La pieve di San Martino a Corella
DICOMANO – Corella è una graziosa località posta circa sei chilometri a nord di Dicomano. Il borgo si colloca in un’amena depressione naturale preappenninica generata dal torrente omonimo che vi scende dal monte Peschiena. Le creste del monte di Gattaia e quelle degli Acchieri vi si affacciano da nord est, mentre il Monte Campogianni, il Poggio delle Paline e il Poggio di Lavacchio la proteggono da ovest, nord ovest, racchiudendo questo lembo del Mugello più orientale, in uno splendido scrigno naturale dal clima salubre e gradevole per buona parte dell’anno.
Siamo in una zona al momento poco indagata storicamente, anche se lo stesso toponimo Corella o Coreglia, suggerisce derivazioni latine da un più antico Corenula, lasciando intuire origini etrusco romane.
Ben più nitida appare invece la storia medievale, quando il luogo era divenuto di importanza strategica per il controllo e l’accesso ai valichi appenninici.
Sulle alture ad ovest della chiesa era infatti, la possente fortezza di Belforte, dalla quale i figli di Guido Guerra, avevano pieno controllo di questo territorio, già concesso ai Conti da Arrigo VI nel 1191 e poi riconfermato loro da Federigo II nel 1220 e nel 1247. Una postazione di grande valore militare, in grado di sorvegliare lo stesso valico di Belforte e il transito delle carovane verso il più alto passo delle Scalelle, che dava accesso alla valle del Lamone e alla Romagna.
Definitivamente assegnato ai Guidi di Battifolle, il castello di Belforte assieme alla rocca di Gattaia, fu acquistato dalla Repubblica fiorentina nel 1376.
Al tempo, nei pressi della rocca, era già presente l’antica chiesa di Santa Maria, annessa alla pieve di Corella e parrocchiale del primitivo villaggio di Dicomano, che storici del passato vorrebbero sorto proprio nell’area di Belforte.
Ancora nel Medioevo, Corella diede asilo al pittore Andrea del Castagno che vi cercava rifugio durante le guerre tra Firenze e Milano. Nel 1403 nacque a Corella Domenico di Giovanni Portesi, divenuto Fra Domenico dei Predicatori, priore di Santa Maria Novella e Vicario Generale dei domenicani, nonché autore del Theotocos, poema in onore della Madonna e di trattati con argute considerazioni sulla Divina Commedia.
Più articolata e affascinante la storia della chiesa.
Una leggenda antichissima e profondamente radicata nella tradizione popolare, narra di un primo edificio di culto eretto a La Cuna, sulla riva destra del torrente Corella, nel luogo che oggi accoglie un piccolo tabernacolo. Più concretamente, le prime notizie documentabili sulla chiesa intitolata a San Martino vescovo di Tours, risalgono al 1184 quando Papa Lucio III concedeva il privilegio ed il possesso dell’intera Corte al Monastero di San Miniato al Monte.
Inizialmente la chiesa fu matrice di numerosi popoli fra i quali San Donato a Paterno, Santa Lucia e Cristina a Casaromana, San Lorenzo a Fabiano, San Michele a Ampinana e San Martino in Rossoio.
Solo nel 1275 sembra aver ricevuto il ruolo e le effettive funzioni di plebania.
Anticamente fu dotata di uno Spedale per l’accoglienza dei pellegrini intitolato a San Bartolomeo, ulteriore testimonianza del valore sociale conseguito da Corella nel Medioevo, riferimento essenziale sulla primaria viabilità che univa quella toscana alla regione romagnola.
La pieve doveva collocarsi al tempo in riva sinistra del torrente, più in basso e distante circa cinquecento metri dall’edificio attuale.
Questa prima costruzione costituiva senza dubbio il riferimento spirituale e soprattutto sociale dell’intera comunità. Era munita di un grande porticato sotto al quale si adunavano le assemblee del popolo per discutere le comuni esigenze locali, vi si rogavano testamenti, atti notarili e sentenze penali.
Sotto lo stesso portico nel 1312, Ser Braccino nominato nuovo pievano di San Martino, faceva rogare l’inventario dei beni da lui stesso portati in dote alla pieve, consistenti in un manuale di preghiera, quattro paia di panni di lana, un asciugatoio grande e venti fiorini d’oro.
Agli inizi del Seicento devono attribuirsi radicali interventi conservativi e di restauro della pieve, poi impreziosita ed abbellita internamente con l’erezione degli altari laterali e dotata di opere pittoriche notevoli come la tela di Santa Caterina d’Alessandria dipinta da Lorenzo Lippi nel 1629, ora conservata a Dicomano nella pieve di Santa Maria,
e la pregevole Madonna col Bambino fra i Santi Pietro e Paolo realizzata nel 1646 su commissione di Don Antonio Fabbri, il pievano pro tempore.
