Una seduta spiritica a Cafaggiolo, ed ecco il fantasma di Eleonora
BARBERINO DI MUGELLO – L’architetto Mattia Tiraboschi, che è stato a lungo comproprietario della tenuta medicea di Cafaggiolo, ha scritto una memoria su un evento, inquietante e misterioso, avvenuto alla sua presenza a Cafaggiolo. Una storia di fantasmi, con protagonista Dionora di Toledo (chiamata spesso anche Leonora o Eleonora), che nel castello mugellano, era il 1576, fu uccisa, strangolata dal marito. E Tiraboschi ricorda anche altre disgrazie capitate a Cafaggiolo. E una maledizione.
Gli avvenimenti vissuti ed a fatica raccontati, per il tempo tiranno che annebbia la memoria, hanno richiamato il pensiero della leggenda di Eleonora di Toledo che, dopo essere stata uccisa dal marito tradito, pare sia rimasta nel castello sentenziando guai, peripezie e fallimenti dei successivi proprietari, per sette generazioni.
Viene ricordata la fine della dinastia dei Medici nell’anno 1737 con Giangastone non certo gloriosa, il fallimento dei successivi proprietari quali i Gerini, il banchiere Scaretti e la famiglia del Principe Marc’Antonio Borghese, la fine degli Asburgo Lorena che sostituirono i Medici nel Granducato di Toscana poi annesso al Regno d’Italia, la storia della congregazione dei Frati Trappisti in Roma con Don Pierino Gelmini, le disastrose avventure di quest’ultimo concluse anche con il carcere. Non ultimo l’improvvisa morte del nostro socio Antonino Tofani, per per un malore in Caracas, morte che portò i propri eredi agli estenuanti processi giudiziali nell’ambito societario, quella di Lay trovato morto sul vaso di un bagno al primo piano del Castello, la demenza di Gerome poi portato via da un gruppo di parenti, apparsi improvvisamente dopo circa quarant’anni, prima a Barberino di Mugello poi a Padova dove si è spento per sempre.
Ancora la morte di un ragazzo romano durante una manifestazione nel parco del Castello, ucciso a coltellate per mano del proprio amico con il quale arrivò da Roma per la festa Rave, scambiandolo nel buio e nella confusione della serata con un tifoso della Fiorentina. Una festa autorizzata da un procuratore di Giulio, uno degli eredi di Tofani, per 450 persone. In realtà ci furono, si seppe dopo l’inchiesta giudiziale, circa seimila ragazzi. L’inchiesta penale interessò anche la nostra società che, per fortuna, non fu processata essendo l’episodio avvenuto all’esterno della struttura del Palazzo, nel parco retrostante. Poi ancora altri strani e curiosi eventi vissuti personalmente nel Maniero e raccontati nel dubbio della maledizione di Eleonora.
Nel mese di febbraio del primo anno dopo l’acquisto dell’Azienda vivevo solo nel Castello. Nel tardo pomeriggio di un giorno della seconda settimana un furioso temporale fece saltare la luce e l’unica linea telefonica fissa che vi era. A sera inoltrata, dopo aver mangiato qualcosa di avanzo del giorno, l’incessante frastuono dei tuoni ed i lampi sempre più frequenti mi convinsero a raggiungere la camera da letto nel piano terreno, in fondo al corridoio di disimpegno, al lato destro dei due bagni. Con la luce di una delle candele che avevo preso prima nel cassetto della vecchia scrivania della stanza attrezzata per l’ufficio aziendale.
Mi feci coraggio perché la solitudine, il pensiero di Eleonora ed il rumore del temporale, non garantivano alcuna sicurezza. Anzi, la preoccupazione e la inquietudine sollecitano l’idea di andare per un conforto dal fattore aziendale Enzo, che abitava a lato della Manica Lunga, la struttura che fiancheggiava il Castello. Non lo feci per non alimentare qualche spavento e disagio. Peraltro sarebbe stato incauto uscire al buio sotto quel temporale torrenziale. Non avevo neppure un ombrello.
