitiche sul meteorite portò ad alcune pubblicazioni e presentazioni a conferenze internazionali, cui si associò anche il giovane Mariano Valenza, purtroppo da poco scomparso (1947- 2018). I risultati di tutti questi studi sono patrimonio della letteratura scientifica: quanti fossero interessati ad approfondire l’argomento, potranno leggere i principali articoli sul meteorite di Piancaldoli sulle riviste scientifiche internazionali qui elencate nella bibliografia.
E, giacché abbiamo elencato molti degli aspetti rari ed esclusivi del meteorite di Piancaldoli, non possiamo tacere su uno che sembra proprio fatto apposta per sbalordire e far sorridere i ricercatori. Esaminando la morfologia delle micro- condrule al microscopio elettronico, se n’è evidenziata una che non ha uguali in letteratura: non la solita forma sferica o ovale, ma addirittura a guisa di pesciolino (Figura 6). La rivista “Meteoritics & Planetary Science” non ha potuto fare a meno di pubblicarla. Un persistente mistero del meteorite di Piancaldoli riguarda la sua provenienza. Essendo caduto sulla Terra la notte di San Lorenzo, sarebbe stato plausibile che fosse un frammento della cometa di Swift-Tuttle, progenitrice delle meteore Perseidi. Niente affatto: il suo radiante è estraneo a quello del famoso sciame d’agosto (Albino Carbognani, comunicazione personale). Il capitolo sul suo possibile parent-body dovrà ancora essere scritto.
Luca Varlani
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 17 Dicembre 2024
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Buongiorno, mi riferisco all’articolo del meteorite, perché da ragazzina ne sono stata testimone, con un ricordo ben scolpito nella memoria per la spettacolarità dell’evento. Mi trovavo sulle montagne pistoiesi con i miei genitori in vacanza e in quella notte, buia senza stelle, fui attraversata alle spalle da una luce quasi lunare, ma indescrivibile sulla terra: alzai la testa istintivamente e vidi un globo ovoidale enorme che attraversava velocemente la campagna fino a spengersi in una nube di fumo all’orizzonte. Ricordo che i telegiornali ne parlarono e si riferirono appunto ad un grosso meteorite, anzi bolide, entrato nella nostra atmosfera e disintegratosi in aria. Mi fa piacere leggere il vostro articolo, perché da tempo ricercavano notizie su questo grande evento, invano. Non sapevo che un frammento era stato raccolto! Ringrazio per le informazioni e saluto cordialmente. Grazzini Brunella