Chiesa di San Niccolò e Santa Maria a Spugnole
SCARPERIA E SAN PIERO – Il colle di Spugnole è un piccolo rilievo che raggiunti i 445 metri di quota offre un colpo d’occhio incantevole sull’intera valle del Mugello. Questa ruvida protuberanza di calcare marnoso posta poco a sud di San Piero a Sieve e in prossimità del castello mediceo del Trebbio, è rimasta per lungo tempo sede naturale di due edifici di culto fra i più antichi della valle: Santa Maria e San Niccolò a Spugnole.
Le origini di San Niccolò appaiono lontanissime dal nostro tempo, a detta del Lami adagiate fra il IV-V secolo e la prima cristianizzazione del territorio, con gli ultimi ruderi ormai invisibili ma ancora sepolti a breve distanza dalla chiesa di Santa Maria, inglobata quest’ultima fra le mura del castello, edificato probabilmente verso la metà dell’XI secolo.
Le memorie più antiche di entrambe si conservano in una pergamena del 1066 quando erano parte integrante di una vasta Corte appartenuta ai Suavizi, ricca famiglia della piccola aristocrazia cittadina con proprietà nella Val di Carza, ancor prima che quell’enorme patrimonio divenisse regno dei potentissimi Ubaldini.
Nel 1274 i due edifici non avevano ancora conseguito il titolo di chiese parrocchiali, quindi erano riconfermate come semplici rettorie, condizione immutata almeno fino al 1365 quando appaiono riunite sotto un unico titolo e inglobate nel Piviere di san Giovanni in Petrojo.
Sminuito progressivamente il proprio scopo castrale, Santa Maria assumeva pian piano il ruolo di primaria identità spirituale della zona, sostenuta e favorita dal patronato nobiliare dei Cavalcanti e dei Medici.
Verso la fine del Settecento, San Niccolò era ormai cadente e abbandonata, condizione che avrebbe privato il Mugello intero di uno dei suoi luoghi di culto più antichi, l’unico forse in cui si conservavano simboli e architettura dei primi templi paleocristiani. Da ora in poi tutto era devoluto alla chiesa di Santa Maria, anche la splendida tavola trecentesca della Madonna, simbolo del luogo, misteriosamente scomparsa alla fine della seconda Guerra mondiale.
L’edificio che vediamo oggi rappresenta uno degli esempi più caratteristici di architettura romanica della nostra valle, ricco di alcune particolarità che lo rendono unico. Prima fra queste l’anomalia dell’orientamento che non rispetta completamente l’asse est-ovest normalmente adottato nelle costruzioni dell’epoca. A ciò si aggiunge l’assenza della facciata, invisibile perché inglobata negli ambienti della canonica, con l’ingresso aperto sulla parete destra dell’aula e preceduto da un portico aggiunto successivamente insieme alle cappelle laterali. Anche il campanile a torre non è originale, ricostruito nelle prime decadi del Novecento in sostituzione di quello più antico a vela.
L’interno più volte rimaneggiato, privato del palco a “volterrana” che lo caratterizzava fino alla fine dell’Ottocento, mostra un’aula piccola a pianta rettangolare, interrotta da due cappelle laterali precedenti il presbiterio, concluso a sua volta da un’abside semicircolare. Il paramento interno in pietra alberese locale, prende luce dalle due finestre di disegno non originale.
Un luogo dal fascino spartano, esaltato dalla bellezza ruvida e genuina di pietre antichissime, rifugio sicuro per l’anima, omaggio dovuto alla figura mistica della Madonna.
Foto e testo di Massimo Certini
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 18 settembre 2018
Pensate che bello inquadrare nello sfondo otto (8) turbine rotanti candide come le nubi, alte 170 mt. (10 volte tanto il campanile di Spugnole)…
Cosa di meglio per promuovere questo territorio?