Sei giorni in Mugello, centocinquanta anni fa. Borgo San Lorenzo (parte III)
MUGELLO – Luca Varlani ha scovato un librettino ottocentesco, dove l’autore, in prima persona, racconta il proprio viaggio in Mugello. E fissa in pagina una serie di appunti, racconti, analisi della realtà sociale davvero interessanti. E gustosissimi da leggere. Perché pur essendo passati 150 anni, ci sono pagine che sembrerebbero scritte adesso. Ma soprattutto sono arguti i suoi commenti, che talvolta strappano il sorriso.
Pagine talmente gustose e interessanti, che intanto ne metteremo a disposizione alcuni estratti, relativi ai vari paesi toccati.
Per poi chissà, alla fine, regalare ai nostri lettori l’intero testo.
E dopo il primo assaggio, con le pagine introduttive arricchite da alcune immagini d’epoca, dall’archivio di Varlani (articolo qui e qui), ecco il continuo della storia. E il nostro autore si ferma a San Piero.
Chi è l’autore di questo testo? Lo riveleremo alla fine. Adesso godiamoci questa ottocentesca prosa che racconta il Mugello di un tempo.
Tornai in Scarperia per procurarmi un cavallo che mi conducesse al Borgo a San Lorenzo. Appena ne richiesi fummi mostralo , e siccome in mia gioventù io era molto amante dei cavalli , e questa passione ancora si annidava nel mio cuore , così volli esaminare se potessi da quello ripromettermi buono e leale servigio ,onde io senza indugio ordinai che fosse bardato e sel lato , mentre io intanto mi portava fuori del paese dal lato dell’Appennino per vedere la villa Tolomei (Villa del Palagio, ndr).
È questa in bellissimo luogo situata e di comodo accesso , magnifica per la sua costruzione e lieta di bei passeggi all’intorno. Anticamente passava davanti ad essa la strada bolognese che da Firenze , movendo e traversando Scarperia, saliva la montagna e la riscendeva per toccare Firenzuola e proseguire fino a Bologna. È noto che in quella villa si conservano memorie degli illustri personaggi che andando da Firenze a Bologna , vi ebbero ospitalità . Il primo ad essere ricordato è , se non erro , un re di Danimarca che ivi fermossi poco dopo il VII secolo ; ed a lui tiene dietro tale un seguito di nomi di re ed imperatori da illustrarne qualunque più nobile casa . Essendo già vicina la nona ora del mattino ed avendo nell’animo di vedere in quel dì stesso Borgo San Lorenzo e qualcuno dei luoghi più notevoli che gli sono intorno, rivolsi i miei passi verso Scarperia, ove giunto , montai sopra il cavallo che mi stava aspettando , e tosto mi diressi verso il Borgo San Lorenzo per la via indicatami come più breve , cioè per quella delle Croci . Il mio viaggio non fu più lungo d’un’ora. Due ore avanti il mezzogiorno io era in vista del Borgo San Lorenzo .
Il paese del Borgo San Lorenzo giace in una pianura presso la Sieve , da cui è talvolta inondato. Esso contiene circa tremila abitanti . Le sue case , specialmente quelle che sono sulle vie più frequentate , hanno una discreta apparenza , e nell’entrarvi io non ne ricevei una sgradevole impressione . Peraltro mi spiacque la vista di molti uomini oziosi in pessimo arnese che stavano assisi e sdraiati sul marciapiede della strada, non altrimenti che gli abominati e mai abbastanza biasimati Lazzeroni delle città napoletane. Vennemi nel cuore il sospetto che quella popolazione fosse infestata dal vagabondaggio e dai mestieri che non hanno nome. Nè , a quanto seppi in seguito , la mia opinione era falsa. Nel Borgo San Lorenzo più che in ogni altro villaggio o terra di provincia , convengono e si concentrano famiglie di contadini che non hanno più podere da coltivare e che carichi bene spesso di figli, si trovano senza mestiere e senza industria riconosciuta dall’uso civile e dalle leggi , e volendo pur vivere si ad danno al furto campestre ed alla questua presso i contadini nei tempi della raccolta . Ora l’esercizio di questa vita lascia molte ore del giorno senza occupazione , ed è perciò che quegli uomini se ne stanno molto tempo in crocchio per le pubbliche piazze e per le vie , in perfetto ozio, presentando ai passeggeri una assai sgradevole vista . lo domandai se fossevi modo d’impiegarli in qualche industria che li occupasse tutta la giornata, procurando loro un pane più sicuro e più onorato. Mi fu risposto che non vi era in quel paese alcuna manifattura, nè alcuna industria , eccettuata l’agricoltura, ma che quegli uomini che avevano trovato il modo di vivere con poche ore di lavoro giornaliero , non volevano saperne di lavori agrari che sono continui e faticosi , e che anzi spregiavano profondamente il lavoro della terra e chi lo eseguiva. Domandai allora se si era mai pensato di allettarli al lavoro dei campi come giornalieri , o di indurveli col rendere loro impossibile il seguitare il modo di vivere intrapreso , sia col punire severamente ognuno di essi che senza espressa facoltà del proprietario s’introducesse nei fondi altrui , sia per fare erba , sia per fare provvisione di legna o di altro , e ricordai come in alcuni cantoni della