Nel 1786 era soppressa la rettoria di San Pietro a Petrognano suffraganea di San Martino, posta nel piccolo nucleo abitato in riva destra, non lontano al borgo attuale.
Questa probabilmente fu una delle cause determinanti la ricostruzione della nuova pieve, essendo il primo edificio ormai deteriorato dal tempo e dagli effetti negativi causati dalla vicinanza del torrente.
I lavori per la costruzione del nuovo edificio di culto si sarebbero conclusi nel 1790, dando vita ad una costruzione collocata in posizione più elevata rispetto alla precedente e dalla fisionomia architettonica poco diversa da come la vediamo oggi; con l’interno già diviso in tre navate e munita delle due cappelle laterali.
Dal secondo quarto dell’Ottocento, per un decreto emesso qualche tempo prima dal Granduca di Toscana, la cura di San Martino diveniva di Regio Patronato, nonostante il popolo di Corella avesse provveduto a necessità e manutenzione della chiesa fin dalle origini.
Il grande terremoto del 29 giugno 1919 causò la morte del pievano Giuseppe Nuti. Chiesa e canonica subirono gravi danni e molte parti murarie ancora in elevato dovettero essere demolite.
La chiesa fu restaurata e riaperta al culto entro il 1925, poi dal 1986 unita alla pieve di Santa Maria a Dicomano.Per chi giunge oggi a Corella, la pieve si offre con gradevole impatto visivo, perfettamente inserita in un contesto agreste pedemontano ancora integro.
La sovrasta un campanile a torre quadrata, munito di quattro campane e concluso da una semplice merlatura guelfa che ne arricchisce la sommità. La facciata è caratterizzata dalle geometrie classiche degli edifici con copertura a quattro spioventi, che denunciano la disposizione interna a tre navate.
Sopra il portale d’ingresso una lunetta accoglie il simbolo eucaristico dipinto e più in alto, al centro della facciata, un grande oculo sostiene la vivace vetrata policroma di San Martino vescovo di Tours.
L’interno ha pianta rettangolare, disposta come detto su tre navate, con la principale che si apre sulle laterali con quattro arcate a tutto sesto. Singolare e forse unico esempio in Mugello, la copertura della navata centrale, sostenuta da cinque arcate trasversali in muratura.
Il presbiterio è rialzato di un gradino e ospita l’Altar Maggiore in arenaria volto “verus popolum” già nei rifacimenti dei primi anni Duemila, secondo le disposizioni post conciliari. Il ciborio in pietra è isolato nella parte tergale dell’altare, sorretto da un pilastrino dello stesso materiale.
Sulle pareti laterali del presbiterio si collocano due tabernacoli simili per gli Oli Santi di foggia cinquecentesca.
Alla parete di fondo si appoggia il grande Crocifisso dipinto nel 1988 da Alfredo Cifariello, allievo di Pietro Annigoni.
Il presbiterio si conclude nella scarsella rettangolare, con copertura a volta, dipinta a motivi geometrici che simulano una crociera, con i simboli dei quattro evangelisti al centro di ogni vela.
Nell’aula, in prossimità del presbiterio, si aprono le due cappelle laterali, con altari dal disegno speculare che generano una sorta di pianta basilicale.
L’altare di sinistra, un tempo dedicato a Santa Caterina d’Alessandria, ospita ora una Madonna col Bambino tra i Santi Domenico, Caterina da Siena, Sant’Antonio abate e un altro santo. 13-
Sull’altare di destra è invece una Madonna del Rosario tra San Domenico, Santa Caterina da Siena e cinque Santi.
Sulla testata della navata destra, resta godibile la splendida Madonna col Bambino tra San Pietro e San Paolo datata al 1646.
Sulle pareti dell’aula sono due opere moderne; a sinistra un Sacro Cuore e sulla parete opposta un “San Martino che dona il mantello al povero” realizzato dalla pittrice mugellana Sofia Arnò negli ultimi anni del Novecento.
Nella controfacciata destra resta la statua di Sant’Antonio abate col Bambino a grandezza naturale.
Il Fonte Battesimale occupa la controfacciata sinistra, caratterizzato da un elegante vasca a forma ellittica e sormontato da un “Battesimo di Gesù” dipinto dal pittore Poli nel 1988.
Massimo Certini
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 5 marzo 2023