La pieve di San Cassiano in Padule
VICCHIO – Molti toponimi indicativi di località collinari e preappenniniche a nord di Vicchio farebbero pensare ad una remota presenza longobarda, attiva e particolarmente operosa soprattutto nell’area del Padule.
Le origini della pieve di San Cassiano potrebbero collocarsi nella stessa epoca tardo longobarda o carolingia, anche se le prime notizie storiche che la riguardano risalgono al X secolo e più precisamente al 992. Tutti elementi storicamente significativi che indicano in questo edificio ed in quello di Sant’Agata, le testimonianze plebane più antiche del Mugello.
Un’idea della vetustà dell’edificio si concretizza direttamente con l’esame visivo dei pochi resti originali che ancora lo caratterizzano, comprensivi dell’intera parete absidale, del paramento inferiore della primitiva torre campanaria e del piccolo ma suggestivo ambiente della cripta.
Inserita nella giurisdizione del vescovo fiorentino, nel X secolo aveva già conseguito il titolo di collegiata ed in quanto munita di un consistente patrimonio di sostanze e beni fondiari, era tenuta a pagare al presule cittadino un censo annuo di sei staia di grano.
Tuttavia un’altra pieve, un edificio di culto analogo ma ben più antico e intitolato a San Gervasio, doveva trovarsi poco lontano da San Cassiano, divenendone poi suffraganea nel corso del XII secolo. Questa era edificata più a valle, sulla riva destra del Muccione, in un territorio la cui stabilità era costantemente minacciata dagli effetti alluvionali dello stesso torrente che ne avrebbero causato il progressivo deterioramento e l’inevitabile abbandono.
Non distante da questa, se non edificata poi nello stesso luogo, era la chiesa di San Pietro in Padule, anch’essa unita alla pieve di San Cassiano attorno il 1315.
Nella Torre di Romagnano, in località detta al Colle nel popolo di San Pietro in Padule, nasceva nel 1267 Angiolotto di Bondone, universalmente conosciuto come Giotto, certamente battezzato nella pieve di San Cassiano e divenuto poi il “padre” della pittura italiana. Altri storici vorrebbero battezzato allo stesso Fonte anche Fra Giovanni da Fiesole, anch’egli nato a Vicchio (Rupecanina) attorno il 1395, noto per i suoi grandi valori di umiltà e per le straordinarie doti pittoriche che gli valsero postumo l’epiteto di Beato Angelico.
All’inizio del XV secolo San Cassiano aveva ormai assunto una posizione di rilievo nella gerarchia economica delle pievi della Diocesi. La fama raggiunta avrebbe stimolato attenzioni e procurato interesse verso grandi personalità dell’epoca, come Leonardo Dati che ne fu investito titolare nel 1446.
Nel 1464 frate Bernardo di Simone da Firenze, donava alla pieve un raffinato ciborio in pietra ancora visibile sul lato destro della vecchia abside. Il manufatto presenta due lesene laterali corinzie che raccolgono le figure dei angeli oranti e cherubini, i simboli del sole e della luna e una valva di conchiglia. Nella punta la figura di un cavaliere incedente e nel timpano quella del Cristo che risorge dal Sepolcro.
Con una bolla di Papa Giulio II emessa il primo dicembre del 1506, la pieve con tutte le sue rendite e pertinenze era assegnata al nuovo Canonicato fondato dai Pazzi nella metropolitana fiorentina. Molti rappresentanti di quella casata rivestirono il ruolo di pievano in San Cassiano per buona parte del Cinquecento. Alla fine dello stesso secolo ed al plebato di Benedetto Pescioni, dovrebbe risalire la prima e più importante opera di restauro dell’edificio, relativa alla ricostruzione parziale della tribuna e all’apposizione di nuove decorazioni parietali. Pitture di questo tipo erano ancora visibili in chiesa nel 1748, al tempo del patronato dei Rossi.
Numerose furono le suffraganee ed i luoghi di culto minori uniti a San Cassiano e fra questi vi fu anche la prioria di San Giovanni Battista a Vicchio, prima che la stessa venisse dichiarata pieve nel 1830.
Anticamente l’aspetto del tempio doveva apparire maestoso, con l’ambiente interno diviso in tre navate scandite da cinque arcate a tutto sesto sostenute da pilastri di pietra serena. Il Prof. Niccolai nella sua Guida del Mugello ci ricorda che la pieve era stata restaurata dall’architetto Castellucci agli inizi della seconda decade del Novecento, con interventi che comprendevano il ripristino dei pilastri, il restauro dell’antica cripta e della parte interna dell’abside e l’abbassamento del pavimento.
Il 29 giugno del 1919 un terremoto di violenza inaudita, scuoteva tutto il Mugello e le regioni limitrofe. L’epicentro del sisma ebbe luogo proprio nella zona tra Vicchio e Molezzano, con effetti devastanti per tutti gli edifici, in particolare per quelli più antichi e fragili. La pieve di San Cassiano fu praticamente rasa al suolo ad eccezione della tribuna e della parte inferiore delle mura laterali.
