Il monastero di Buonsollazzo, situato sulle pendici settentrionali del Monte Senario in località Tassaia, nel comune di Borgo San Lorenzo, fu fondato nell’XI secolo dal Marchese Ugo, quando costui era a capo della Toscana, come testimonia una lapide marmorea voluta dal Granduca Cosimo III e posta in un piccolo locale attiguo alla sacrestia della chiesa. Altre fonti parlano di una fondazione nel 1084 da parte di Gisla, figlia di Rodolio, per i benedettini.
Nella seconda metà del secolo XV fu ceduta in commenda e subito dopo, nel 1497 entrò a far parte della Congregazione di San Bernardo in Italia, inserita nella Provincia Toscana. Durante il Seicento due abati furono anche presidenti generali della Congregazione.
Nelle carte più antiche il nome che indica la località in cui sorse il monastero è Forcolese o Forculise ed evidentemente si tratta dell’antico toponimo della zona; questo nome venne sostituito con quello di Buonsollazzo a partire dalla metà del XII secolo.
I primi abitanti di Buonsollazzo furono i benedettini neri. Numerose donazioni incrementarono il patrimonio economico, specie negli anni 1106-1122. Dopo un periodo di notevole prosperità, Buonsollazzo subì il disastro di una amministrazione deplorevole, per cui il vescovo di Firenze, Antonio Orso, vi introdusse nel 1320 i Cistercensi provenienti da San Salvatore a Settimo, che presero possesso della nuova abbazia il 4 gennaio 1321. I cinque monaci benedettini rimasero nell’abbazia adottando anche loro l’osservanza cistercense. L’abbazia rifiorì e si riconsolidò.
Dalla documentazione storica risalente al XIV secolo depositata nel fondo Compagnie Religiose Soppresse da Pietro Leopoldo, è possibile dedurre la geometria del monastero, che si presentava in forma quadrangolare, con un chiostro al centro del complesso, cui sul lato settentrionale era posta la chiesa, circondato dagli ambienti monastici, e articolato su due piani: quello inferiore destinato agli spazi della vita comunitaria e quello superiore ai dormitori. Un monastero che disponeva anche di quelle strutture destinate all’accoglienza e al ricovero, dunque la foresteria e l’ospedale.
In questi anni e fino al tutto il Seicento, è attestata nei registri di entrata e uscita del monastero l’attività di una fornace che produceva e vendeva mattoni, pianelle, embrici, mezzane e tegoli.
Nella seconda metà del secolo XV fu ceduta in commenda e subito dopo, nel 1497 entrò a far parte della Congregazione di San Bernardo in Italia, inserita nella Provincia Toscana. Durante il Seicento due abati furono anche presidenti generali della Congregazione.
Dalla descrizione redatta dall’abate Malachia de Garneyrin nel suo diario manoscritto del 1705, si viene a conoscenza della struttura del monastero, dove vi erano la sagrestia, il capitolo, una sorta di vestibolo di entrata e, all’esterno un portico sostenuto da colonne, al di sopra del quale era un terrazzo con colonne. La chiesa, giudicata dall’abate abbastanza spaziosa, era coperta da capriate lignee, l’altare maggiore, di semplice legno con un tabernacolo e candelabri di bronzo, divideva la navata dal coro, composto da ventidue stalli e da un badalone nel quale si custodivano antichi libri corali; dietro al badalone vi era un piccolo organo portatile e un piccolo ripostiglio. Nella chiesa vi erano anche altri altari. Nella parete laterale destra del coro, una porta immetteva nella sagrestia, provvista di un altare a muro e di un armadio per le pianete. Nella parete opposta, invece, si apriva l’ingresso alla cappella dedicata a Santa Apollonia, con una piccola sagrestia annessa, edificata dai monaci, nel 1639 per celebrarvi la liturgia nei mesi invernali.
Questa breve descrizione si conclude con l’asserzione della proprietà da parte del monastero di sedici poderi, di un mulino e di un terreno incolto abbastanza ampio.
Nel primo decennio del Settecento, per volere del Granduca Cosimo III, si verificò un generale stravolgimento dell’antica fisionomia dell’edificio con la ricostruzione della nuova chiesa e la modifica dei locali interni all’incirca nella configurazione attuale. Nel corso della visita avvenuta nel luglio del 1705, Cosimo si interessò ai restauri da intraprendere e alla fine del mese di settembre inviò per un sopralluogo a Buonsollazzo il suo architetto di corte Giovan Battista Foggini che constatò l’effettiva inadeguatezza degli edifici, e ritenne più auspicabile pensare alla ricostruzione integrale della chiesa, piuttosto che a dei restauri. I due probabili motivi, che portarono alla demolizione del secolare edificio ecclesiastico, furono l’umidità e le consistenti infiltrazioni di acqua.
Nel dicembre del 1705 Cosimo III ordinò il restauro degli edifici e la ricostruzione della chiesa, e dell’avvio di questi lavori è testimone anche la cartella marmorea inserita nel frontespizio della finestra sopra il portale d’ingresso, datata appunto 1706, che ricorda la ricostruzione della Badia e la dedicazione alla Vergine e ai Santi Bartolomeo e Bernardo di Chiaravalle.