Appena a letto fui sorpreso da lievi scricchiolii ritmati. Pensai subito alle porte forse non chiuse bene e che qualche corrente d’aria, alimentata dalla furia del temporale, li avessero potuto provocare. Per i cardini un po’ arrugginiti. Nel dubbio dell’incertezza ripresi e riaccesi la candela per controllare la chiusura delle porte di tutto il piano terreno. Appena aperta la porta della camera si spegne la candela. Pensai ancora alla solita corrente d’aria anche se non la avvertii. Piuttosto ci fu un soffio di qualcosa o qualcuno. Tornai indietro a tastoni verso il comodino dove avevo i fiammiferi. Riuscii con difficoltà a riaccendere la candela. Mi riportai verso la porta proteggendo la fiamma della candela con una mano davanti per la corrente d’aria che ritenni potesse esserci. Trovai le vecchie e massicce porte del corridoio a due ante tutte chiuse e così le porte delle altre stanza da letto e dei due bagni in fondo. Fui confortato dalla normale situazione in essere per quanto supposto ma rientrando nella camera da letto un altro soffio, percepito simile a quello precedente, spense ancora la candela appena varcata la porta. Arrivai cautamente vicino al letto piuttosto turbato per il pensiero d’istinto ad Eleonora che, forse, avrebbe voluto parteciparmi la sua presenza. Chissà perché! Certamente per mettermi in agitazione, pensai. Allora mi appoggiai sulla sponda dal letto, seduto con la candela ancora accesa e la chiamai più volte. Con un tono di voce alquanto sottomessa in un momento di assoluta incertezza e solo in un Castello che ancora oggi rievoca nella sua presenza una persona defunta. Pur concedendo alla realtà ogni fantasia popolare.
Infreddolito mi rimisi sotto le coperte. Mi addormentai quasi all’alba, dopo un dormiveglia molto agitato. Raccontai l’avvenimento ed altre dicerie d’intorno all’amica Clara, la maga di Civitanova Marche, nel ricordo di un particolare evento. Di nobili ed elevati sentimenti, prodiga verso chiunque si trovasse in difficoltà mi incaricò un tempo di progettare un complesso residenziale per persone anziane, sole e bisognose, in un terreno agricolo di più ettari di proprietà, acquistato a proposito, sulle alture della cittadina di Civitanova Marche a ridosso del casolare di campagna dove esercitava la propria professione.
Progettai con Maria, l’architetto in Pescara con la quale collaborai in altre iniziative, un modesto centro abitativo, un borgo cioè di case di case singole ad un piano di 60/mq di superficie, indipendenti, con un’area di terreno attiguo per la coltivazione di un piccolo orto. L’idea era il ritorno alle origini, il paese con la chiesa, locali di ritrovo per ingannare il tempo, la farmacia, la sala medica ed altre strutture per alleviare la solitudine.
Il progetto, sebbene Clara lo avesse fatto promuovere da Rai1 nella trasmissione televisiva di “Uno mattina” non fu approvato dal sindaco del Comune di Civitanova Marche, amministrata dalla sinistra politica, per motivi urbanistici.
Sollecitai il sindaco per una possibile deroga stante la destinazione dell’intervento molto particolare. Il progetto venne comunque respinto. La maga Clara molto amareggiata per il comportamento del sindaco gli sentenziò, per il giorno successivo durante l’ultimo incontro avuto, la caduta dalle scale del Comune e la rottura della gamba. Incidente che avvenne, così come predetto nei particolari dalla maga, nell’incredulità di tutti coloro ai quali fu preannunciato l’evento ed in particolare dello stesso sindaco e dei suoi funzionari tecnici chiamati per la riunione, alla fine della quale la maga Clara pronunciò ciò che sarebbe accaduto il giorno dopo.
Clara, dopo avere ascoltato con molto interesse la leggenda di Eleonora e l’avvenimento della serata nel Castello, mi convinse a farle esercitare le sue arte ammalianti. Cioè di parlare personalmente con Eleonora. Pur nella mia più assoluta esitazione e scetticismo glielo concessi.
