La pieve di Santa Maria a Dicomano

Pieve di Santa Maria a Dicomano-Facciata
La chiesa sorge in posizione sopraelevata al culmine di una collinetta posta a nord-ovest del borgo di Dicomano. Un luogo geograficamente privilegiato e adatto ad ospitare una fortificazione ed un edificio di culto.
Proprio sulle rovine di un preesistente tempio pagano sembra aver preso forma la primitiva basilica, eretta tra V e VI secolo, momento concomitante con la cristianizzazione del nostro territorio e con la costruzione delle pievi più antiche del Mugello. La prima citazione documentata relativa alla pieve risale al 25 novembre del 1136 leggibile in una pergamena conservata nell’Archivio di Stato fiorentino, dove appare nominata come Santa Maria in Comano, pertinente al Capitolo del Duomo.
Nel suo vastissimo piviere erano comprese ben otto suffraganee e fra queste San Jacopo a Orticaia, Sant’Andrea a Samprognano o Riconi, San Bartolo in Castello, Santo Stefano a Vicolagna, Santa Croce al Santo Nuovo, San Donato a Villa, San Donnino a Celle e San Pietro a Fostia.

La torre campanaria
Al tempo doveva erigersi accanto alla chiesa anche il Castrum Decumani, il forte che i Conti Guidi avevano ceduto alla Mensa vescovile fiorentina già all’inizio dell’XI secolo. Di quella struttura fortificata resta ancora l’alta e possente torre quadrangolare, oggi adibita a campanile. Crollata in parte nel XIV secolo, la torre fu ricostruita con forme e geometrie singolari, caratterizzata dalla parte sommitale obliqua, munita di campaniletto a vela, con la campana maggiore recante lo stemma del Conte Guido da Battifolle e la data di fusione, 1371.
La prima metà del Cinquecento si sarebbe rivelata come il tempo dei grandi restauri per la pieve. Proprio questo periodo infatti, è indicativo per l’inversione dell’orientamento dell’edificio, con la chiusura dell’ingresso originale volto a mezzogiorno e la realizzazione del nuovo accesso a settentrione tutt’ora utilizzato.
Il terremoto del 13 giugno 1542 provocò gravissimi danni alla chiesa, privandola della vela del campanile, mai più ricostruita e cancellando all’interno ogni elemento della sua architettura primitiva. Nella successiva ricostruzione l’aula fu divisa in tre navate con pilastri e pareti intonacate e finalmente fu riconsacrata da Mons. Antonio Altoviti vescovo di Firenze, il 13 maggio 1568.
Altri interventi conservativi furono compiuti dal pievano Guiducci nel 1740, anche se un nuovo terremoto, quello del 29 giugno 1919, avrebbe nuovamente semidistrutto l’edificio.
Ad Ezio Cerpi, commendatore ed architetto delle Belle Arti, fu affidato il delicatissimo intervento di restauro, che il tecnico eseguì secondo una personale interpretazione architettonica, adattando la struttura originale ad inedite linee medievalizzanti. La pieve fu riaperta al culto nel 1924 nell’aspetto che tuttora ci appare.
La facciata, caratterizzata da un paramento di bozze irregolari a vista, rivela la struttura a tre navate coperte da quattro spioventi. L’ingresso è protetto da una piccola tettoia a sua volta sormontata dal classico rosone a rulli. Sulla trabeazione del portale è l’emblema dei Soderini affiancato da due gigli di Firenze.

Stemma dei Soderini sopra la porta d’ingresso
Lo stemma, che riporta fedelmente i motivi araldici dei tre “massacri” di cervo, è sormontato dal simbolo pontificio delle chiavi decussate, privilegio riconosciuto alla famiglia dopo il 1464 e probabilmente apposto sul portale con il grande restauro d’inizio Cinquecento, durante il plebato di Francesco Soderini.

Pieve di Santa Maria-Notturno
Sulla sinistra della facciata si eleva il massiccio campanile, la cui struttura inusuale conferisce al complesso un senso di grande compattezza e solidità.
L’interno, arioso ed elegante, offre un colpo d’occhio di forte suggestione, con la navata centrale esaltata dalla ruvida nudità della pietra a vista che ben si adatta agli archi ed ai pilastri che delimitano le navate. Le pareti laterali appaiono invece intonacate.

Pieve di Santa Maria a Dicomano-Interno
Tra gli archi della navata sinistra, in prossimità della porta di accesso al chiostro, è collocato lo splendido pulpito di pietra serena con incisioni e bassorilievo raffigurante la Fontana della Vita e del Verbo, opera realizzata da maestranze toscane verso la fine del Seicento.

Pulpito in pietra serena, Secolo XVII

Altar Maggiore
L’Altar Maggiore occupa il centro del presbiterio e fu realizzato nel 1961 su disegno di Lando Bartoli. Sul lato destro dell’altare è un notevole crocifisso ligneo seicentesco donato alla pieve nel 1888 e costituisce uno dei maggiori elementi di pregio artistico che arricchiscono l’aula, oggi ritenuta come vero e proprio scrigno d’arte, dove accanto alle opere originali della pieve, se ne possono ammirare altre provenienti dalle soppresse suffraganee del piviere.

