Mangona 1530, la rivolta della carne
BARBERINO DI MUGELLO – Durante l’effimera vita della Repubblica Fiorentina di inizio Cinquecento le numerose invasioni dei soldati di ventura stranieri e papalini comportarono lutti e distruzioni in Mugello, territorio da sempre legato a Firenze. Uno di questi condottieri, Cesare Masi detto Cesare da Napoli, fu particolarmente feroce nella zona di Barberino dove giunse con 1.500 fanti per tagliare i rifornimenti alla repubblica nel gennaio 1530. Ritornò dopo qualche mese insieme a un suo fidato e perfido scudiero, un certo Francesco Strinati che per giorni con tre compagni di scorribande bruciò e depredò le casupole intorno al castello di Mangona.
A lungo andare i contadini si ridussero alla fame, tanto che si sussurrava di atti di cannibalismo nella zona; ciò spaventò i mercenari a tal punto che smisero di avventurarsi da soli per i paesi limitrofi. La leggenda racconta però che lo Striniati, non avendo paura di niente e di nessuno, seguitava a perseguitare quella povera gente e un brutto giorno ne fece le spese una bella ragazza dai lunghi capelli neri che fu issata con la forza sul destriero dello Strinati e non tornò mai più dalla sua famiglia.
Si dice che allora a Mangona, nell’oratorio della chiesa di Santa Margherita, si riunirono alcuni giovanissimi contadini del posto amici della ragazza, inferociti e decisi a vendicarla. Nel luglio 1530 organizzarono l’agguato mortale. Avendo Cesare da Napoli stabilito una taglia sul borgo di Mangona, inviò lo Strinati con i suoi tre sgherri a riscuotere la vile estorsione. Arrivati, però, presso le macerie del castello che fu degli Alberti, i mangonesi saltarono fuori dalle rovine; in breve i quattro avventurieri vennero massacrati a colpi di pietra dai ragazzini mugellani che andarono spavaldamente all’assalto gridando “carne, carne!” cogliendo di sorpresa e terrorizzando in quel modo i soldati di ventura. Si dice che a quel punto Cesare da Napoli, avvisato dei fatti, accorse prontamente e cercò di trovare un accordo con i locali per evitare ulteriori problemi, ma non sappiamo se in seguito la sua vendetta si abbatté sui mugellani.
Se potessimo frugare tra le pietre di alcune case del poggio che un tempo fu castello, potremmo trovare in quelle fondamenta le ultime e gloriose vestigia feudali che videro quei memorabili fatti. Mi piacerebbe chiudere gli occhi e accarezzarle nel ricordo di quell’incredibile mondo e forse allora potrei sentire ancora i nitriti dei cavalli al galoppo, il passo cadenzato della sentinella, le urla roche dei soldati all’assalto, le campane dell’antica chiesa che suonano a distesa e un grido che esce violento dalla gola di un giovane mugellano esasperato: carne, carne!
Fabrizio Scheggi
©️ Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 10 aprile 2021