Quanto (e come) è cresciuto Vicchio. Storia urbanistica del paese nei voli aerei e nelle vedute da Montesassi
VICCHIO – In una bella giornata primaverile sono salito a fotografare l’abitato di Vicchio dall’alto di Montesassi, il poggio che sovrasta il Ponte a Vicchio. È la migliore postazione per una visione a volo d’uccello sul centro del paese e sull’intera vallata, tant’è che la ritroviamo in diverse cartoline di epoca più o meno recente. Da qui – scriveva il podestà Valentino Mannucci nel 1743 – si poteva ammirare “per più miglia la vaga pianura del Mugello fino a Scarperia” e apprezzare l’ordinata sistemazione agraria del territorio (“il bello delle coltivazioni”). Sulla vetta, l’antica chiesa di San Giusto e l’annessa canonica erano in completa rovina fino a qualche anno fa, poi la famiglia Benvenuti ci ha ricavato la propria abitazione e ha reso questo luogo praticabile e accogliente.
La visita mi ha spinto a confrontare le vedute di varie epoche e a cercare di delineare la crescita urbanistica del capoluogo osservando al tempo stesso le profonde trasformazioni del paesaggio circostante avvenute nel corso dell’ultimo secolo.
Questa cartolina di fine Ottocento non fornisce particolari dettagli ma documenta come il profilo del paese non fosse molto diverso da quello osservato dal Mannucci nel Settecento. L’insediamento è sostanzialmente racchiuso nel perimetro delle mura medievali: all’esterno si è allargato solamente sui due versanti del colle, lungo la via maestra. Sul lato sud, fuori dall’abitato, si nota solo la casa colonica del podere Colombaiotto e in basso, lungo la strada di circonvallazione, l’edificio di un vecchio mulino dismesso (nel catasto leopoldino è denominato infatti Mulinaccio).
Nel primo decennio del Novecento l’aspetto del paese visto da sud non subisce grandi variazioni. Invece sul lato nord, dove tra il 1885 e il 1888 era stata abbattuta la cinta muraria per aprire una via di collegamento tra la piazza centrale del castello e il piazzale delle fiere e dei mercati, si distingue ora l’edificio del teatro, eretto nel 1901 in occasione delle celebrazioni giottesche. Dopo qualche anno, nel 1913, verrà inaugurata la linea ferroviaria Pontassieve-Borgo San Lorenzo che finalmente metterà in comunicazione Vicchio con il sistema dei trasporti pubblici a livello regionale e nazionale, rompendo il tradizionale isolamento causato dall’assenza di collegamenti stradali transappenninici. L’arrivo della ferrovia darà notevole impulso alla crescita urbanistica del paese perché nel 1915 verrà completato il viale d’accesso alla stazione lungo il quale sorgerà il nuovo piazzale delle fiere. La strada maestra provinciale non attraverserà più il centro del paese ma verrà dirottata sul percorso in piano, lungo il corso della Sieve.
Nel medesimo tempo si porteranno a termine i lavori per l’apertura di un varco sul lato sud delle mura medievali per facilitare l’accesso al paese della popolazione al di là della Sieve attraverso la ripida via dell’Erta. Sul lato opposto si costruiranno nuove logge per ampliare il mercato al coperto (articolo qui).
La foto evidenzia come il territorio circostante fosse da tempo immemorabile intensamente coltivato con prode rettangolari intervallate da filari di viti sorrette da pioppi, secondo le regole del sistema agrario di tipo mezzadrile, che garantiva alla famiglia colonica l’autoconsumo e la sopravvivenza mentre il proprietario beneficiava di una rendita sicura senza grandi investimenti.
Negli anni tra le due guerre la principale novità è rappresentata visivamente dal tratto di linea ferroviaria che taglia l’imbocco della strada verso il Ponte a Vicchio con un passaggio a livello. Osservando bene la cerchia muraria si rileva che ha perso le due torri sul lato meridionale mentre quelle rimaste hanno assunto una forma differente. Il 29 giugno 1919 Vicchio fu colpito da un violentissimo terremoto e il Genio Civile fu costretto a intervenire sugli edifici pericolanti e così le antiche torri furono scapitozzate o completamente rifatte con merlature di stile medievale. Lo stesso Genio Civile costruì sul lato nord ovest del paese quattro blocchi di case per 40 famiglie di terremotati. Nello stesso luogo fu allestito in onore dei caduti della Prima Guerra Mondiale il cosiddetto “parco delle Rimembranze”.