Madonna col Bambino e Santi-Ventura del Moro, Sec. XV
In un ordinato ed ipotetico itinerario espositivo percorribile in senso orario, abbiamo sulla parete sinistra entrando in chiesa, una Madonna col Bambino fra i Santi Antonio Abate e Pietro. Il trittico, una tempera su tavola databile al XV secolo, è attribuito a Ventura del Moro e proviene dalla scomparsa chiesetta di san Pietro a Fostia.
Sempre sulla parete della navata sinistra, dietro al pulpito, è una Madonna in trono col Bambino e i Santi Stefano, Antonio Abate, Pietro, Paolo e Girolamo. Olio su tavola del XVI secolo attribuito alla scuola del Ghirlandaio proveniente dalla chiesa di Santo Stefano a Vicolagna.

Madonna in trono col Bambino e Santi-Scuola del Ghirlandaio, Sec.XVI
Nel presbiterio è invece un Cristo deposto e la Vergine orante; tavola ad olio del XVI secolo ispirata ad un’opera di Michelangelo proveniente da San Donnino a Celle.

Cristo deposto e la Vergine Orante-Sec. XVI
Sulla parete absidale a sinistra dell’Altar Maggiore, è invece la Madonna del Carmine eseguita da Giovambattista Naldini nel XVI secolo. L’olio su tavola raccolto da una cornice centinata, raffigura la Vergine col Bambino fra Santa Caterina d’Alessandria, San Paolo, Antonio abate, Giuseppe, Francesco d’Assisi e Giovanni Battista.

Madonna del Carmine-Giovanbattista Naldini, XVI secolo
Dietro l’Altar Maggiore è appesa l’imponente tela (4 metri x 2,50) della Vergine Assunta eseguita da Francesco Curradi nel 1613 su commissione del pievano Lorenzo Teri, come si legge nella parte inferiore della cornice baroccheggiante. Alla sinistra del quadro è collocato il tabernacolo per l’olio degli infermi, raffinato esempio di terracotta policroma di scuola robbiana datato alla metà del XVI secolo.

Vergine Assunta-Francesco Curradi, 1613

Tabernacolo – Bottega di Giovanni Della Robbia, Sec.XVI
Ancora sulla facciata, a destra dell’Altar Maggiore, in una ricca ed elaborata cornice lignea datata 1598, è collocata la Natività di Gesù Cristo, olio su tavola eseguito da Cosimo Gamberucci nel 1595 su commissione della famiglia Delle Pozze, il cui emblema campeggia sul bordo sinistro della cornice.

Natività di Gesù Cristo-Cosimo Gamberucci, 1595
Proseguendo in senso orario, abbiamo sempre sulla parete della navata destra, la Vergine del Santo Rosario fra i Santi Domenico, Francesco, Sebastiano, Caterina da Siena, Marta e Maria¸ opera di Santi di Tito eseguita nel secolo XVI. Il dipinto, olio su tavola è raccolto in una splendida cornice intagliata recante le miniature dei quindici misteri del rosario.

Madonna del Rosario-Santi di Tito, XVI Secolo
Da San Donnino a Celle proviene invece la tela di Agostino Melissi datata 1648 raffigurante San Donnino martire con la Madonna in gloria e Santi.

San Donnino martire con la Madonna in gloria e Santi-Agostino Melissi 1648

Sposalizio di San Giovacchino e Sant’Anna-Santi di Buglione 1530
Di forte impatto cromatico è invece l’elegante terracotta invetriata attribuita a Santi di Buglione. L’opera che rappresenta lo Sposalizio di San Giovacchino e Sant’Anna,¸fu realizzata attorno il 1530 e costituisce uno dei rari elementi di arredo precedenti il terremoto del 1542.
Proviene da San Martino a Corella la Santa Caterina d’Alessandria di Lorenzo Lippi, olio su tela datato 1629.

Santa Caterina d’Alessandria-Lorenzo Lippi, 1629
Sulla controfacciata è infine una Vergine con i Santi Giacomo di Compostela apostolo e Romualdo abate. Il quadro, appartenuto alla chiesa di San Jacopo a Orticaia, è opera di Giacomo Conti che lo avrebbe dipinto sul finire del XIX secolo.

Vergine e i Santi Giacomo e Romualdo-Giacomo Conti, XIX secolo
Altre opere pittoriche conservate in canonica completano l’arredo sacro della pieve; fra queste sono da segnalare un tondo di terracotta invetriata attribuibile ad Andrea della Robbia appartenuto alla chiesa scomparsa di Santa Croce al Santo Nuovo ed un raffinato reliquiario con base d’ebano sulla quale poggia un angelo in bronzo che sostiene un’urna esagonale contenente le reliquie di vari Santi.

Reliquiario in bronzo con base d’ebano, Sec. XVIII

Il chiostro seicentesco
Sul fianco sinistro della pieve si apre l’arioso chiostro seicentesco restaurato nel 1975, mentre altri restauri sono stati recentemente eseguiti nella parte inferiore del complesso, adeguando gli ambienti alle esigenze e alla funzionalità dei nostri tempi.
Scheda e foto di Massimo Certini
Divieto di riproduzione – © Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 17 Febbraio 2020