La storia di un gruppo di giovani rontesi durante la Resistenza nel libro-diario di Fulvio Tucci
BORGO SAN LORENZO – Si intitola “Imparammo a conoscerci così… quasi per istinto. La seconda Brigata Rosselli di Giustizia e Libertà in Mugello”, ed è il libro delle memorie di Fulvio Tucci, noto imprenditore mugellano, scomparso nel 1967. Tucci, insieme ad altri coetanei della frazione borghigiana di Ronta, furono i protagonisti di una pagina della Resistenza mugellana, formando un gruppo che poi divenne la seconda Brigata Rosselli di Giustizia e Libertà.
Lo scritto di Tucci è una sorta di diario-racconto nel quale l’autore ripercorre le tappe di una coinvolgente avventura di libertà, che ebbe come protagonisti ragazzi coraggiosi e forse un po’ incoscienti, almeno quel tanto che occorre per condividere una scelta difficile e radicale. Ragazzi che intuirono immediatamente il valore morale del loro antifascismo ed ebbero chiara consapevolezza dei rischi che correvano (“la morte la consideravamo una vicina di casa, poteva farci visita da un momento all’altro, ma era radicato nei più il proposito di farle onore se fosse venuta”), ma che furono pur sempre “allegri e scanzonati” come possono esserlo giovani di poco più di ent’anni, anche quando si trovino, d’improvviso, alle prese con la Storia.
Il libro è in vendita nelle librerie di Borgo San Lorenzo e sulle piattaforme online (Amazon, IBS, Libraccio, Feltrinelli, Mondadori…). E questa è la prefazione scritta da Nicoletta e Francesco Tucci.
Questa la prefazione del libro:
Nell’autunno del 1943 a Ronta, in Mugello, un gruppo di ragazzi giovanissimi, coraggiosi, sognatori e forse “un po’ incoscienti”, costituì in pochi giorni una banda di ribelli, come amavano definirsi, che di lì a poco sarebbe diventata la seconda Brigata Rosselli di Giustizia e Libertà.
La scelta di agire contro il fascismo, che si stava riorganizzando sotto l’egida degli occupanti tedeschi, maturò in quei giovani ben prima dell’acquisizione di una chiara coscienza politica, come atto di ribellione alle imposizioni, alla prepotenza, all’oppressione materiale e morale. Furono il gusto per una libertà politica presagita, ma mai sperimentata da adolescenti cresciuti sotto il regime, l’amicizia profonda che univa questi ragazzi e queste ragazze e un genuino ideale di giustizia e di fratellanza ad originare e alimentare il desiderio di condividere un sogno, un’utopia e di contribuire attivamente alla lotta di Liberazione.
Tra i ragazzi di Ronta, Fulvio Tucci, “piedi in terra, testa fra le nuvole”, come lo definì il suo grande amico e compagno di lotta Bruno Piancastelli, e come tutti l’hanno conosciuto, era l’unico che poteva vantare una minima formazione politica per i contatti che aveva stabilito, da studente di chimica all’Università di Firenze, con gli ambienti liberalsocialisti della città e in particolare con Eleonora Benveduti Turziani, figura di spicco dell’azionismo fiorentino. Per questo i suoi compagni lo considerarono in quei mesi il capo politico del gruppo.
Queste pagine, scritte alcuni anni dopo gli eventi, raccontano le tappe di una coinvolgente avventura e ci descrivono dei giovani capaci di assumersi tremende responsabilità (“in fondo, si rischiò solo di morire”) ma anche allegri e scanzonati come possono esserlo ragazzi di poco più di vent’anni. Ragazzi che, come ebbe a sottolineare ancora Piancastelli, forse “fecero poco rispetto a tanti altri, ma rischiarono moltissimo” e certamente, come scrive Fulvio, “impararono a conoscersi così, quasi per istinto” e intuirono immediatamente il valore morale della loro scelta di campo per la democrazia.