Concordammo il giorno per vederci a Cafaggiolo, nel Castello. Lei arrivò il giorno prima dell’appuntamento per visitare l’intero maniero. Che visitò con sorprendente attenzione. Mi disse, peraltro, di aver invitato anche “Rai2 ” a mezzo di un suo amico giornalista di Rai1, Mimmo, per presenziare il rito. Mi fece preparare una serie di candele bianche e rosse, ricordo un centinaio in totale, e cinque piatti normali da cucina.
Nel pomeriggio del giorno della “Cerimonia” che avrebbe avuto inizio alle ventiquattro in punto arrivò il cameraman televisivo di Rai2. Subito dopo la cena Clara mi fece predisporre le candele a doppio cerchio, staccate appena una ventina di centimetri l’una dall’altra, quelle bianche all’esterno e quelle rosse all’interno, sul pavimento dell’ampio salone al primo piano del Palazzo, la famosa Galleria per l’ampiezza di circa 100/mq ed il soffitto seicentesco in legno a cassettoni. Mi fece poggiare i cinque piatti sul piano del caminetto ormai spento da anni, allineati come una parata militare di soldati scelti.
Alle ore 24 in punto “la maga” si mette nel centro del cerchio delle candele rosse, accese un attimo prima, e ad occhi chiusi e con le braccia gesticolanti comincia a parlare o recitare un linguaggio incomprensibile. Forse delle preghiere.
Eravamo presenti, tra alcuni amici ed il cameraman televisivo di Rai2, una decina di persone, tutti in piedi all’esterno del cerchio delle candele bianche.
Alla pronuncia del nome Eleonora, che fu chiaro a tutti, uno dei cinque piatti appoggiati sul piano del caminetto scoppiò scheggiandosi in ogni parte del salone, meno che all’interno dei due cerchi delle candele che erano a fronte del caminetto. Il fragore improvviso spaventò tutti ed il cameraman della televisione cadde a terra con tutta la sua apparecchiatura. Fu un momento di intenso sconcerto ma la “maga” rimase imperterrita nella sua posizione sempre con gli occhi chiusi e le braccia elevate nell’implorazione dell’evento chiamato per la chiacchierata con Eleonora.
Ripresoci dal timore ritornammo nelle nostre posizioni per continuare ad ascoltare le implorazioni della “maga”. Anche se non si capiva nulla di ciò che diceva. Ma ormai eravamo tutti nella spasmodica attesa di qualche visione od altro avvenimento. Al momento in cui “la maga” pronunciò per la seconda volta il nome Eleonora un altro piatto scoppiò come il precedente. In più scaglie ancora senza interessare l’interno delle candele. Eppure erano a ridosso del caminetto. Questa volta però non ci sorprendemmo ma ammutolimmo guardandoci nella consapevolezza dell’evento.
Il caminetto era impolverato e spento ormai da anni, detto e ripetuto nel caso in cui qualcuno avesse potuto pensare al calore residuo a seguito di un’accensione prima effettuata per riscaldarlo. I piatti furono presi in cucina da me personalmente e da me direttamente posati sul bordo della base del caminetto. Comunque ogni supposizione venne vanificata per la mia assidua presenza nel palazzo che non avrebbe potuto concedere alcuna possibilità di eventuali interventi in funzione dell’evento. Anche se quanto accaduto non lasciò dubbi, salvo il motivo della collocazione dei piatti sul caminetto e la causa del loro traballare e della loro rottura in tutte le occasioni in cui la maga pronunciava il nome di Eleonora. Motivi ai quali la maga non seppe o non volle dare una risposta.
Alla fine del “rito”, dopo aver dato la buonanotte a tutti gli invitati alquanto perplessi, mi appartai con Clara in uno dei salotti a lato della galleria.
Clara dopo un momento di silenzio per riprendersi dalle sollecitazioni evocative mi parla di una Eleonora tutta vestita di nero ed in compagnia di due uomini che non le consentono di uscire dal Castello. Mi misi a ridere soprattutto quando mi parlò delle richieste fatte da Eleonora: soldi e sesso. Avrebbero dovuto avere un secondo incontro che mi chiese ma che non concessi al momento. Per lo scetticismo espresso. Però dissi a Clara che nel caso in cui avesse potuto avere un ulteriore incontro con Eleonora di dirle che per il sesso ed i soldi avremmo potuto trovare un accordo nelle rispettive disponibilità ed opportunità saputo per chi e per come. Insomma una favola nella leggenda.
