Ritrovare una Madonna a Vespignano
VICCHIO – Grazie all’impegno e al coordinamento di Gianna Bacci, già restauratrice presso l’Opificio delle Pietre Dure, e ai contributi del Banco Fiorentino Mugello – Impruneta – Signa, le famiglie di Francesco e Carlo Boni, l’Egip Piscine di Fabbri Massimo, l’Unica ortofrutta di Meglin, i Fratelli Pieri, la Farmacia Carlà Campa ed altri generosi donatori, è stato possibile vedere compiuto in un anno il restauro della Madonna del Latte della chiesa di San Martino a Vespignano di Vicchio. Con il pieno sostegno della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per Firenze, Pistoia e Prato, acquisito il beneplacito dell’Arcidiocesi di Firenze, per ripristinare la leggibilità dell’opera la comunità parrocchiale ha scelto il progetto di Simone Vettori, ben noto nel restauro di pitture murali, da poco tornato nel natio Mugello a conclusione dei suoi lavori sugli affreschi della Sala di Costantino nelle Stanze di Raffaello in Vaticano. Il nostro intervento, condotto ovviamente con la massima accuratezza, ha richiesto il risanamento di stuccature ormai instabili e piccole lesioni e la rimozione della coltre di sporco, schizzi di cera di candele e vecchie ridipinture che offuscavano la piena godibilità della superficie pittorica (circa tre metri quadri e mezzo). È doveroso qui ricordare l’impegno collegiale perché solo così è possibile svolgere l’attività di tutela in ottemperanza dell’articolo 9 della nostra Costituzione e nel rispetto del Codice dei Beni Culturali che ne deriva: è con modalità condivise e continuative che garantiamo un futuro all’immenso patrimonio storico ed artistico del nostro paese.
Per coloro che accorsero a San Martino nel pomeriggio di sabato 14 settembre 2019 per assistere alla cerimonia dello svelamento del dipinto restaurato, l’immagine spingeva a profonda devozione. Stretto al petto di sua madre, il Bambino stacca la boccuccia dal capezzolo per posare il suo sguardo su di noi, mentre con la manina stringe il seno rigonfio di latte che traspare da sotto un candido velo. Maria, invece, pare appena aver alzato la testa, la chioma nascosta dal biancore del tessuto pieghettato e leggerissimo, posando il suo di sguardo un po’ più lontano, assorta. Il gruppo madre-figlio è seduto in terra (da cui la denominazione della critica di Madonna dell’Umiltà, qui sostituito con la più attinente Madonna del Latte) avvolto dagli ampi panneggi della veste della Vergine con alle spalle e sorretto da due angeli un drappo, una volta sicuramente simile ad prezioso broccato in seta, come nelle raffigurazioni del Beato Angelico. Il pittore ha voluto ulteriormente impreziosire la scena tramite la doratura delle aureole a rilievo; minuscole tracce ne sono state trovate. Come preziosa sarebbe stata l’azzurrite con ogni probabilità impiegata per il mantello di Maria ormai ridotto al solo colore scuro del suo ‘morellone’ preparatorio.
Staccato per motivi conservativi fra la fine dell’Ottocento e gli anni Quaranta del secolo scorso, a termine degli interventi alla chiesa che stravolsero quasi del tutto l’antica struttura, riveste un valore storico importante per Vespignano, costituendo una delle poche vestigia di ciò che non c’è più o di cui è rimasto poco, come nel caso della vicina casa natale del ‘padre della pittura italiana’ di vasariana memoria.
L’autore di questo nostro affresco, Paolo Badaloni detto Schiavo (dal latino sclavus) per le probabili origini slave/dalmate dei genitori, nato a Firenze nel 1397 e morto a Pisa nel 1478, fa parte di quello stuolo di pittori meno noti che conducevano una fiorente attività a Firenze in un periodo di transizione e di fermento che vedrà l’abbandono degli stilemi del gotico ‘fiorito’, come evidenziato dal contributo esaustivo di Miklós Boskovits (Milano 1995). Legato agli ambienti di Lorenzo Monaco, maestro dell’Angelico, e di Masolino, collaboratore più anziano di Masaccio, seguì quest’ultimo negli anni Trenta del Quattrocento in Lombardia per collaborare al ciclo di affreschi nella Collegiata di Castiglione Olona (VA) che gli aprirà la strada ai nuovi linguaggi della prima metà del Quattrocento. Lasciò molte opere fra Firenze, Pistoia e Pisa, tra cui un affresco di una Sacra Conversazione nella chiesa di San Miniato, firmato e datato 1436, termine post quem per collocare cronologicamente la Madonna del Latte di Vespignano che qui supera quegli stanchi modelli della prima formazione artistica. Emergono infatti una spontaneità e un naturalismo del tutto nuovi rispetto alle opere precedenti, sorti probabilmente anche dalla scelta iconografica stessa, quella della Vergine Lactans. L’immagine di Maria che allatta il Figlio raggiungerà l’apice della sua popolarità fra la meta dei secoli XIV e XV, per poi perdersi nei dettami controriformistici. È la più rappresentativa della «sacralità umanizzata», ovvero quella «dimensione religiosa che da una sacralità antica ed aulica giunge alla quotidianità rassicurante della famiglia in crescita, permettendo ed esprimendo nuovi investimenti affettivi del comune sentire» (Berruti, Firenze 2006).
Nel realizzare l’affresco di Vespignano intorno al 1440, lo Schiavo punta ad un pieno coinvolgimento del devoto in linea con quel «comune sentire»: lo sguardo del piccolo Gesù, restituito alla sua originalità dopo il restauro, è penetrante, mentre la bianca fasciatura che lo avvolge, tipico della produzione del pittore di quegli anni (vedi la pala del Fitzwilliam Museum, 1440 c.) sottolinea tutta la sua natura di bambino. Le vesti degli angeli, se pur in colori cangianti, hanno perso i vecchi preziosismi sontuosi dando spazio all’ampiezza delle pieghe con maggior equilibrio con le altre due figure. In breve, si è tratti dentro la scena, trascinati dalla veridicità di ciò che si sta manifestando davanti ai nostri occhi. E lo poteva fare solamente un artista attento all’evoluzione in atto, mentre si impone sempre più il Rinascimento di Masaccio e Donatello. L’auspicio è che il cantiere di Vespignano possa contribuire a ulteriori studi negli anni a venire.
Jennifer Celani
Funzionario Storico dell’arte per la tutela
Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Firenze e per le
province di Pistoia e Prato
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – novembre 2018