Il 30 settembre 1923 giorno di domenica, il nuovo pievano Don Pietro Cantini aveva convocato il popolo ad assistere alla posa della prima pietra per la ricostruzione. Su un altare posticcio eretto al centro del tempio devastato, Don Gabriele Lepri, priore di Molezzano celebrò la Messa cantata dai giovani della parrocchia. Dopo la benedizione, insieme ad una pergamena commemorativa e ad alcune monete dell’epoca, la prima pietra fu amorevolmente posata, con simbolici colpi di cazzuola del celebrante e di Marino Marchetti sindaco di Vicchio. Appena quattro anni più tardi, il 6 novembre 1927, S. E. il cardinale Alfonso Maria Mistrangelo in visita pastorale, presiedeva la cerimonia per la riapertura e la restituzione al culto del tempio ricostruito. I festeggiamenti iniziarono al mattino con il ricevimento del prelato da parte dei parroci delle suffraganee, dalle scolaresche e dal popolo tutto, parte del quale candidamente incappato. Alle 11 Messa solenne cantata dalla Schola Cantorum dei giovani di Pimaggiore. Innumerevoli le personalità presenti e fra queste le autorità militari e comunali di Vicchio, l’Ing. Mian direttore dei lavori di ricostruzione, funzionari del Genio Civile, giornalisti de La Nazione, esponenti della Milizia fascista. Nel pomeriggio dopo i Vespri delle 15, fu tenuta una processione solenne attraverso Le Caselle accompagnata dalla Banda Musicale di Vicchio.
Il completamento delle strutture si sarebbe concluso però solo nel biennio successivo, con l’erezione del campanile a torre con coronamento merlato e munito di due ordini di bifore e monofore. Si conservarono simbolicamente le parti in elevato della tribuna, quelle mura che nonostante la vetustà avevano resistito alla brutalità del sisma.
Il nuovo tempio dunque si mostrava e si mostra provvisto di tre ambienti sacri contigui, relativi alla nuova aula, alla base dell’antica torre campanaria ora adibita a sacrestia e l’intera zona absidale della struttura primitiva, comprensiva della graziosa cripta.
La facciata è a capanna, realizzata con bozze finemente squadrate e ben allineate. L’ampio portale cui si accede superando cinque scalini di pietra, è sormontato da una lunetta tamponata e priva d’immagine.
Nella parte superiore della facciata si aprono tre grandi bifore con vetrate policrome realizzate dai Chini nelle Fornaci San Lorenzo e riproducenti le figure del Sacro Cuore, San Romolo, San Sebastiano, San Cassiano e le Sante Teresa e Cristina.
L’interno è semplice, lineare nella forma e a unica navata ripartita su tre campate, con cornice decorata di gusto chiniano che circuisce l’intero perimetro dell’aula all’imposta delle capriate.
A sinistra dell’ingresso è il Fonte Battesimale realizzato da Padre Edoardo Rossi nel 1930 con pietra, cemento e piastrelle in maiolica.
Sulla parete sinistra, nella campata centrale è una tela della Crocifissione di Cristo con la Madonna e Maria Maddalena, San Giovanni, figure di soldati romani, angeli e gli strumenti del martirio. L’opera decisamente compromessa nella sua cromia e luminosità originali, costituisce copia probabilmente tardo settecentesca prossima allo stile e alla maniera di Pietro Dandini.
Sempre nella campata centrale ma sulla parete destra, resta l’affresco quattrocentesco della Madonna col Bambino fra San Cassiano ed un altro Santo carmelitano.
Il presbiterio delimitato da una balaustra a colonnette quadrangolari, è rialzato di due gradini e si conclude nell’abside intonacata e dipinta a finta pietra.
Sopra l’Altar Maggiore trova giusta collocazione un tempietto in lavagna del XV secolo, con cupoletta finemente cesellata a squame di pesce proveniente dalla chiesa di San Francesco a Borgo San Lorenzo.
A destra dell’Altar Maggiore è l’ingresso alla sacrestia dalla quale è possibile accedere agli ambienti originali della tribuna, con l’abside ancora ben conservata e caratterizzata da un suggestivo paramento di bozze a vista. Sulla parete laterale a destra del catino, è un Battesimo di Gesù in terracotta opera del padre francescano Edoardo Rossi e accanto a questo il precitato tabernacolo quattrocentesco di Frate Bernardo di Simone. Dietro la piccola mensa e a stretto contatto della parete absidale si apre l’angusta scaletta di accesso alla cripta.
In pieve si conservava un tempo il Cranio di Sant’Epifanio, teologo e Padre della Chiesa metropolita di Cipro. Sembra che la reliquia, conservata in passato in una teca di argento cesellato del XVI secolo, fosse pervenuta alla pieve come dono dei Medici, che a loro volta l’avevano ricevuta dalle autorità mussulmane.
Alla pieve appartiene anche una testa di Ecce Homo in ceroplastica, opera realizzata da Clemente Susini sul finire del XVIII secolo e ora conservata nel Museo del Beato Angelico a Vicchio.
Massimo Certini
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – marzo 2024