La cupola della cappella della Misericordia di Vicchio
VICCHIO – Quando e chi ha dipinto l’illusionistica cupola della Misericordia di Vicchio?
Gli articoli pubblicati dal Filo sulla cappella della Misericordia di Vicchio mettono un punto fermo sull’epoca della sua costruzione, terminata nel 1815 e non all’inizio del Seicento, come erroneamente indicato in tutte le guide (articolo qui). L’equivoco è originato dal fatto che si è confuso l’oratorio della soppressa Compagnia della SS. Annunziata (1607-1785), situato accanto alla chiesa nella piazza centrale del paese, con la Compagnia del Sacramento e di Gesù Morto che all’atto della sua ricostituzione (1798) si era impegnata a trovare una sede adeguata al venerato simulacro in cera del corpo del Cristo, realizzato da Clemente Susini e poi benedetto dal papa Pio VI durante il suo forzato soggiorno nella Certosa di Firenze.
Indubbiamente a mettere fuori strada anche autorevoli critici d’arte è stata la pregevole decorazione, dipinta nel 1930 nelle pareti e sulla volta del presbiterio, dove si ravvisano i tipici caratteri del quadraturismo sei-settecentesco. Ma chi ne è l’autore? Chiariamo una volta per tutte la questione.
Non abbiamo testimonianze visive sulle decorazioni presenti all’interno dell’edificio prima che il violento terremoto del 29 giugno 1919 facesse crollare la volta lesionando l’intera struttura. Solo una cartolina dei primi anni del Novecento ci mostra la facciata, che si presenta priva di orpelli, con il portone sormontato da una lunga finestra e il tetto a capanna su cui si erge un piccolo campanile a vela.
Certamente i danni provocati dal sisma furono consistenti ma i confratelli della Misericordia raccolsero i fondi e le offerte per dare il via ai lavori di restauro e così l’oratorio fu riaperto, completamente rinnovato nelle sue linee esterne ed interne, il 21 aprile 1930. Il cronista del settimanale “Il Messaggero del Mugello” relazionava sui solenni festeggiamenti esaltando le decorazioni pittoriche del professore Donatello Bianchini che “con la sua ben nota valentia” aveva saputo trasformare la vecchia chiesa “in una superba e ammirata cappella” (era da poco divenuto docente onorario dell’Accademia delle Arti e del Disegno di Firenze).
La decorazione della cupola della Misericordia di Vicchio è tornata recentemente alla ribalta perché la professoressa Monica Lusoli ne ha fatto oggetto di un intervento in un convegno internazionale di studi sul quadraturismo tenutosi a Firenze nel 2018. Lo si può leggere anche on line nel volume dal titolo “L’architettura dipinta: storia, conservazione e rappresentazione digitale” edito nel 2020 dall’ateneo fiorentino.
Nel testo si ripercorrono le diverse fasi della storia dell’oratorio osservando prima di tutto come l’impiego della finta cupola fosse imposto nell’edificio dalle norme antisismiche. L’artista-scenografo – si nota – ha seguito alla lettera i classici canoni del quadraturismo sei-settecentesco (al punto da trarre in inganno anche l’occhio esperto, aggiungiamo noi!) realizzando illusionisticamente un cielo lattiginoso popolato da putti svolazzanti, che scendono verso l’aula attorniati da nuvolette e che nel loro volo sorreggono un cartiglio recante la scritta “Beati misericordes”.
Lusoli riconosce a questo pittore una «coerenza compositiva certamente ottenuta dall’uso di espedienti prospettici e psicologici», pur rimanendo nel dubbio se attribuirla alla matura conoscenza del quadraturismo storico oppure alla sua vocazione di scenografo. Non a caso in occasione della mostra sul Giardino Italiano, allestita nel Palazzo Vecchio l’anno dopo, fu chiesto al Bianchini di illustrare, sotto forma di diorama, ben dieci tipi di giardino e poi di decorare, insieme a Dino Tofani, la lanterna del soffitto del Teatro Comunale del Maggio Musicale Fiorentino, aperto nel 1933. Persino un commediografo di fama come Giovacchino Forzano ricorse a lui per la sceneggiatura del film “Coup de vent” di Jean Dréville (1936).
Al di là del suo indubbio valore, la cupola della Misericordia di Vicchio è dunque un’opera che ha il pregio di documentare l’attività di un artista sicuramente non di primo piano ma tutt’altro che insignificante nella Firenze artistica di quel periodo.
Adriano Gasparrini
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 24 dicembre 2021
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