Prima di ritirarsi di fronte all’avanzata alleata, nel settembre 1943, l’esercito tedesco fece esplodere le mine posizionate in diversi angoli del paese distruggendo i palazzi e i monumenti più significativi. Insieme agli edifici circostanti furono atterrate le due grandi torri d’ingresso appena ricostruite. In un cumulo di macerie furono ridotti anche il palazzo Santoni Guidi, sul corso centrale. Si calcola che il 33% dei vani esistenti nel centro storico venne distrutto o lesionato. La foto panoramica degli anni ’50 e anche lo scatto del volo aereo del 1954 non danno la percezione del catastrofico stato del paese perché le macerie erano state rimosse e da lontano non erano evidenti le profonde ferite causate dalla guerra, che furono risarcite del tutto nel cuore del centro storico solamente nel 1998, quando i proprietari si accordarono per la riedificazione di due nuovi fabbricati.
Dal 1951 al 1961 i residenti nel Comune di Vicchio diminuirono nettamente passando da 10.462 a 7.660 unità ma il decremento riguardò solo la popolazione delle case sparse perché quella residente nei centri (capoluogo e frazioni) passò dal 22,6% al 32,6%. Il paesaggio agrario era però rimasto quello tradizionale, fortemente segnato dagli appezzamenti a coltura promiscua lavorati dai mezzadri.
I vicchiesi dovettero attendere a lungo per ottenere un pur parziale restauro oppure la riedificazione di monumenti e abitazioni danneggiate, sia per la lentezza degli uffici statali che per la latitanza dei proprietari. Quel poco che fu realizzato avvenne in maniera molto casuale, senza tener conto cioè dei criteri di ricostruzione contenuti nel piano dell’architetto Leonardo Ricci, al quale nel 1947 era stato affidato il compito della rigenerazione urbanistica del capoluogo.
Dedicheremo un nuovo articolo all’analisi del progetto Ricci per far conoscere nel dettaglio le sue proposte, volte a salvaguardare le caratteristiche storico-ambientali di Vicchio attraverso una nuova fisionomia di piazza Giotto, una reinterpretazione in chiave modernista delle torri di Ponente e di Levante e una rilettura antiretorica della monumentale piazza della Vittoria.
Limitiamoci alla veduta prospettica del paese allegata al suo piano: ci mostra come il giovane allievo di Giovanni Michelucci volesse da un lato valorizzare il rapporto del nucleo abitativo con il paesaggio mantenendo appunto il senso dell’originale “terra murata” fondata dalla Repubblica fiorentina, dall’altro facilitare le comunicazioni con il centro attraverso la nuova arteria che attraverso il Colombaiotto si congiungeva alla strada del Ponte a Vicchio.
Come in tutte le zone rurali della Toscana, negli anni ’60 a Vicchio si accentuò il fenomeno di spopolamento della campagna. L’esodo non portò a un calo di abitanti del capoluogo, dove invece si fece sempre più pressante la richiesta di case popolari.
Nella storia urbanistica di Vicchio si può valutare assai positivamente la costruzione del villaggio dell’Unrra Casas, sorto allato alla strada statale intitolata ai Martiri di Padulivo. Nel 1955 furono consegnati alle famiglie disagiate o senzatetto 24 alloggi, dei quali 6 con contratto di locazione e 18 con possibilità di riscatto.
Nel settore dell’edilizia privata fu concesso di costruire blocchi con numerosi appartamenti, come quello a 5 piani che si intravede in fase di ultimazione al margine del viale Beato Angelico. Oggi sono questi elementi che purtroppo caratterizzano negativamente lo skyline urbano di Vicchio.
Salendo con lo sguardo lungo lo stesso viale si nota, tra gli alti tigli, il lungo tetto delle nuove scuole elementari. Proprio accanto all’edificio scolastico verrà poi aggiunta una grande palestra.
Lungo il viale Mazzini, verso la Mirandola, furono piantati piccoli pini. Quasi al termine della salita, nel 1970, erano state già realizzate due terrazze panoramiche: una di queste però venne subito oscurata dalla contemporanea costruzione di un caseggiato e di un capannone adibito a mulino.
