“In Memoria Aeterna Erunt Justi”, il libro di Giovanni Brunori sulla cappella di Santa Cristina a Montazzi
BORGO SAN LORENZO – È stato da poco pubblicato un nuovo importante contributo alla conoscenza del Mugello, della sua arte e della sua storia. Si tratta del volume realizzato da Giovanni Brunori, dal titolo “La Cappella gentilizia di Santa Cristina. Architettura e storia di un antico luogo sacro del Mugello: dagli Ubaldini Da Rabatta ai Lapi, dai Borri ai Brunori Cerioni” (Edizioni ETS, Pisa, 2021, pp. 296).
L’autore, architetto e appartenente ad una delle più note famiglie borghigiane, un tempo proprietaria delle omonime fornaci, si è dedicato in quest’opera a ripercorrere le vicende della sua famiglia, o meglio delle famiglie da cui discende per tramandarne la memoria. L’opera è il frutto di un lungo, accurato e paziente lavoro di ricerca tra i documenti di famiglia, nelle biblioteche e nei principali archivi fiorentini, e ha il proprio baricentro, come è denunciato anche nel titolo, nella piccola cappella gentilizia di Santa Cristina al Castellare di Montazzi, che da “piccolo monumento sacro, ancorché secondario nel contesto di emergenze più note e pregnanti del territorio, va doverosamente rivalutato per fargli riacquistare quel valore storico, architettonico ed artistico che gli compete” (p. 257).
La cappella, in effetti, si rivela nello studio del Brunori un piccolo gioiello di architettura, un vero palinsesto secolare, sorta sui resti di una medievale torre degli Ubaldini da Rabatta nel XVII secolo per essere per essere ampliata nel 1721 da don Domenico Lapi, appartenente alla famiglia allora proprietaria. Passata in seguito alla famiglia Borri, una cui componente, infine, la portò in dote ai Brunori Ceroni, attuali proprietari.
Il volume si apre con un ampio capitolo dedicato al contesto territoriale in cui la cappella di Santa Cristina si trova, studiato anche attraverso il tempo per mezzo di un sapiente esame della cartografia moderna e storica, analizzando e riportando le più significative fonti documentarie e bibliografiche; in tal modo, gli argomenti che sono trattati in seguito non risultano avulsi da un preciso contesto territoriale e paesaggistico. Dopo un’attenta e puntuale ricostruzione delle vicende architettoniche del piccolo edificio, che riesce a svelarne i più intimi segreti e la significativa qualità architettonica rilevabile negli eleganti arredi lapidei interni, il testo presenta 18 schede relative alle lapidi sepolcrali di altrettanti membri delle famiglie Lapi, Borri e Brunori, tutte documentate con immagini fotografiche: in queste schede, attorno alle lapidi si snoda un percorso di memorie e di vite vissute che costituiscono il legame che attraversa le generazioni, un legame di affetti e di eventi, una eredità di pensieri e opere di evidente significato e che fa necessariamente tornare alla mente i potenti versi foscoliani dei Sepolcri.
La parte centrale del libro è costituita dalle biografie di tre illustri appartenenti alla famiglia Lapi, vale a dire, nientemeno che il grande Filippo Brunelleschi che, come ci dice l’architetto Brunori, portava il cognome Lapi, per seguire col vero e proprio microsaggio dedicato a Niccolò Lapi, interessante pittore del Settecento e quello su Emilio Lapi, allievo del Bezzuoli e anch’esso pittore di qualche valore, anche se sconosciuto ai più. Il volume è dotato quindi di un ampio capitolo interamente dedicato ad un affascinante e coinvolgente itinerario nel tempo e nello spazio che dal Medioevo ci conduce fino ai giorni nostri, dedicato alla ricostruzione delle biografie dei più importanti esponenti delle famiglie che nel corso del tempo sono state (e sono) legate alla alla cappella di Santa Cristina e che genealogicamente sono legate genealogicamente legate con l’autore: gli Ubaldini, i Lapi, i Borri e i Brunori Ceroni.
Nel ripercorrere, con dovizia di particolari e di puntuali riferimenti documentari le vicende biografiche dei molteplici personaggi, alcuni dei quali protagonisti di vicende romanzesche o particolarmente curiose, l’autore non trascura di inquadra di inquadrarle nel più ampio contesto della storia e della cultura in cui quei personaggi vissero e operarono, con suggestioni e spunti in molteplici direzioni. Particolare attenzione è riposta anche, comprensibilmente, agli antenati più prossimi di Giovanni Brunori: ne risultano pagine attraversate anche da un accento di affettuosa e familiare commozione, ma anche vivide di una narrazione capace di far riemergere alla memoria di molti borghigiani vicende e frealtà non troppo lontane nel tempo, come nel caso delle già ricordate fornaci Brunori che per quasi un secolo hanno rappresentato una delle più importanti attività economiche del territorio e le cui svettanti ciminiere sono ancora impresse nella memoria.
La parte conclusiva dello studio presenta anche una accattivante ricostruzione delle feste, dei riti e dei culti che riguardavano la cappella di Santa Cristina, intorno alla quale orbitava la vita di una intera comunità rurale, la cui perdita è almeno in parte risarcita da queste brevi ma dense pagine e dall’intenzione di ripristinare l’annuale celebrazione della festa della Santa titolare. Ne risulta quindi un complesso affresco in cui le storie individuali, comunque meritevoli di atttenzione e di essere ricordate, si stagliano su uno sfondo più generale, circostanza che aiuta a capire meglio fatti, circostanze, comportamenti ecc.
L’ampio volume, caratterizzato, peraltro, da una accurata veste editoriale, si qualifica anche per la piacevolezza della scrittura e per il ricco apparato iconografico, che si avvale anche delle foto d’epoca provenienti dalla collezione di Aldo Giovannini, dai rilievi dell’arch, Simone Testi e dai luminosi acquerelli dell’architetto Giovanna Slicovich, peraltro anche consorte dell’autore. Giovanni Brunori in questo volume, oltre che un omaggio alle sue radici familiari, intende consegnare alla memoria personale e, soprattutto collettiva, un patrimonio di esperienze e di vita vissuta, che costituisce un sistema di valori utile per conoscere meglio il passato, una conoscenza indispensabile per proiettarsi verso il futuro, operazione tanto più importante in un’epoca, la nostra, che sembra priva di una vera visione in prospettiva e sospesa in un perenne presente.
Marco Pinelli
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 15 Giugno 2022