BARBERINO DI MUGELLO – Sabato 21 dicembre, nella sala Vangi del Palazzo pretorio di Barberino, si è svolta la presentazione del volume Chiese, cappelle e oratori di Barberino del Mugello e del suo territorio, pubblicato dagli Editori dell’Acero su iniziativa dell’Auser Mugello e dell’amministrazione comunale di Barberino.
Il volume, che si sviluppa in ben 311 pagine, costituisce la terza “perla” di una collana avviata ormai anni fa, frutto di un progetto nato all’interno dei corsi dell’Auser Mugello e finalizzata alla realizzazione di una “mappatura” dei segni del sacro all’interno dell’area mugellana, attraverso ricerche svolte secondo la logica della educazione per gli adulti.
In generale, il progetto si impone due finalità: realizzare uno studio accurato e attuale della situazione delle chiese del territorio, descrivendone lo stato attuale e ricostruendone le vicende storiche, artistiche e del culto, utilizzando come unità territoriale di riferimento quella degli antichi pivieri; introdurre, con la guida di studiosi ed esperti, persone interessate e appassionate ma non necessariamente esperte, ai metodi della ricerca storia e artistica, anche attraverso il lavoro in gruppo.
Il volume dedicato a Barberino è l’ottimo risultato del lavoro svolto da un gruppo di una ventina di persone tutte entusiaste e appassionate dell’argomento, sapientemente e competentemente condotto da Giuseppina Carla Romby e Francesco Calamai, i quali non solo sono riusciti a guidare gli “allievi” nel complesso e accidentato mare degli studi in questo campo, ma hanno ottenuto un risultato di notevole valore, un lascito prezioso alla comunità barberinese e non solo, destinato a durare nel tempo e a suscitare ulteriori studi e approfondimenti, caratteristica delle opere che lasciano il segno.
Il risultato è uno studio accurato, completo e dettagliato, capace di introdurci alla conoscenza degli edifici sacri del territorio, ricostruendone il numero, la distribuzione, le vicende storiche e artistiche, i caratteri architettonici ecc., seguendo due direttrici, diverse ma perfettamente complementari: la prima a carattere sincronico, destinata a descrivere lo stato dell’arte, la situazione attuale degli edifici sacri del territorio di Barberino; la seconda consiste nella ricostruzione della loro storia, del loro patrimonio di arte e di tradizioni, avvalendosi di un poderoso apparato di documenti d’archivio, per lo più inediti.
Gli autori hanno così censito e recuperato alla conoscenza e alla coscienza dei lettori ben 35 edifici, appartenenti ai sei pivieri che occupavano il territorio oggi del comune barberinese. Questo lavoro ha fatto rinascere quegli edifici, li ha riportati in vita e noi possiamo conoscerli con ben maggiore consapevolezza, assieme al loro territorio.
Il volume si avvale di una interessane introduzione di Giuseppina Carla Romby, nella quale l’autrice disegna magistralmente i caratteri e lo sviluppo degli edifici e delle loro funzioni, dal Medioevo al Novecento, mettendo a fuoco alcuni aspetti originali e, per molti versi, inaspettati: in particolar modo, Carla Romby si sofferma a sottolineare una peculiarità inedita delle chiese barberinesi, vale a dire la presenza di una serie di chiese interessate nel XVIII secolo a campagne di ammodernamento con decorazioni, in genere a stucco dipinto, anche di notevole livello qualitativo, che raggiunge il suo apice nella eccellente decorazione interna della badia di S. Maria a Veigesimo e con tutta probabilità riecheggianti i lavori svolti nel territorio da Giovanni Battista Foggini, uno dei più importanti protagonisti dell’architettura toscana del periodo tardobarocco. Un altro nucleo di estremo interesse è quello legato all’attività della manifattura borghigiana della famiglia Chini, che vede il suo apice nello straordinario complesso decorativo della pieve di S. Silvestro, interamente eseguito da Tito Chini e dalla sua manifattura ai primi degli ani Trenta del secolo scorso, senza dimenticare, ovviamente, l’armonioso e prezioso gioiello rinascimentale rappresentato dalla chiesa e canonica di S. Andrea a Camoggiano, raro esempio di omogeneo complesso architettonico, dovuto alla committenza della famiglia Cattani nella seconda metà del XV secolo, che conserva ancora buona parte del suo patrimonio pittorico.
