
VICCHIO – Molti di voi avranno sentito parlare dell’hospitale medievale che aveva inizialmente funzioni generiche di accoglienza degli “ospiti” (dal lat.“hospes”) ovvero dei viaggiatori che, perlomeno dalle nostre parti, transitavano per raggiungere Roma, la Terra Santa, o semplicemente mercanti che si spostavano per vendere la merce.

Questi ospizi per “forestieri” erano di solito collocati vicino a ponti, paludi, catene montuose o luoghi d’attraversamento difficoltosi. Così si può affermare con certezza che il rinvenimento di una strada antica giustifica la presenza di hospitali e viceversa.

Solo in seguito l’hospitale diventò luogo di cura specializzandosi, già dal XIII secolo, nell’assistenza a vari tipi di malati e con un (logico) legame con istituzioni religiose. Si trattava di un’incredibile quantità di rifugi, ma era incredibile anche la quantità di viandanti di ogni ceto sociale, la maggior parte bisognosi di primaria assistenza a cominciare dal bere e dal dormire. Spesso la vita di questi edifici era breve, perché si trattava istituzioni private piccole, al massimo composte da due o tre stanzucce maleodoranti e da un ripostiglio d’accoglienza dove depositare i bagagli.

La presenza di un camino o della stalla era considerata un lusso. Erano molti anche da noi, perché non era uno scherzo affrontare l’Appennino nel Medioevo, specie d’inverno. Comunque sia, uno dei più antichi e misteriosi del Mugello sorgeva in cima a una graziosa e insospettabile collinetta appena sopra a Santa Maria a Vezzano, nel Comune di Vicchio; era l’hospitale pomposamente chiamato “Il Salomone”. Ma perché si trovava lì? Partiamo dal presupposto che una delle strade meno pubblicizzate e “inflazionate” dagli storici, ma anche tra le più belle e antiche del Mugello, scendeva in direzione nord verso Montepulico-Le Salaiole fino a Sagginale. Guadata la Sieve, passava nei pressi di Vespignano-Pesciola salendo verso Santa Maria (e forse Ponteruscello sopra la Madonna dei tre fiumi) per poi valicare l’Appennino.

Ebbene, “Il Salomone” si trovava su quel percorso e dava rifugio ai viaggiatori prima di affrontare l’impervia salita o a quelli che, stremati, ne erano reduci; un posto isolato ma sicuro ai piedi dei monti, vicino alla “civile pianura” e anche .. a qualche bel pollo da arrostire. L’hospitale, probabilmente legato alla struttura religiosa di Moscheta, era sicuramente piccolo ma presentava un annesso edificio, un’Oratorio adibito a luogo di preghiera per alcune suore, le quali così potevano anche darsi da fare con l’accoglienza. Appena cento metri più in basso sorgevano rassicuranti e fin troppo vicine tra loro ben tre chiese dalla diversa appartenenza; quella di Sant’Andrea (legata alla diocesi fiesolana), quella di San Pietro (Badia a Moscheta) e quella di Santa Maria (diocesi fiorentina). Oggi delle prime due chiese esiste solo qualche residua muraglia. Resta un ultimo mistero da svelare; perché diavolo avranno mai chiamato quel posto “Il Salomone”. Forse in onore del mitico personaggio biblico Re Salomone? Mi sembrerebbe un’idea troppo fine per dei campagnoli; immagino invece che là dentro vivesse qualche famoso guaritore o mediatore dalle sagge sentenze. “O perché e un tu vai a sentire i’ che ti dice i’ Salomone, vedrai che trova lui i’ rimedio!”, dicevano i contadini del posto incrementando il mito di quel simpatico soprannome. Per forza di cose, si finì per chiamare in quel modo anche il luogo e l’hospitale. E si fa per scherzare, ma… chissà, forse è andata davvero così!
Fabrizio Scheggi
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 3 Gennaio 2020
2 commenti
Complimenti.
Interessante, documentato e dettagliatissimo.
Daniele
Grazie per la sua lettura e per l’amore, credo condiviso, per la storia del Mugello