
VICCHIO – I luoghi di culto dedicati alla Madonna appaiono disseminati in modo capillare in ogni angolo della nostra terra. Spesso si tratta di oratori o piccoli templi e che hanno segnato in maniera profonda precisi periodi di storia in comunità grandi e piccole, chiesette che nonostante un ruolo apparentemente marginale, hanno ricevuto dal popolo un’ attenzione ed una devozione quasi morbose, talvolta in grado di assumere dimensioni di enorme valore cristiano e spirituale. Le loro origini si uniscono spesso ad eventi singolari, episodi sospesi fra mito e realtà che esaltano la fantasia e stimolano la fede, tutti elementi che trovano riferimento nella tradizione popolare più antica e nel costume di molti popoli del Mugello.
Anche l’oratorio di Meleto a Villore sembra appartenere a questo contesto particolare, dove la devozione alla Madonna appare intimamente legata alla quotidianità di molte generazioni. Leggenda vuole che un’immagine della Vergine scomparisse ripetutamente dalla parrocchia di San Lorenzo dove era custodita, per essere ritrovata appesa ad un melo in un frutteto prossimo alla confluenza del Fosso del Faeto con il Torrente Botena. Per questo motivo i fedeli avrebbero costruito una prima fabbrica nel luogo del ritrovamento miracoloso.
In realtà le origini dell’oratorio hanno ben altra natura e si intrecciano con l’opera di Lorenzo Bernardi, componente una delle famiglie più facoltose della zona, che già nel secondo Cinquecento aveva eretto un tabernacolo o Maestà accanto al crocevia della strada che sale alla parrocchiale di San Lorenzo, munendolo di una terracotta della Madonna col Bambino, in memoria del figlioletto annegato nel Faeto.
Il luogo divenne immediatamente oggetto di grande venerazione per l’immagine che custodiva ritenuta miracolosa, dando origine ad un assiduo pellegrinaggio di fedeli che vi giungevano da varie parti del Mugello per chiedere grazia, soprattutto nei periodi di siccità. La frequenza dei devoti era divenuta tale che appariva di urgente necessità la costruzione di un oratorio pubblico. Ancora grazie all’opera dei Bernardi e alle offerte dei fedeli, fu possibile realizzare una nuova fabbrica, eretta nel terreno donato dai Giannelli, altra famiglia fra le più agiate di Villore. I lavori di costruzione iniziarono nel 1652 ma solo nel 1659 fu possibile assistere alle prime funzioni liturgiche.
I Villoresi disponevano ora di un nuovo spazio di preghiera, un luogo di culto a cui fu attribuita da subito grande importanza divenendo lo stesso sede abituale delle celebrazioni. Una chiesetta ideale per la venerazione della Madonna la cui immagine miracolosa protetta da un baldacchino azzurro, era tenuta costantemente coperta da un velo, alzato solo per la festa dell’Assunzione o per la richiesta di grazie. Nel 1685 i Bernardi eressero in chiesa l’altare dedicato alla Madonna della Neve, al quale se ne sarebbe aggiunto un altro intitolato a San Giuseppe sul finire del secolo.
Verso la metà del Settecento, l’oratorio costruito in origine ad una sola navata, fu ampliato e munito delle navate laterali. All’esterno fu realizzato un elegante loggiato sostenuto da pilastri, purtroppo andato perduto con il devastante terremoto del 1919. Il porticato non fu mai ricostruito, ma sostituito prima da una balaustra in muratura e poi dall’attuale ringhiera in ferro battuto, collocata negli ultimi anni quaranta del Novecento.
Poco è cambiato dunque nell’aspetto della chiesa che vediamo oggi. Chi vi giunge lungo la via proveniente da Vicchio, percepisce immediatamente l’aspetto grazioso del piccolo complesso, coperto a quattro spioventi e adagiato nel piccolo avvallamento che precede il ponte sul Botena.

Prima di entrare in chiesa è lecito soffermarsi sul fianco ovest, per ammirare un’immagine parietale protetta da una piccola tettoia, della Madonna col Bambino dipinta da Marco Chiarini nel 2007.

La facciata è elegante con pietrami che disegnano le porte laterali e le finestrelle mistilinee. Il portale è sormontato da un timpano interrotto dal simbolo di San Bernardino, così caro alla devozione popolare e praticamente adottato come dogma del pensiero cristiano in molti luoghi di culto costruiti in quel periodo. Sulla trave è invece scolpita l’epigrafe “di limosine fatte da devoti di Maria A.D. MDCLII.”

La porta d’ingresso è di legno, finemente scolpita a motivi ornamentali dal Banchi, artigiano locale da tutti affettuosamente conosciuto come “Pintale”.

Accanto all’ingresso c’è una piccola nicchia di pietra per la raccolta delle elemosine.

Il campaniletto a vela con due campane poggia sul colmo, nella parte anteriore della facciata e reca la data 1871, forse riferita ad un restauro o al consolidamento dell’esile struttura.

L’interno è a tre navate, scandito da due sole arcate per lato. Sopra l’arco trionfale che divide l’aula dal presbiterio, campeggia l’epigrafe: ”tu honorificentia populi nostri”, tu sei titolo onorifico del nostro popolo. L’Altar Maggiore in muratura è rialzato di un gradino e disposto secondo le esigenze liturgiche della riforma conciliare; nel cartiglio frontale si legge: “la fede popolare dedicò alla Vergine Assunta di Meleto”.

A lato dell’arco trionfale, sulla testata della navata destra si colloca il tabernacolo per il Santissimo, mentre nella stessa posizione, ma sul lato sinistro dell’arcata c’è un Crocifisso in cartapesta del XVIII secolo.

Il presbiterio si conclude in un’ampia scarsella finemente decorata con pitture murali eseguite dalla pittrice Liana Dani. L’opera si propone con angoli decorati da alberi di melo e con una serie di putti fra le nubi che recano frutti all’immagine della Vergine posta al centro della scarsella.

Questa piccola immagine della Madonna col Bambino in terracotta policroma, sostituisce l’opera originale trafugata nel 1972.

Sulla parete destra del presbiterio è stato recentemente collocato il frammento ritrovato dell’Angelo Annunziante. Il dipinto è parte smembrata di un’Annunciazione attribuita all’Allori trafugata nel 1996 da un altare laterale della pieve di San Lorenzo.


Alla scuola dell’Allori sembrano appartenere anche i due dipinti posti sulle testate delle navate laterali, riferibili ad un’Annunciazione e a una Sacra Famiglia. Nella navata sinistra, sotto il dipinto dell’Annunciazione, si può ammirare un Cristo deposto in terracotta policroma proveniente dalla pieve di San Lorenzo a Villore.

Sulla parete laterale della stessa navata è appeso un mosaico di Monica Pieranti che riproduce l’immagine dell’Angelo estrapolata dal celebre mosaico della Navicella disegnato da Giotto. In posizione contrapposta, sulla parete della navata destra, è posto un altro Crocifisso appartenuto alla pieve di San Lorenzo.


In sacrestia si conserva uno stendardo processionale in seta della Madonna col Bambino donato dalla famiglia Avvenuti nel 1927 e un Sacro Cuore dipinto da Ferdinando Folchi, proveniente dalla chiesa di San Piero a Pimaggiore.
Massimo Certini
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 11 novembre 2024
1 commento
Bravo Massimo descrivi quello che rimane delle chiese del Mugello con capacità e perizia io le leggo sempre volentieri Saluti