La nuova chiesa dovette essere innalzata tra il maggio 1706 e l’inizio del 1708 contemporaneamente agli altri lavori di adattamento del complesso abbaziale, che coinvolsero sia gli ambienti riservati ai monaci sia quelli di servizio. I lavori proseguirono fino al 1712, anno in cui venne ufficialmente consacrata la Badia. Cosimo III fece realizzare dal Foggini, in questo nuovo edificio adibito a foresteria un appartamento granducale, dove soggiornò per periodi di preghiera e ritiro spirituale e sostò durante i pellegrinaggi alla pieve di San Cresci, nella vicina Valcava.
La chiesa progettata dal Foggini si presenta come un’aula rettangolare absidata (verso occidente, contrariamente alla disposizione dell’antica chiesa che guardava verso oriente), della lunghezza di circa trenta metri, coperta da una volta a botte. L’interno della chiesa è occupato quasi interamente dal coro dei monaci, preceduto da un vestibolo in corrispondenza dell’entrata della chiesa. Alle estremità della chiesa si aprono quattro piccole cappelle (due per parte). I primi due altari delle cappelle a destra e a sinistra del vestibolo d’entrata della chiesa, furono dedicati rispettivamente a San Bernardo e ai Santi Giovanni Battista ed Evangelista, mentre gli altri due, delle cappelle verso l’abside, alla Morte e Sepoltura di Cristo, quello a destra e all’Annunciazione quello a sinistra.

Oltre alle quattro tele degli altari, l’essenziale decorazione della chiesa consistette anche nel gruppo scultoreo in stucco (ancora oggi visibile nella sua collocazione originaria), posto a coronamento dell’altare maggiore, con la Madonna e il Bambino tra i Santi Bartolomeo e Bernardo, realizzato da Giuseppe Broccetti su disegno del Foggini; nell’Ecce Homo, inserito nel timpano spezzato a coronamento della porta d’ingresso al coro (anche questo ancora visibile in loco), e in una serie di ovali, anch’essi in stucco, con il Cristo, la Madonna, gli Evangelisti e i Santi a bassorilievo entro cornici, un tempo appesi alle pareti del coro, dispersi a partire dal 1990, attribuiti sempre alla mano del Broccetti. Nella parete absidale campeggia il trittico scultoreo con i santi titolari della badia: la Vergine col Bambino, San Bartolomeo e San Bernardo. L’altare maggiore in scagliola, poggia su una base di tre scalini in pietra con al centro il ciborio in marmo, il cui sportellino, raffigurante Cristo risorto, è andato perduto.
Una grande essenzialità caratterizzò la fabbrica del Foggini, e anche il Granduca, suggestionato da tanta umiltà, si accontentò per la sua celebrazione e per quella della “Serenissima Casa”, di porre sulla facciata della chiesa di Buonsollazzo soltanto il semplice stemma con l’iscrizione commemorativa, fedele in questo alla “Regola” che vietava l’ostentazione di qualsiasi memoria araldica all’interno della badia.
Il tetto a capriate lignee che copre la volta della chiesa, sorregge all’esterno il piccolo campanile a vela con due campane, realizzato nel 1718. L’edificio a tre piani, a pianta rettangolare, della foresteria, separato dal complesso conventuale, sorge in continuità con la facciata della chiesa, sul lato sinistro.
Nel 1774 il monastero tornò a far parte della congregazione dei Cistercensi di Toscana e questi vi rimasero fino alla soppressione del monastero avvenuta nel 1782; dopodiché tutto il complesso fu venduto a privati che apportarono delle modifiche alle strutture: la famiglia dei Della Stufa per prima (eccetto la chiesa, la sagrestia, il capitolo, il cimitero, alcune stanze per uso del curato ed un pezzo d’orto) e la famiglia Fallani in seguito, dalla quale i monaci Camaldolesi l’acquistarono nel 1877. I Camaldolesi, che destinarono Buonsollazzo ad uso di seminario minore, tennero il monastero fino al 1990 quando venne nuovamente acquistato da privati; circa tre anni dopo venne rivenduto a nuovi proprietari che detengono il possesso ancora oggi.
È proprio a partire dalla soppressione e a seguito dei vari passaggi di proprietà, che il patrimonio artistico di Buonsollazzo andò disperso.
Notizie tratte da siti internet e da una scheda di Goffredo Viti
Foto di Luca Varlani ed altri (specificati nelle singole foto: Andrea Lapi, Massimiliano Galardi, Stefano B.). Foto aeree: Paolo Guidotti)
ALTRE IMMAGINI:
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Bibliografia
Dizionario degli Istituti di Perfezione, Roma 1974 (in corso), I (1974), coll. 1677-78 (G. VITI);
O. FANTOZZI MICALI ROSSELLI – P. ROSSELLI, Le soppressioni dei conventi a Firenze. Riuso e trasformazioni dal XVIII secolo in poi, Firenze 1980, s.p, n. 29.
FONTI INEDITE
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Fondo Mediceo: filze 1123 fino a 1131, 4884; 4692-4695, 4798.
Diplomatico dei Cistercensi, n. 38, I parte e 38, II parte, passim.
Regio Diritto, filze 5270, 5271, 5279, 5280, 5281.
Magistrato Supremo, filza 3489.
ARCHIVIO DI CASAMARI:
Cartelle I, II, III: Rapporti con a Provincia Toscana;
Cartella: Buonsollazzo, soprattutto per gli anni 1717-1762.
Carpentras, Biblioteca municipale, ms. 475, 623-630, 643, 695 e 1649.
FONTI EDITE
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LETTERATURA
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http://www.cistercensi.info/abbazie/abbazie.php?ab=1016