La chiesa di San Michele al Ferrone
SCARPERIA E SAN PIERO – I luoghi di culto in ogni loro forma hanno sempre rappresentato un elemento distintivo del carattere e del costume dei mugellani. Edifici poveri o dall’architettura straordinaria spesso realizzati da credenti anonimi che in quei simboli di fede trovavano risposte alle proprie incertezze morali e un rifugio sicuro per le necessità di una vita intera. Un pulviscolo di costruzioni grandi e piccolissime non facilmente quantificabile che ancora sa arricchire forme e scenari di un paesaggio già naturalmente dotato di una bellezza commovente.
Ognuno di questi luoghi è custode di un frammento di storia locale, espressione di un periodo artistico, testimonianza della crescita o della scomparsa del Popolo che lo sosteneva ma tuttavia osteggiato da un futuro il cui destino appare inevitabilmente relegato all’oblio. È un fenomeno di tranquilla indifferenza che si manifesta apertamente negli edifici più piccoli e nascosti appartenuti in passato a Popoli numericamente contenuti e ora destinati ad un abbandono progressivo che li
cancellerà per sempre dalla cartografia del Mugello.
Un esempio tangibile di questa condizione biasimevole e ormai diffusa appare evidente anche dallo stato della graziosa chiesetta di San Michele posta a nord ovest di Scarperia nei pressi del modesto abitato del Ferrone. Pochissimo conosciamo sulla storia di questa chiesa in completo deperimento strutturale, ne tanto meno possiamo avere riferimenti per una visione interna delle strutture, preclusa da una carenza di documenti di archivio e da troppi anni di inaccessibilità.
Il suo orientamento est ovest, tipico degli edifici di culto più remoti, denuncia origini antichissime. Fu una delle prime chiese fondate dagli Ubaldini nel Vicariato di Scarperia, poi sottratta loro da Papa Leone nell’ XI secolo che l’avrebbe aggregata al Capitolo Fiorentino. San Michele non compare nel Libro di Montaperti fra i popoli chiamati a sostenere i fiorentini nell’epica battaglia contro Siena del 1260 ma nel 1306 la Repubblica obbligava il villaggio di Ferrone, con quelli di Sant’Agata, Fagna e San Giovanni Maggiore, a dare aiuto per la costruzione di Castel San Barnaba, la nuova
Scarperia.
A metà del XIV secolo il “quartiere” di San Michele al Ferrone era fra i più popolati della zona, composto da ben 104 famiglie contro le 45 di Fagna e le 32 di Sant’Agata. Nel suo territorio parrocchiale erano compresi l’antico oratorio di San Martino al Lago e lo Spedale dei Pellegrini il cui patronato spettava però alla Compagnia della Madonna di Piazza in Scarperia.
Più tardi, in seguito al ripetersi di episodi miracolosi accaduti poco fuori le mura di Scarperia ma nella cura parrocchiale del Ferrone, il curato di San Michele, Domenico Romagnoli, si adoperò per raccogliere fra il Popolo le elemosine necessarie a costruire l’oratorio del Vivaio in onore della Madonna. Il singolare edificio fu realizzato fra il 1724 ed il 1741 e resta tutt’ora uno degli edifici sacri simbolo di Scarperia.
Con decreto del 4 maggio 1787 la parrocchia di San Michele al Ferrone era soppressa ed il Popolo assegnato e suddiviso fra la propositura dei Santi Jacopo e Filippo e la chiesa di San Clemente a Signano. Una lapide di marmo apposta sul fianco sinistro dell’edificio ricorda un probabile intervento di restauro compiuto dopo il terremoto del 29 giugno 1919 che si rivelò particolarmente crudele per molti edifici sacri nel territorio di Scarperia.
La chiesa appoggia il suo fianco destro ad altri edifici di servizio, anch’essi in precario stato strutturale, che amplificano il deplorevole senso di abbandono condizionante l’intero complesso.
Preceduto da un breve sagrato semicircolare pavimentato in pietra, il piccolo edificio di culto è caratterizzato da un’architettura lineare e compatta, ottenuta con l’assemblaggio di bozze a vista di pezzatura media. La copertura è a due acque con un grazioso campaniletto a vela privo di campana sistemato all’apice dei due spioventi. La facciata è munita di oculo nella parte superiore e suggerisce parvenze di interventi moderni, forse relativi in parte al precitato restauro successivo al terremoto del 1919.
Il robusto portale di pietra è sormontato da una lunetta in piastrelle di ceramica riproducenti la figura del Cristo benedicente racchiusa da una cornice a motivi geometrici. L’opera datata agli anni trenta del Novecento è attribuita alla Manifattura Chini di Borgo San Lorenzo e al disegno di Tito Chini.
Di Augusto Chini è invece la formella in grès con la scritta Pax et Bonum apposta nel 1926 in occasione del VII centenario della morte di San Francesco d’Assisi.
Sulla facciata compaiono altri simboli scolpiti nella pietra come lo stemma della famiglia Torrigiani, probabili patroni della chiesa nel Settecento, la Croce del Popolo ed altri fregi ornamentali. Sull’angolo sinistro della facciata una semplice targa di marmo reca il nome di Ferrone.
Massimo Certini
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 8 Dicembre 2024
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