RACCONTI DI CAMPAGNA – La banda di paese: un concerto a “sorpresa”
MUGELLO – Partecipare, alimentare la tradizione, dare significato vero al volontariato, contribuire e sentirsi parte integrante di una comunità, condividere il proprio tempo con quello degli altri, favorire l’educazione e la formazione musicale dei giovani. Sono tanti i motivi che spinsero nell’Ottocento alla fondazione di numerose bande musicali che, anche in Mugello, trovarono terreno fertile raggiungendo larga diffusione. Se già nel Medioevo esistevano i primi “gruppi” musicali, fu dopo il XVIII secolo che presero impulso le bande partendo dalla diffusione di quelle reggimentali che “trascinarono” la nascita delle piccole bande di paese composte per lo più da appassionati dilettanti. L’esibizione della Banda nei paesi non fu solo folklore; leggendo qui sopra le motivazioni che spinsero i nostri bisnonni a fondarle, possiamo capire perché sono scomparse. Quei valori semplicemente quasi non esistono più, non fanno più parte del sentire collettivo. Vuoi mettere la bellezza di starsene con la testa dentro un cellulare o un videogioco?
Allora invece, era un orgoglio appartenere a una banda e che bello condividere tante emozioni anche tra diverse generazioni, e al diavolo anche la qualità! E’ quello che all’incirca successe anche nell’ignoto paesino mugellano ai piedi d’Appennino di questo racconto, dove si formò ben presto una banda composta di fiati e percussioni, una ventina di persone più o meno giovani che facevano del loro meglio; chi adorava il tamburo, chi suonava il piffero e via dicendo. A sorpresa, anche Terzilio, un bonaccione tanto ingenuo da essere continuamente preso in giro dai ragazzi del paese, fu accolto nel gruppo. Il brav’uomo, spesso triste sentendosi escluso da tutto, alla notizia quasi morì dalla felicità; felicità che raggiunse il suo culmine quando gli fu assegnata come strumento una sgangherata e pesantissima tromba in ottone; lui che di fiato ne aveva tanto, si sarebbe di sicuro divertito! La banda affrontò per mesi con il “maestro” una dura preparazione per fino al giorno in cui, finalmente, fu fissata la prima esibizione nella piazzetta davanti alla bottega. I suonatori erano emozionatissimi e Terzilio, che aveva fatto progressi, ancor più degli altri. Nel frattempo, mentre tutti aspettavano impazienti di assistere al “concerto” (chiamiamolo così), i ragazzi più dispettosi del paese pensarono a qualche scherzo da combinare ai danni del povero Terzilio.
Gigi, il più dispettoso di tutti, stava infilandosi l’abito buono per uscire, quando la mamma lo mandò a lavarsi. Il ragazzo s’infilò nella tinozza controvoglia brontolando: “Ma che c’era proprio bisogno, m’ero già lavato dieci giorni fa!”, ma se voleva andare al concerto, non poteva sottrarsi. A sera i paesani presero posto nelle sedie sulla piazzetta; la prima fila toccò alle donne più in vista della comunità tra cui Margherita, elegante moglie del fattore che si presentò tutta in ghingheri dopo una preparazione davanti allo specchio durata perlomeno un paio d’ore. Arrivò infine l’emozionata banda con Terzilio in testa che si presentò gonfiando il petto, orgoglioso perché si ritrovava al centro dell’attenzione generale. Intanto Gigi, mentre il suonatore era distratto, si avvicinò allo strumento e nascose dentro la campana della tromba, pressandolo con forza, un tappo di stracci e cera. Iniziò il “concerto” dove era previsto subito un piccolo assolo di tromba; ma quando Terzilio cominciò a suonare nel silenzio generale, dallo strumento non uscì alcun suono. Soffiava a più non posso nella malfidata tromba, diventando prima rosso e poi viola, quasi sveniva per lo sforzo. E più continuava il silenzio, più soffiava e più soffiava, più il volto cambiava colore! Finalmente, l’infido tappo saltò in aria e la palla di cencio colpì in faccia la signora Margherita in prima fila che ribaltò dalla seggiola finendo gambe all’aria! Tutti i presenti sghignazzarono a crepapelle e anche Terzilio non se la prese più di tanto. Per qualche secondo si guardò in giro sconcertato grattando ruvidamente la testa sotto il cappello e poi anche lui iniziò a ridere di gusto. Quella sera per la prima volta in vita sua si sentì parte integrante della comunità. E il suo cuore sorrise.
Fabrizio Scheggi
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – dicembre 2023