MUGELLO – Che il Mugello sia terra artisti, è noto. Molti ci nascono, altri ci vengono a vivere. Come Elena Bindi, pittrice. E nell’intervista che le ha fatto Bruno Becchi emerge la sua grande passione di artista. E il dialogo tra Bindi e Becchi è occasione anche per ammirare, leggendo, numerose opere della pittrice senese e mugellana di adozione.
Per cominciare, Elena, cosa vorresti raccontare di te ai lettori de “Il Filo”, perché possano conoscerti un po’? Innanzitutto, vorrei rivolgere un sentito grazie a “Il Filo” per questa opportunità che mi sta offrendo. Comincio dicendo che sono mugellana “di adozione”: abito in questa splendida terra dal 2002, ma la mia città natìa è Siena, dove ho abitato fino a 19 anni, età in cui mi sono spostata a Firenze per i miei studi universitari, culminati con una laurea in Lingue e letterature straniere a indirizzo glottologico. Grazie a due borse di studio, ho trascorso un anno all’estero, diviso tra Spagna e Belgio, e -una volta tornata in Italia-ho iniziato a lavorare per diversi anni come insegnante, per approdare poi al mondo della sanità dove lavoro come amministrativa da quattordici anni.
Tuttavia, ciò che mi fa battere il cuore è la pittura e la possibilità di elaborare le emozioni e i vissuti attraverso la creatività. Queste sono le mie vere passioni alle quali dedico buona parte del tempo libero, ritagliato dalla routine quotidiana.

Come è cominciato il tuo percorso nel mondo dei colori? Ho sempre avuto, fin da bambina, predisposizione per la pittura. Mi faceva stare bene passare le giornate a disegnare e colorare: già in terza media ricevetti il mio primo premio in un concorso scolastico. La passione si è poi latentizzata perché i miei studi mi hanno portato a scoprire le lingue e i loro segreti, analizzando la loro evoluzione nel tempo e nello spazio. Nel 2015, complice un agosto afosissimo, ebbi l’istinto di ricomprare tele e pennelli per riprendere a dipingere, memore dello stato di pace che provavo quando ero più piccola. Da lì si è di nuovo incendiata una passione sopita, ma mai spenta. Poco dopo mi iscrissi al Gruppo Dinamo – un gruppo di artisti attivo nella zona – e con loro iniziai le mie prime mostre proprio a Borgo a Villa Pecori Giraldi. Poi, consapevole del bisogno di ricevere un supporto tecnicamente più sorvegliato, iniziai a prendere lezioni private dal maestro Maurizio Fulvio Tronconi, con il quale ho studiato per diversi anni finché risiedeva a Ronta. Poi la vita con me è stata generosa e ho iniziato un percorso nel mondo artistico tanto virtuoso quanto inaspettato.

Come definiresti il tuo linguaggio artistico? Ti ispiri a qualche artista in particolare? Il mio linguaggio è in evoluzione continua e in apparente contraddizione. Adoro la sperimentazione perché appaga la mia inquietudine interiore e mi permette di esprimere -sublimandole – passioni, tensioni, paure e mutevoli stati d’animo: è per questo che sembro priva di coerenza pittorica. In realtà, il mio eclettismo tecnico e contenutistico mi offre la possibilità di dar voce alle diverse parti del mio Io e placa un senso di ricerca e agitazione che sono alla base della mia essenza. Per quanto riguarda la pittura degli artisti del passato, io amo van Gogh e mi piacciono moltissimo gli Impressionisti e gli Espressionisti.

So che la tua produzione artistica ha ricevuto diversi riconoscimenti. Cosa rappresentano per te? Rappresentano un’incredibile fonte d’incoraggiamento per i momenti in cui vacillo e tendo all’inerzia. Partecipo raramente ai concorsi, ma onestamente – quando lo faccio – spesso ricevo dei riconoscimenti: ho avuto tre premi in concorsi internazionali, il primo premio a un concorso nazionale e poi qualche menzione d’onore, targhe e attestati. E anche molti apprezzamenti alle mostre, la maggior parte delle quali sono state realizzate in Toscana, mentre altre in varie città d’Italia, anche in sedi prestigiose come al Maschio Angioino di Napoli.

Oltre alla pittura, hai anche altre attività inerenti al mondo artistico? Sì, gli ultimi anni, quelli che casualmente hanno coinciso con l’inizio della pandemia, ho iniziato una nuova avventura nel mondo dell’editoria. Attualmente sono dieci i quadri scelti come immagini di copertina di romanzi e raccolte di poesie. Inoltre, a ottobre 2020 ho pubblicato, con una soddisfazione enorme, una monografia dal titolo “Elena Bindi. Pittrice” che raccoglie episodi di vita pubblica e privata, immagini di quadri abbinati poesie da me scritte e 33 foto personali a partire dalla mia infanzia.
Infine, consapevole del potere curativo della creatività, ho iniziato lo studio dell’arteterapia: sto frequentando una scuola triennale che mi ha dato accesso alla scoperta di un mondo di conoscenze meravigliosamente interessanti.

Ho letto qualche tempo fa la tua monografia con grande interesse; direi che fa parte di quelle pubblicazioni che ti riconciliano con il bello attraverso le parole e le immagini. La trovo uno strumento importante per comprendere il tuo percorso artistico e personale. Detto questo e considerato il variegato bagaglio di esperienze che ti stai formando, ti chiedo quali siano tuoi progetti per il futuro? Sicuramente continuare a studiare e perfezionarmi nello studio della pittura per avere un maggior ventaglio di possibilità nella realizzazione delle mie “visioni”. Inoltre, utilizzare l’arteterapia come strumento di crescita personale e sostegno sia per me che per gli altri. Mi piacerebbe avere nel tempo la possibilità di condurre piccoli gruppi e realizzare laboratori in cui le persone riescano a trarre beneficio. La mia grande ambizione futura è proprio quella di avere un mio atelier dove conciliare queste due attività.

I lettori, che fossero interessati alle tue produzioni artistiche, come possono entrare in contatto con te e la tua arte? Al momento non ho un sito, ma possono contattarmi via mail, per telefono al 339.3078917 o visitare la mia pagina Facebook.

Un’ultima domanda, un po’ difficile e forse anche un po’ cattivella: per quali ragioni i nostri lettori dovrebbero essere attratti dalla tua arte? Prima di risponderti, faccio una rettifica sul verbo che hai utilizzato all’inizio: “dovrebbero” è un termine che non trovo adatto. L’arte è bellezza e piacere e deve essere desiderata. Quindi, dovremmo avvicinarci ad essa con un senso di desiderio, non di dovere. Per il resto, non saprei bene cosa risponderti. Quello che mi viene da dire è che i miei quadri sono il frutto di un percorso emotivo che inevitabilmente entrerà in risonanza con le emozioni dello spettatore: per me è importante che chi appende in casa uno dei miei quadri lo faccia con convinzione e, infatti, anche se non è mai accaduto, offro sempre la possibilità di restituire un quadro se si percepisce una distonia nel vederlo appeso alle proprie pareti di casa o dell’ufficio.
Bruno Becchi
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 18 settembre 2022
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