Pieve di Santa Maria a Fagna
Il documento più antico che menziona la pieve è un atto di donazione del 1018 nel quale un certo Rolando cede a sua moglie la terza parte dei suoi possessi situati nel piviere di Fagna. Santa Maria a Fagna era stata costruita nel territorio feudale degli Ubaldini. I legami di questa chiesa con le alte sfere del potere fiorentino, sia ecclesiastico che civile, furono strettissimi: ne sono conferma le nomine degli stessi pievani, uomini spesso legati, per nascita o cultura, alle famiglie importanti fiorentine. Gentile de’ Becchi ad esempio fu l’educatore dei figli di Piero de’ Medici, Lorenzo (il Magnifico) e Giuliano, Antonio Speziali (1614) fu maestro di scrittura dei figli di Ferdinando III, per non dimenticare i pievani della famiglia Machiavelli, che ebbe il patronato della pieve dal XV secolo al 1717. Lo stesso Niccolò, celebre membro della famiglia, nel 1497 scrisse una lettera diretta a un prelato romano affinché la sua famiglia non fosse privata del patronato sulla pieve di Fagna.
Nel XVIII secolo, sotto la guida di Giuseppe Maria Raggioli, pievano di Fagna dal 1738 al 1781, la chiesa subì una generale ristrutturazione architettonica che le conferì l’attuale aspetto barocco.
Giuseppe Maria Raggioli che fu uomo di cultura, amava scrivere e comporre sonetti. Sicuramente questo intellettuale contribuì a dettare i criteri di ristrutturazione e soprattutto quale apparato decorativo dovesse avere la chiesa. Probabilmente nell’idea del Raggioli l’aspetto luminoso ed arioso della navata centrale doveva richiamare l’idea dell’Hortus conclusus, ovvero il giardino paradisiaco, simbolo della Madre di Dio, alla quale la chiesa è dedicata, dove il Giardiniere è il Creatore ed al cui centro sorge l’Albero che dà la Vita, rappresentato dal grande crocifisso sopra l’altare.
L’abside, a sua volta, avvolge come una conchiglia il corpo del Cristo: la conchiglia è antico simbolo della Madonna, mentre la perla che contiene è il Cristo stesso. Inoltre, nell’idea del Raggioli, la decorazione della pieve doveva essere espressione della Sapienza di Dio: chi si reca in questa chiesa gode dei frutti della Sapienza del Padre e dei frutti dell’Eucaristia il pane e il vino. A conferma di una consapevole scelta teologica del pievano Raggioli sono le decorazioni sopra gli archi delle navate laterali riemerse dopo il restauro avvenuto negli anni ‘80 del Novecento: sei cartigli recano immagini con frutti, alberi e brevi frasi tratte dal Libro del Siracide, cap. 24, 13-17. In questi versetti la Sapienza descrive la sua bellezza e la sua azione benefica con una serie di paragoni; essa cresce e si sviluppa in Israele a somiglianza di sei specie d’alberi o arbusti tra i più belli della regione palestinese, dice: “sono cresciuta come il Cedro del Libano, come il cipresso sull’Ermon, come le rose di Gerico, come un olivo nella pianura, sono cresciuta come un platano, sono cresciuta come una palma in Engaddi”. Vi sono poi iscrizioni come i versetti che ornano i quattro confessionaliche fanno riferimento all’opera e alla funzione sacerdotale, alle proprietà della confessione ed alla virtù dello stesso sacerdote che deve operare secondo giustizia come corretto e giusto è il giudizio divino.
Gli unici arredi rimasti del XII secolo, sono il pulpito e il fonte battesimale, quest’ultimo realizzato intorno al 1160-1175. Alcune opere che facevano parte dell’arredo pittorico di Fagna, come anche alcune suppellettili sacre, sono oggi conservate nel Museo di Arte Sacra di Vicchio. Fra quelle rimaste la pala dell’Assunta di Santi di Tito e il Cristo morto di Clemente Susini.
Scheda di Rossella Tarchi
Foto di Marta Magherini
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