In breve tempo, dunque, un piccolo gruppo di amici divenne una vera formazione partigiana, collegata al Partito d’Azione e al Comitato Toscano di Liberazione Nazionale. Fu conosciuta anche come “la banda di Rio”, il ligure Sirio Biso, un leggendario combattente, come apparve ai ragazzi di Ronta. Esule in Francia insieme al padre perseguitato dagli squadristi, Rio era entrato in contatto con i fratelli Rosselli ed Emilio Lussu e nel ’36 aveva difeso la Repubblica Spagnola nella guerra civile, proprio nella Sezione italiana della “Colonna Ascaso”, guidata da Carlo Rosselli. Successivamente, dopo un periodo di dura prigionia in Francia e di confino a Ventotene, era entrato nelle squadre cittadine di GL a Firenze e si era distinto in numerose azioni contro i tedeschi e i militi fascisti. Ma in seguito ad un fallito attentato al maggiore Carità, il capo dei torturatori di “Villa Triste”, braccato dalla questura e dal Reparto servizi speciali, fu costretto a rifugiarsi in Mugello dove assunse il comando militare della seconda Brigata Rosselli. Dopo la vittoriosa Battaglia di Firenze questo spirito indomabile, che non ha mai ottenuto i riconoscimenti che avrebbe meritato, si fece paracadutare al nord, nei pressi di Vicenza, per proseguire la lotta fino alla liberazione dell’Italia.
Nel racconto si percepiscono la stima e il rispetto dei ragazzi di Ronta per questo personaggio “pieno di storia” che, nonostante un carattere a tratti ruvido e spigoloso, sedimento di una vita rocambolesca, piena di rischi e di dure prove, stabilì un legame di amicizia con tutti i giovani del gruppo e in particolare proprio con Fulvio, frequentando per molti giorni la sua casa e la sua famiglia.
Differenti tipi umani attraversano la scena di questo pur breve diario-racconto: il riflessivo e l’impulsivo, il timido e lo spaccone, il taciturno e il logorroico, l’imbranato e lo spavaldo, l’esitante e il risoluto, il coraggioso e il pavido. Figure così diverse che però, come i piccoli frammenti di vetro di un caleidoscopio, d’improvviso formano un disegno regolare e armonioso, quando scoprono un’appartenenza ideale e una meta comuni.
Fulvio (nome di battaglia Vieri), perfettamente consapevole delle fragilità e dei limiti di ogni essere umano, a partire da se stesso, non indulge mai alla retorica del “tutti eroi, tutti santi”. Anche per questo, accanto al tono serio e riflessivo per interpretare un passaggio storico cruciale, a quello più intimo, per dar voce al proprio universo affettivo ed emotivo, a quello drammatico, per descrivere e connotare eventi che, soprattutto per lui, furono carichi di sofferenze e di lutti, non mancano momenti nei quali prevalgono una vena pungente e umoristica o uno sguardo disincantato, quando si tratta di narrare le piccole e talvolta sgangherate gesta quotidiane di questo gruppo di ragazzi giovanissimi alle prese con la Storia. Ma l’ironia di Fulvio – spirito bernescante che soleva comporre versi in ottava rima per prendere in giro gli amici – non ha certo l’effetto di sminuire il valore di quella irripetibile esperienza; semmai il risultato è quello di esaltarne l’autenticità e di far emergere l’umanità di quel gruppo di giovani protagonisti di una grande avventura di libertà.
La narrazione puntuale delle vicende della seconda Rosselli si ferma al maggio del ’44 perché Fulvio, per le tragiche conseguenze del bombardamento di Ronta, che aveva provocato la morte della madre e del fratello di sedici anni e distrutto la sua casa, e per le sue precarie condizioni di salute, non seguì la formazione su Monte Giovi e poi alla Battaglia di Firenze, ma scese direttamente in città per mettersi a disposizione del Comando militare della IV zona.
Può darsi che in alcuni passaggi del racconto, soprattutto nei dialoghi, i fatti siano stati lievemente ritoccati o enfatizzati per esigenze di equilibrio narrativo, per l’inevitabile assunzione di un punto di vista personale e per gli effetti ricostruttivi della memoria. Tuttavia, nella sostanza, quello che si racconta in queste pagine è tutto realmente accaduto.
Nicoletta e Francesco Tucci