MUGELLO – Il Regno d’Italia fu proclamato nel marzo 1861, proprio 160 anni fa. Un anno prima un plebiscito aveva deciso l’annessione della Toscana al Regno di Sardegna, l’inizio del processo di unificazione che si sarebbe concluso con la Prima Guerra Mondiale.
Se osservi con attenzione le lapidi murate vicino ai palazzi comunali, di solito accanto a busti di Cavour, Mazzini e Garibaldi, o comunque a marmi che ricordano i tre grandi del risorgimento italiano, ti accorgerai che non mancano tracce delle votazioni di quel plebiscito del marzo 1860. Un segno tangibile svetta dalla facciata del palazzo pretorio di Barberino Mugello. Votarono in pochi, quelli che ne avevano diritto, ma quasi tutti, una massa compatta di uomini, scelsero di essere annessi alla patria condotta dal re Vittorio Emanuele di Savoia.
Bene, ma come si tenne il plebiscito? E qui casca l’asino. In Toscana, Mugello incluso, fu il barone Ricasoli a giocare un ruolo di rilievo. Opposizione tacitata, censura imposta dal barone di ferro, coercizione unitaria dettata dai grandi latifondisti. Il voto, insomma, non fu proprio libero. C’è dell’altro. Chi si recava ai seggi sfilava tra soldati con tanto di fucile al piede. Immagina come dovesse sentirsi un mezzadro con le scarpe piene di terra in quella situazione.
Tra i nostri comuni se ne distinsero due. Vaglia aderì senza se e senza ma, un blocco di pietra. Palazzuolo, al contrario, fu l’unico comune mugellano dove i ‘sì’ vennero sonoramente sconfitti. Aveva ragione Tocqueville: l’aria della montagna è più libera.
Riccardo Nencini
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 28 Febbraio 2021