Svizzera , benchè ivi sia già per antica consuetudine , sacro il possesso altrui ; i proprietari sogliono spesso domandare ed ottenerne dal Sindaco del loro comune il diritto d’imporre un’ammenda, a chiunque senza licenza espressa , entri nel loro fondo , e sopra a colonne di legno piantate ai confini di esso , è scritto , come avviso ai passanti, il decreto d’inibizione e la multa minacciata. Qui non si può impedire -mi fu risposto – che i paesani entrino nei campi spogliati e nei boschi. Se ciò si facesse, o morrebbero di fame tutti , o farebbero una sanguinosa rivoluzione. La consuetudine limita e ristringe qui i diritti del proprietario in favore del proletario , ed è una necessità cui bisogna ormai sottomettersi con rassegnazione. E con tanto più rassegnato animo la si può sopportare se si pensa, che mentre i furti di campagna sono cosi frequenti che costituiscono per molti il solo modo di guadagnarsi la vita , i furti più odiosi e più criminali nelle case e le grassazioni per le vie sono rarissimi. È nel Mugello , in generale , quella sicurezza personale che manca si spesso , al di là dell’Appennino e nel mezzogiorno dell’Italia . Io deplorai questo stato di cose e conclusi col dire : Da questo e lo stato di una popolazione civile e colta vi è un abisso. Dio voglia che questo sparisca mercè la provvidenza di buone leggi , ed una buona educazione popolare , e per lo stabilimento di qualche industria manifatturiera, se l’agricola non gli alletta , che sia da qualche capitalista in quel paese impiantata. – Pensando quindi a prender nota di ciò che avessi visto o saputo di notevole nel Borgo San Lorenzo , mi diressi ad un medico , dal quale m’introdussi con una lettera datami per esso dal mio amico pievano di Fagna . Era egli uomo di buona fisonomia e di semplici e schietti modi ; dotato di buono intelletto e di vasta erudizione. Egli mi parlò dell’importanza politica che dovrebbe avere il Borgo San Lorenzo , come la terra la più popolata e la più centrale del Mugello, e parlò con tanto calore di questo , ricordando in confronto così spesso Scarperia , che non mi bisogno grande penetrazione per indovinare che fra questi due paesi vi era qualche gelosia di preminenza. Io mi presi la libertà di osservare nel più delicato modo che per me si potesse, come era fatale e disdicevole ogni rivalità fra paesi confinanti. Ma è inevitabile – m’interruppe il medico – ognuno guarda più volentieri la propria casa e il campanile della propria parrocchia che la casa e il campanile della parrocchia vicina . Qui interruppi la discussione in cui sentiva di non avere più ragioni del medico , e lo pregai d’indicarmi i nomi degli uomini che nati nel Borgo San Lorenzo , si erano in qualche modo illustrati . Egli mi disse che originario del Borgo San Lorenzo fu il fisico Cocchi,’ soprannominato il Filosofo Mugellano , che visse dal 1695 al 1758 Egli ebbe amicizia e corrispondenza epistolare con Newton e Bærhave che conobbe nei suoi viaggi. La sua vita è narrata da Angelo Fabbrini , nel tomo XI delle Vitæ Italorum doctrina excellentium . Dopo questa breve biografia del Filosofo Mugellano, il medico invitommi ad andar seco a visitare le poche cose notevoli del paese , e mentre eravamo per via mi domando se io era amante delle belle arti . Amantissimo risposi io e ne sono anche un poco cultore . Tanto meglio. Ella parlerà cosi volentieri di Giotto nostro. Ma risposi io – Giotto è nativo di Vespignano , che è un villaggio del Mugello , e che pertanto non è il Borgo San Lorenzo. Sarebbe qui il caso disse sorridendo il buon seguace di Galeno di affrontare di nuovo il suo rimprovero di gelosia e rivalità di confinanti , mettendo in dubbio se Vespignano appartenesse alla giurisdizione di Borgo San Lorenzo , o a quella di Vicchio , e cosi se si dovesse ritenere che Giotto fosse gloria di quello , anzi che di questo paese. Peraltro è miglior partito lasciare intatta la questione e al villaggio di Vespignano l’onore di che con molto affetto conserva le memorie. Infatti, se ella vi anderà , come non dubito , vedrà esservi e ben conservata una casa dello stile del medio evo avente una iscrizione di marmo che ricorda come in quella nascesse Giotto figlio di Bondone. Io vi anderò subito oggi -dissi io e a piedi come in pellegrinaggio per venerare quel sacro terreno in cui piacque a Dio far nascere quel genio divino che re staurð la pittura in Italia e che inalzò la superba torre di Santa Maria del Fiore. Ma non vorrà lasciare osservò l’altro – di vedere le pregevoli pitture che sono nelle chiese di Borgo San Lorenzo. Non sono cosi profano -risposi io , – e si dicendo ci avviammo verso la chiesa pievania. Giungemmo a questa antica chiesa in tre navate divisa , ornata di 13 altari e venerabile per la sua antichità essendo stata fabbricata nell’ottavo secolo. Ivi ammirai un pregevole dipinto in tavola d’ignoto Fiammingo rappresentante la Deposizione di Gesù dalla Croce , e nella canonica un dipinto che si ha ragione di credere opera di Cimabue.