Segue un breve ma intenso saggio di Francesco Calamai che esamina un aspetto che spesso sfugge agli studi di questo genere, vale a dire i santi a cui sono intitolate le chiese studiate: questo itinerario agiografico ci apre le porte alla conoscenza dei vari santi a cui queste chiese sono intitolate, con aperture anche sulle possibili ragioni di tali intitolazioni, che non sono mai casuali. Di particolare interesse risulta l’esame del caso di S. Gavino (nel Mugello sono presenti le sole due chiese intitolate a un santo con questo nome nella penisola italiana), per il quale Calamai chiarisce che si deve riconoscere in un martire romano del IV secolo e non in quello sardo, come tradizionalmente ritenuto.
Lo stesso Calamai chiude la serie dei saggi introduttivi, necessario viatico a una più completa e organica comprensione di quanto illustrato nelle singole schede, con una ampia panoramica sul patrimonio artistico pertinente alle chiese esaminate.
Dalla esauriente disamina di Calamai emerge innanzi tutto la rilevante qualità del patrimonio d’arte del territorio: basti pensare che nella pieve di Galliano sui conserva quello che con tutta probabilità il più antico dipinto conservato in Mugello, la Madonna col Bambino, di un anonimo maestro fiorentino che si muove tra Coppo di Marcovaldo e Margaritone d’Arezzo, negli anni 70 o 80 del Duecento. Altre opere degne di menzione, fra le altre, saranno da citare i dipinti di Bartolomeo di Giovanni per Camoggiano, la pala di Pimonte di Neri di Bicci, il fonte battesimale, ancora di Camoggiano, per finire con la bella pala dell’Assunta attribuita a Pontormo e alla sua cerchia della chiesa di Cavallina. Ma dall’indagine di Calamai emergono anche altre interessanti sorprese, come la panoramica sugli arredi liturgici, di una non comune qualità e densità per continuare con la consistenza del gruppo dei dipinti seicenteschi, alcuni di rilevante livello. Si scopre inoltre che, in continuità con quanto già rilevato dalla Romby, alcune chiese sono state arricchite, nei secoli XVII/XVIII, di cicli pittorici, organici e coordinati che raggiungono il loro apice nello straordinario apparato pittorico della badia di S. Maria a Vigesimo, vero repertorio della pittura a carattere sacro del Settecento, alla quale è peraltro dedicata una lunga scheda, quasi una piccola, esauriente monografia.
Un ultimo capitolo del saggio è dedicato alle opere perdute, importante tappa per ricostruire il mosaico del patrimonio storico e artistico del territorio, ma anche occasione per riflettere sulla sua fragilità e sulla necessità di costante protezione, obbiettivo per il quale la conoscenza consapevole e diffusa risulta particolarmente preziosa.
Seguono, divise per pivieri, le 35 schede delle chiese e degli oratori, tutte fornite di accurate e approfondite informazioni, frutto di ricerche e sopralluoghi sul campo e in archivi e biblioteche. Un ricco apparato iconografico e di note completa e arricchisce i contenuti del testo.
Il libro è concluso da un ricco apparato biblio-sitografico e di utilissimi indici, a conferma del carattere rigorosamente scientifico del testo, che peraltro niente toglie al piacere di una lettura così stimolante.
Il quadro complessivo che emerge è quello di un patrimonio culturale tutt’altro che modesto (a conferma della tesi di fondo del recente volume di Gian Piero Luchi su Barberino) e dimostra ancora una volta come sia possibile una formazione di qualità degli adulti, intesa anche come occasione per favorire la coesione nelle comunità, attraverso il riconoscimento e la condivisione della storia e della identità del territorio.
Il volume assume, molto opportunamente, anche il carattere di un “cahier de doléances”, destinato a evidenziare alcune gravi criticità che riguardano lo stato di molti edifici, resi di fatto inaccessibili e in cattivo stato di conservazione, così come una consistente parte degli oggetti d’arte, come detto, avrebbe bisogno di restauri che ne garantiscano il recupero. Interventi di restauro e recupero potrebbe rispondere non solo al dovere della conservazione ma anche risultare propedeutici alla loro valorizzazione, persino in chiave turistica.
Il contributo culturale e la valenza civica di questo lavoro sono indubbi: oltre a fornire un bagaglio importante di conoscenze, spesso inedite, sul territorio esaminato, stimola una riflessione collettiva sul valore della memoria e della conoscenza del patrimonio culturale materiale, nonché sulla necessità di assumere sempre maggiore e chiara consapevolezza del suo valore formativo anche per le future generazioni.
In conclusione, si tratta di un vero e proprio regalo che gli autori e i promotori di quest’opera lasciano all’intera comunità di Barberino e a tutti gli appassionati a questo genere di argomenti.
Marco Pinelli
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 26 Dicembre 2024