MUGELLO – “Il monumento a Giotto lo pensai e lo favorii quando ero vivo: ora Giotto lo vedrò nel mondo di là. Dunque non vengo”, così scrisse Giosue Carducci il 19 agosto 1901 al dottor Luigi Billi che l’aveva invitato a presiedere l’imminente inaugurazione del monumento a Giotto nella piazza di Vicchio, che il nume tutelare dell’Italia unita aveva voluto e patrocinato (rammento per inciso che la vicenda è ampiamente documentata da Aldo Giovannini nel volume su Giotto, edito nel 2017 per celebrare il pittore a 750 anni dalla sua nascita). Le ragioni del diniego non erano di natura fisica ma psichica: “Come sto? Bene di fuori, male di dentro”, affermava, spiegando che era oppresso dalla malinconia, amareggiato, urtato dalla gente e dalle feste. Tutto gli pareva “vanità e noia” per cui non desiderava che starsene solo in casa (G. Carducci, Prose, Utet, 2006, doc. n. 96).
Una lettera chiarificatrice, che spiega l’assenza di Carducci a un appuntamento così importante e desiderato, tanto più che il poeta riceveva l’invito da un amico per il quale nutriva un affetto fraterno, cementato da una costante frequentazione e da comuni ideali (oltre che un illustre medico fiorentino Luigi Billi era un capitano che aveva combattuto con Garibaldi nella vittoriosa battaglia di Bezzecca). Tenera gratitudine serbava anche alla di lui consorte, la poetessa Marianna Giarré, alla quale poco tempo prima, il 13 maggio 1900, aveva inviato un commosso ringraziamento per le pazienti cure che gli aveva prestato durante il suo soggiorno nella villa di Pilarciano. Il 25 settembre 1899 Carducci era stato colpito da una nuova paralisi al braccio destro che gli aveva impedito per diverso tempo di articolare la mano e di scrivere correttamente. Sempre a lei, il 13 dicembre 1899, aveva indirizzato una lettera con queste parole: “… io porterò sempre nel cuore i giorni bellissimi nella sua palazzina e le cure più che fraterne onde sono stato circondato dal mio carissimo Gigi e da Lei, signora Marianna. Si ricorda il massaggio al braccio colla gran cura dei bagni d’aceto? Ma ho paura che Ella non avrà mai il sonetto celebrante la guarigione: la mano è sempre al solito stato, inerte… Signora Marianna, io ricordo e ricorderò sempre le ore passate insieme, ricorderò sempre l’animo fraterno di Lei e di Gigi che tanto mi confortarono e diedero speranza”.
Più volte sono stati ricordati i gustosi aneddoti sulla villeggiatura di Carducci nel Mugello riferiti nel volumetto di Faliero Bartalini intitolato Da Pilarciano a Bolgheri, edito nel 1905, che ci svela passioni e manie dell’araldo nazionale, con il corredo di foto davvero singolari. Ne riproduciamo due.
In questa foto compaiono quattro giocatori che hanno terminato la solita partita a scopa del dopopasto: Giosue Carducci (nel mezzo, in piedi), Luigi Billi (seduto) e due eminenti letterati: Guido Mazzoni (a sinistra) e Michele Barbi (a destra).
Michele Barbi, Giosue Carducci e Marianna Billi sostano davanti alla torre cilindrica del castello di Vespignano, nel corso di una passeggiata in cui il poeta si fece ritrarre anche mentre accarezzava un bove, in una posa di compiaciuta assonanza con il suo celebre sonetto. D’altronde l’attaccamento a Pilarciano e ai proprietari della casa che lo ospitava il poeta l’aveva ben mostrato il 9 ottobre 1892, quando compose di getto un’ode per festeggiare il compimento dei 54 anni dell’amico Billi, ode che comparve sulla rivista fiorentina “Il Marzocco” e sul “Giornale d’Italia” nel 1910. Curiosamente il manoscritto originale è stato trovato in una scatola di latta acquistata da un cronista de “La Nazione” in un mercatino antiquariale (vedi l’articolo del 21 marzo 2011 del quotidiano).
Come la gioia pur tra una rimasa
lacrima brilla in viso onesto e bello
ride l’autunno, amico, su la casa
tua di Mugello.
Quale degli anni a la memoria nostra
tal de le nubi, tra la incerta lampa
del sol, su questa di bei monti chiostra,
l’ombra si stampa.
E a questa soglia ove il pensier pudico
Chiara di Giotto in bianchi veli chiusa
soffermò un giorno, or ferma de l’amicoliba la musa
al tuo natale. Dopo il corso ardito
dal calmo autunno a noi la mente ne la
pura securità dell’infinitoapra la vela.
Giosue Carducci a Luigi Billi
lì 9 ottobre 1892
Ai meno esperti di retorica carducciana offriamo questa versione parafrastica: Splende l’autunno sulla tua casa del Mugello, o amico, come brilla la gioia su un bel viso che ha pianto. La memoria degli anni passati è come l’ombra delle nuvole che oscurando il sole si riflettono sulla bella cerchia dei monti. La musa dell’amico ormai spenta onora il tuo compleanno, proprio nel luogo dove un giorno si soffermò pudibonda la figlia di Giotto, Chiara, vestita da sposa. Nella quiete autunnale la nostra mente si apra dopo l’ardito percorso esistenziale alla comprensione dell’infinito.
Adriano Gasparrini
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 24 febbraio 2020