SantOmobonoLa storia dell’Oratorio di Sant’Omobono è legata all’antica Compagnia della Natività di Maria Santissima, detta degli Azzurri per il colore della veste indossata dai suoi componenti, che veneravano una immagine della Vergine ed avevano la loro sede in piazza Castelvecchio.
Nella seconda metà del XVIII secolo, l’oratorio fu ampliato con un presbiterio diviso da colonne, e sormontato da una cupola ellittica. Sopra l’altare maggiore in pietra dell’oratorio fu collocata e posta alla venerazione, l’immagine della Madonna. Anche l’edificazione del grazioso campanile può essere collocata tra la fine del Seicento e la prima metà del Settecento. Agli anni 1776-1778 risale l’importante rifacimento dell’oratorio, realizzato su progetto di Gasparo Maria Paoletti, al quale si deve la costruzione, tra l’altro del presbiterio preceduto da colonne e sormontato da cupola ellittica.
Nel 1785, in occasione della soppressione granducale delle compagnie laicali, anche quella degli Azzurri fu cancellata e il suo oratorio venne assegnato al vicino monastero domenicano. In seguito, alla fine del secolo, la Compagnia degli Azzurri fu ricostituita e unita a quella contigua del SS. Sacramento sotto l’invocazione di Sant’Omobono.
Nel 1802 fu costruita la cantoria e decorata nel 1850 da Pietro Alessio Chini. Nel 1804 fu rifusa una nuova campana, la “Nevosa” e nel 1813 la chiesa fu completamente restaurata.
Nello stesso anno, il pittore Pietro Paolo Colli (1768-1822), affrescò la cupoletta del presbiterio, dipingendovi Maria Assunta in cielo, aiutato probabilmente dal giovanissimo allievo Pietro Alessio Chini (1800-1876), al quale (in collaborazione con Angiolo Romagnoli), nel 1850 venne affidata la decorazione delle pareti interne.
Nel 1889, a seguito di donazione del marchese Filippo Negrotto Cambiaso vennero collocati i due altari lapidei laterali, provenienti dalla soppressa chiesa di S. Francesco.

Dal 1954 venne sospesa ogni attività liturgica e fino al 1998 l’Oratorio è stato destinato ad usi impropri. In questa data il pievano don Giancarlo Corti decise di intervenire per il suo recupero e la sua valorizzazione. L’inaugurazione è avvenuta il 6 dicembre 2003, mentre il restauro del campanile si è concluso nel 2010.
La facciata a capanna, restaurata nel 1925 presenta un portale in pietra con sovrastante timpano spezzato e cartiglio sopra il quale si apre una grande finestra rettangolare sormontata da uno stemma della compagnia.

L’interno si presenta a navata unica, il soffitto a capriate sostituisce quello a volta decorato a forme geometriche. Due grosse colonne di finto marmo, su cui imposta l’arco di accesso, inquadrano il presbiterio sormontato dalla cupoletta emisferica. Sull’altare maggiore una tela con sfondo azzurro raffigura piccoli angeli e putti; al centro una nicchia accoglie una Madonna col Bambino (2003), opera ceramica che sostituisce l’originaria Madonna degli Azzurri, la quale, a seguito di un restauro eseguito dall’OPD, che la ha liberata dallo sporco e dalle pesanti ridipinture, si è dimostrata uno splendido dipinto tardo duecentesco, unanimamente riferito alla attività giovanile di Giotto, e ora custodita nella Pieve di San Lorenzo. Il ciborio sottostante è in pietra lavorata. Sopra lo sportellino, in ottone argentato, è raffigurato, in bassorilievo, Cristo Risorto (2003) .
Sulla controfacciata si vede una finestra con vetrata policroma raffigurante la Madonna della Pace, opera e dono della Manifattura Chini. L’opera raffigura la Vergine Maria seduta in trono, l’agnello in grembo ed un ramoscello d’olivo nella mano destra. In basso è presente la graticola di San Lorenzo e nel cartiglio è riportata l’iscrizione: Fornaci San Lorenzo-Chini e C-settembre 1925.
La bussola d’ingresso, in legno e vetro, è opera ideata da Dino Chini (la parte lignea si deve al falegname Aldo Bargelli) e risale al 1926; le formelle in vetro dipinto, con stemmi ed elementi decorativi, si devono alla produzione della Manifattura Chini.
Recentemente, sulla cantoria dell’oratorio è stato collocato l’organo positivo trasportabile, costruito nel 1778 dai fratelli Benedetto e Luigi Tronci, proveniente dalla prospiciente cappella del monastero di S. Caterina. Anche se la sua provenienza originaria è ignota, è probabile che si tratti dello strumento realizzato dai due organari pistoiesi per la chiesa di S. Maria di Bonistallo (Poggio a Caiano), acquistato poi dal pievano di Borgo .
Sopra i due altari laterali, provenienti dalla chiesa di San Francesco, sono visibili due tele del pittore Pietro Paolo Colli, realizzate verso il 1813: in quella di destra è raffigurato “Sant’Omobono”, in quello di sinistra il Transito di San Giuseppe. Sotto la mensa dell’altare destro, protetto da una vetrata della Fornaci San Lorenzo nel 1925, è custodito un Cristo deposto realizzato in gesso policromo nel 1890, opera del borghigiano Bruno Ravagli.

Sulla parete di sinistra della navata si trova un’opera in maiolica policroma, la Sacra Famiglia, realizzata nel 1903 da Galileo Chini, al tempo della sua presenza nella Manifattura dell’Arte della Ceramica e qui collocata nel 2007, proveniente dalla piccola cappella della Fondazione Umberto I di Borgo San Lorenzo, dove era affiancata da un dipinto murale, sempre di Galileo, raffigurante gruppi di persone. Sulla parete destra del presbiterio è stata posto (2009) un tondo in terracotta policroma raffigurante una Madonna col Bambino opera della Manifattura Chini delle Fornaci San Lorenzo (inizio XX sec.)
In prossimità dell’ingresso laterale, sulla parete di sinistra, è murata una lapide marmorea (1919) dedicata ai fratelli della Compagnia degli Azzurri caduti in guerra. Sulla parete opposta, in prossimità del presbiterio, una targa in ceramica policroma, opera della Manifattura Chini nel 1925, è dedicata ai tre dipendenti delle Fornaci San Lorenzo caduti nella Grande guerra.
Le finestre laterali al lato sinistro dell’Oratorio e la bussola recano tessere vitree con marmorizzazioni e decorazioni geometriche a losanghe di gusto decò, con alcuni stemmi della Confraternita di Sant’Omobono, anch’esse riferibili agli interventi della Manifattura Chini in occasione del restauro di metà anni Venti del Novecento.

(scheda a cura di Marisa Ignesti e Marta Magherini)

(foto di Marta Magherini)

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