Il ragazzo di Molezzano e la nave ammiraglia
La prima guerra mondiale dilagò sul continente con effetti drammatici, imprevedibili. I protagonisti immaginavano un conflitto breve, e invece vissero lo scontro più lungo di ogni tempo. Fu soprattutto guerra di trincea. Terribile sul fronte francese, altrettanto cruenta sul fronte russo e su quello italo-austriaco. Meno nota la guerra sul mare, che pure vi fu. Il Mediterraneo venne solcato dalle navi delle potenze in conflitto proprio come al tempo della battaglia di Lepanto. Naturalmente l’impero asburgico vantava una flotta di tutto rispetto. Trieste, lo ricordo, era ancora viennese, e così lo erano diversi porti affacciati sull’Adriatico orientale. Buone navi e ottimi marinai, gente di mare che parlava dialetto veneziano o istriano, avvezza da secoli alla navigazione in tempo di pace e in tempo di guerra.
L’ammiraglia della flotta austriaca è la Santo Stefano. Porta il nome del santo cui è dedicata la cattedrale di Vienna. Si spera che quel battesimo la preservi da imboscate e cattivi presagi. E poi c’è un ragazzo cresciuto nella campagna di Vicchio, uno dei tanti intruppati nel regio esercito. Un bell’uomo, Armando Gori, sottufficiale nato a Molezzano da genitori proprietari di una trattoria dove pranzano commercianti e sensali della zona.
Cala la notte del 9 giugno 1918. La flotta imperiale muove da Paola diretta verso il canale di Otranto. Ha il compito di forzare il blocco sorvegliato dalle forze dell’Intesa. La corazzata Santo Stefano naviga protetta da altre imbarcazioni. Non si temono attacchi nemici. E invece dalle tenebre spunta una squadra italiana guidata dal capitano di corvetta Luigi Rizzo. È dalla moto silurante Mas 15 che Armando Gori, capo timoniere, fa esplodere il siluro che affonderà la nave prediletta dall’Imperatore.
Si trattò di un’azione di guerra straordinaria, dove alla pianificazione si sommò l’audacia individuale. Un’impresa che rinfrancò la truppa ed ebbe enorme risonanza nell’opinione pubblica.
Se Borgo celebrava il generale Pecori Giraldi, Vicchio festeggiava il suo eroe. A differenza del primo, appartenente ad una famiglia nobile, il secondo proveniva dal popolo, uno dei tanti soldati partiti dal profondo della campagna nel nome di una patria che spesso nemmeno conosceva. Quei ragazzi fecero il loro dovere con abnegazione, molti di loro non tornarono, chi tornò trovò ad aspettarlo la ‘spagnola’. Anche Armando non fu fortunato. La febbre gli portò via la ragazza proprio nell’anno in cui era asceso agli onori della patria.
La conferma che la fortuna è bigama. Talvolta non basta nemmeno vezzeggiarla per averla amica.
Riccardo Nencini
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 12 maggio 2019
Buongiorno,
Mi spiace per Nencini, ma Armando Gori è di Gattaia e non di Molezzano. Infatti è sepolto nel cimitero di Gattaia.
Scusate il campanilismo. Saluti.
Santoni Giocondo
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