Un incontro invece lo concessi nel mio studio di Roma ad un funzionario di Rai2 che me lo chiese per un’intervista perché incuriosito dall’avvenimento raccontato dal proprio cameraman. All’incontro venne con un regista ed un cameraman. Gli raccontai la storia domandata di Eleonora da Toledo per quanto di mia conoscenza recepita nella ricerca di notizie fatta per la stesura storica e grafica del libro “La Villa dei Medici in Mugello” che scrissi per la fortuna di alcuni segni storici del passato rilevati durante le opere di restauro eseguiti nel Palazzo. Gliene donai una copia che apprezzò moltissimo per la storia che gli sintetizzai e che ascoltò con partecipata attenzione. E che fu: “Cosimo I, figlio di Giovanni il condottiero delle ‘Bande Nere'”, nato nel 1519, fece venire da Napoli a Firenze Eleonora da Toledo, una splendida ragazza, figlia del cognato Don Garzia. Se ne innamorò violando senza scrupoli i vincoli sacri della parentela. In seguito alla illecita tresca Cosimo stesso per mezzo del genero Paolo Giordano Orsini, indusse il minore dei suoi figli Don Pietro de’ Medici a sposare la cugina.
Le nozze furono celebrate il 17 settembre 1572. Ma il 10 luglio del 1576 a notte avanzata don Pietro la fece portare a Cafaggiolo per la cena che consumarono amorevolmente. Sul letto della loro camera, dopo l’intimo rapporto avuto, la strangolò ferocemente a morte per indegno tradimento, prima con Alessandro di Pandolfo Gagi e poi con Bernardino Antinori sussurrando: “Anche questo è fatto”.
Ma Eleonora prima di morire pare abbia maledetto il Castello e tutti i successivi proprietari, appunto, fino alla settima generazione.
Nella stanza d’angolo al primo piano del Castello ancora si trova la vaschetta di marmo nella quale Don Pietro si lavò le mani dopo il fattaccio. Così la storia del tempo trasmessa a noi. A parte quella della famiglia dei Medici raccontata nel libro applaudito dalla stampa interessata quale “uno dei libri più specifici che siano stati pubblicati sul Castello di Cafaggiolo”, dalle origini al significato del nome, storia dei Medici, avvenimenti ereditari, intervento di Michelozzo, il linguaggio delle sue Ville, la torre, l’habituro acro a fortezza, l’architettura rurale, mutamenti sociali prima e dopo l’intervento di Cosimo I, elementi di confronto nei disegni planimetrici 1740-1990, la fornace di mattoni e delle fabbriche delle ceramiche e degli specchi, la descrizione della fattoria di Cafaggiolo del fattore Andrea Corsini nel mese di Novembre 1743.
Il libro fu presentato in una delle sale al piano terreno del Castello in un pomeriggio del mese di giugno del 1992, voluto dalla Dottoressa Cristina Baldini, assessore alla cultura del Comune di Barberino di Mugello, che mi chiese di parlarne. La ringraziai ma non lo feci dicendole: “Se ne dovessi parlare toglierei agli invitati il desiderio di leggerlo, anzi di acquistarlo”. Era già stato messo in vendita in più librerie di Firenze. Sentii un gran vocio tra i presenti forse per lo spirito della risposta non proprio applaudita.
Alla presentazione intervennero: l’Onorevole Valdo Spini, presidente del comitato nazionale per le Celebrazioni Laurenziane, il professor Domenico A. Valentino, sovrintendente ai Beni Ambientali ed Architettonici per le province di Firenze e Pistoia, il sindaco del Comune di Barberino di Mugello Paolo Cocchi ed altri interessati, oltre la stampa.
Mattia Tiraboschi
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 20 ottobre 2024
La maledizione continua…