Del riccio ed altri insettivori
MUGELLO – Quando negli anni ’70 facevo il tragitto Vicchio – Borgo San Lorenzo per andare a scuola, in primavera notavo quasi tutti i giorni qualche riccio schiacciato lungo la strada. La cosa si spiegava facilmente col fatto che, dopo il letargo, i ricci erano presi dalla frenesia riproduttiva e andavano in cerca di partner, spingendosi anche ad attraversare le strade.
Il modo usuale dei ricci di difendersi è il “fare la palla”: infatti sul dorso l’evoluzione li ha dotati di un potente muscolo che, contraendosi, porta la testa tra le zampe posteriori, formando così una palla spinosa. Il nome riccio deriva proprio da questa capacità, che in quella posizione li fa assomigliare ad un riccio di castagno, con tutti gli aculei rivolti verso l’esterno. Questa difesa è efficace contro i nemici naturali, tra i quali la volpe, che si dice utilizzerebbe un sistema ingegnoso per predarlo: urinerebbe sopra la palla costringendolo ad aprirsi e a scoprire il punto vulnerabile della pancia. Non so se sia vero, comunque la strategia della palla non funziona certamente con le auto.
Sulla base di queste considerazioni, elaborai una mia teoria. All’arrivo dell’auto il riccio ha due possibilità: salvarsi o rimanere inesorabilmente schiacciato; se la scansa attribuirà la sua salvezza all’azione del muscolo dorsale che lo ha trasformato in un’inattaccabile palla spinosa; se viene schiacciato, non potrà comunicare a nessuno l’inefficacia della manovra. E poiché dagli anni ’70 il traffico veicolare stava aumentando in maniera esponenziale, giungevo alla conclusione che il riccio rischiava l’estinzione per la sempre maggior difficoltà di riprodursi. Mi sembrava un ragionamento perfettamente logico, senza smagliature.
Ma i fatti della natura contraddicono spesso la logica. Una notte stavo guidando dal Ponte a Vicchio verso il Cistio, quando, all’improvviso, un riccio attraversò la strada correndo alla massima velocità che il suo piccolo corpo massiccio gli permetteva. Rimasi veramente colpito: i ricci erano riusciti a mutare un comportamento elaborato in migliaia di anni di evoluzione, fino ad allora efficace, per adattarsi ad una nuova situazione. Non avevo valutato che anche i ricci potessero imparare in un tempo così breve a far fronte ai cambiamenti avvenuti nell’ambiente adottando tecniche mai usate prima. L’intelligenza di questo simpatico animale mi costrinse a un bagno di umiltà. In effetti sembra che le strade non siano costellate di cadaveri di ricci come negli anni passati.
Tra gli insettivori nostrani ci sono anche le talpe. La parola “talpa” è equivoca, perché spesso indica i ratti; ma qui si parla delle vere talpe, cioè di quegli animali neri, dal pelo vellutato, lunghi una quindicina di centimetri, che negli orti scavano gallerie formando collinette di terra. Mangiano molti lombrichi, ma anche tante larve d’insetti dannosi, per cui si può ben sopportare qualche danno collaterale. La talpa è inconfondibile per la testa a punta (come quasi tutti gli insettivori), ma soprattutto per le zampe anteriori, trasformate in veri e propri attrezzi di scavo e dotate di grossi artigli; sono posizionate in modo che la terra scavata venga spinta all’indietro e che le zampe posteriori possano allontanarla definitivamente, consentendo all’animale di avanzare. Proprio per questa sua costante attività non ha padiglioni auricolari e i suoi occhi sono spesso coperti dalla pelle. In Mugello, stando ai libri faunistici, ci sarebbero due specie di talpe: quella europea e quella denominata “della faggeta”.
La prima, più grossa e con gli occhi ridotti ad un forellino nella pelle, è presente in tutto il territorio mentre la seconda è molto più piccola e con gli occhi completamente ricoperti dalla pelle, tanto che l’animale distingue appena la luce dal buio. Ho trovato spesso talpe prive di vita sui sentieri, in primavera, e non ho saputo mai dare una risposta fondata sulla causa della loro morte. Nel 1989 mi portarono da Panicaglia una grande talpa morta con gli occhi completamente coperti dalla pelle. Dai soliti manuali appresi che poteva trattarsi di una terza talpa, quella romana, che però tutte le carte di distribuzione della specie situavano nella penisola italiana solo a sud di Orbetello.
Il fatto mi parve allora una pura casualità, ma oggi lo interpreto come l’ennesimo segnale del miglioramento climatico in atto, dal momento che la talpa romana (ammesso e non concesso che il mio riconoscimento fosse corretto) stava risalendo verso Nord, come facevano l’istrice o la gazza. Quanti indizi ci dà la natura che noi non sappiamo intendere!
Insettivori sono anche i toporagni, presenti in Mugello in 8 specie, divise tra animali a denti rossi color vinaccia (5 specie) e a denti bianchi (3 specie). Tra quelli a denti bianchi c’è il più piccolo mammifero europeo, il mustiolo (Suncus etruscus): un esemplare è esposto al Museo del Liceo scientifico, ove desta sempre la meraviglia dei ragazzi. Pesa da 2 a 5 grammi ed è lungo 4-5 centimetri. Essendo così piccolo e a sangue caldo, deve mangiare tutto ciò che trova altrimenti rischia il collasso per la grande perdita di calore, dovuta alla sproporzione tra la superficie e il volume del corpo. La produzione di calore deve essere costante e l’animale deve rifornirsi di cibo in continuazione per cui può diventare persino cannibale.
Tra i toporagni a denti rossi (che hanno gli stessi problemi del mustiolo) mi piace ricordare il toporagno acquatico, trovato al Rio Farfereta, dietro la Madonna dei Tre Fiumi di Ronta, durante una lezione all’aperto sull’ambiente boschivo. I miei alunni rinvennero un piccolo cadavere, a cui mancava la testa e la spalla destra, che sul momento non seppi identificare. Quando il giorno dopo esaminai più a fondo quei pochi resti, notai i piedi posteriori, abbastanza grandi e, soprattutto, contornati di lungo pelo. Fu questa caratteristica che mi consentì di riconoscervi un toporagno acquatico (Neomys fodiens) perché il pelo gli consente la propulsione sott’acqua: quando il piede viene portato avanti si richiude senza ostacolare il movimento, mentre quando viene spinto all’indietro, si apre aumentando la spinta e favorendo la velocità del moto. Così il nostro animalino nuota benissimo catturando girini, pesciolini e insetti vari che gli consentono di vivere. E persino la tana ha un ingresso sott’acqua per tenergli la dispensa sempre accessibile.
Il ritrovamento ha rafforzato due convinzioni: se si scatenano i ragazzi in un ambiente, si ha la certezza che verrà fuori qualcosa d’imprevisto; se si sta attenti a ciò che si trova, si scoprono spesso cose assai interessanti.
Paolo Bassani
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 30 Luglio 2021
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