Quando lasciammo la chiesa di San Lorenzo e ci dirigemmo verso quella del Crocifisso che è all’estremità orientale della terra , passammo per mezzo ad una grande quantità di vacche, di bovi e di porci , che per essere quel giorno martedi e però giorno di mercato erano ivi stati condotti dai contadini del vicinato e dai mercanti delle Romagne. Io feci notare al medico la meraviglia di che mi colpiva quella vista di tante bestie spinte e tenute in mostra nel bel mezzo di un paese popolato. Rispettabile medico – dissi io – non so tenermi dal denunciarvi come barbaro quest’uso di tenere i mercati di bovi in mezzo alle case ed alla popolazione. Nessuno se ne lamenta disse il medico — anzi tutti i borghesi amano di avere il mercato dove lo vedete, e ciò mostra come la nostra popolazione è eminentemente agricola. Ma dissi io voi almeno come sacerdote della dea Igiene dovreste disapprovarlo , e dovrebbe disapprovarlo il Sindaco come custode dell’ordine del paese. – Così parlando arrivammo alla chiesa del Crocifisso . Al di fuori in un vano d’arco a sesto acuto al disopra di una porta vidi un affresco assai bene conservato , lavoro del tempo del risorgimento della pittura , che non polei , come avrei voluto, esaminare , perché chiuso dentro ad una rete di ferro . Entro la chiesa vidi due buoni quadri , uno dei quali opera di Santi di Tito , ed un altro in stato di deperimento e che si crede lavoro di Giotto.
Mentre stavamo riguardando le pitture , il Medico mi istigava ad andare in quel giorno stesso alla chiesa di Olmi ove egli mi diceva trovarsi un pregevole affresco di Giotto , un quadro del Portello , uno del Bronzino, e del Bronzino pure nella canonica un affresco rappresentante Bianca Cappello.
Ma io era nell’intenzione di andare in quel giorno a Vespignano , onde ringraziando il buon medico, gli dissi che sarei andato ad Olmi in altro giorno nel mio ritornare verso Firenze .Uscimmo dalla chiesa del Crocifisso ed io restai sul prato che è davanti a quella, mentre il medico lasciommi per andare alla sua casa dicendomi che entro lo spazio di pochi minuti sarebbe tornato da me. Nè lo attesi lunga mente. Infatti in breve egli tornò sul prato della chiesa accanto a me, non più a piedi , ma assiso sopra un piccolo e modesto veicolo sopportato da due ruote , e mi disse : -Vado a Vespignano : Ella si approfitti del posto che è vuoto ; mi fa vero piacere accettandolo.
Mi diedi per vinto , e deciso a continuare a godere la grata compagnia del buon medico, andando seco alla casa di Giotto , montai sul veicolo al posto assegnatomi ed in breve tempo percorsa un’amenissima strada ci trovammo nella salita che conduce al villaggio di Vespignano.
Luca Varlani
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 3 aprile 2022
l’autore è l’avv. Federico Valsini, proprietario della Villa detta Maltempo a San Pier Maggiore in comune di Vicchio. Questo libretto lo acquistammo circa 30 anni orsono in un bancherello in San Lorenzo a Firenze e recensito più volte, su La Nazione e sul il Galletto.