Al centro della foto, sopra la casa colonica del Colombaiotto, appaiono due nuovi fabbricati. Se ne aggiungeranno disordinatamente molti altri nel corso di pochi anni, senza dotazione di aree verdi e di parcheggi adeguati.
Nel decennio successivo la trama dell’abitato si estese in tutte le direzioni. Fu interamente lottizzata la parte est del Colombaiotto non prevedendo, tra l’altro, l’acquisizione di strade al patrimonio comunale. Sulla china del Sodo sorsero tre alti caseggiati, a ridosso delle case popolari già esistenti (via della Costituzione). Si urbanizzò l’area sopra il villaggio dell’Unrra Casas mentre restava ancora disponibile l’ampia porzione di campi tra il Colombaiotto e l’Erta.
Una novità rilevante fu la realizzazione del lago di Montelleri, ideato per dotare il paese di una vasta area verde attrezzata per la pesca e altre attività sportive all’aperto. Dopo l’inaugurazione, avvenuta nel giugno del 1972, si sono manifestati diversi problemi. Il progetto prevedeva che, oltre che dal fosso di Montelleri, lo specchio d’acqua fosse alimentato anche dal Muccione, con una presa dalla pescaia del Mulino di Fortuna ma le condutture non ressero a causa dell’instabilità del suolo. Fu poi necessario il suo svuotamento perché si rilevarono perdite al piede della diga. Comunque, grazie ai lavori idraulici e di risagomatura svolti a più riprese, il lago ha potuto mantenere finora la sua funzione di attrattiva turistica e di svago per i residenti.
Sulla sinistra, parallelamente alla ferrovia, la foto mostra una nuova strada che si immette in quella del Ponte a Vicchio. Non serviva a facilitare l’accesso alla casa colonica del podere Il Prato (che era già disabitata e che verrà poi abbattuta) ma era stata aperta in previsione della per la costruzione in questa zona di impianti sportivi di proprietà comunale.
Un volo aereo del 1978 rileva, nella ristretta piana agricola compresa tra il corso della Sieve e la duplice arteria ferroviaria e stradale, i primi insediamenti produttivi da tempo auspicati per sostenere le attività di tipo artigianale e industriale. Nel quinquennio 1965-1970 la manodopera occupata nelle industrie locali era infatti già passata da circa 40 a 280 unità.
Lungo la ferrovia i campi da tennis erano ultimati ma non ancora ancora pienamente funzionanti. Dovevano ancora iniziare i lavori per gli spogliatoi della piscina, aperta nel 1980.
Qualche anno dopo fu inaugurata la struttura del campeggio comunale accanto alla piscina. In questa inedita immagine le piante sono ancora piccole e nella calura estiva non offrono ai clienti alcun riparo d’ombra.
Ecco la visione di Vicchio dall’alto nel volo aereo del 1988. L’Amministrazione Comunale era in attesa dell’approvazione da parte della Regione del nuovo piano regolatore generale, votato dal Consiglio comunale nel 1987. Fino ad allora l’unico strumento di pianificazione urbanistica in vigore era un semplice programma di fabbricazione, che si mostrava sempre più inadeguato per la corretta gestione del territorio. Fu per la prima volta effettuata la ricognizione e la classificazione del patrimonio edilizio esistente nel Comune programmando soluzioni per risolvere le notevoli problematiche legate alla viabilità e ai servizi di pubblica utilità. Il piano regolatore fu adottato dopo tre anni di attesa, subendo però drastiche modifiche.
Maggior fortuna ebbe il piano di edilizia economica e popolare previsto dalla legge statale 167: in pochi anni si conclusero i lavori per la costruzione di oltre 70 alloggi ad opera dell’Istituto Autonomo Case Popolari (Iacp), di due Cooperative (“Gramsci” e “Mugello Casa”) e di alcuni privati.
Intanto, sul lato ovest, l’abitato si era esteso a ridosso della ferrovia impedendo l’ipotesi di eliminare il passaggio a livello con un ponte di scavalcamento nella viabilità di fondovalle. Dal lato opposto era stata anche parzialmente urbanizzata l’area in direzione dell’Arsella, favorita anche dall’apertura sotto il poggio di Montelleri di una strada di collegamento, completata nel 1986.
Dopo due anni, nei primi mesi del 1990, questo è l’aspetto del paese visto da Montesassi. In questo periodo era già iniziata la tendenza dell’allontanamento delle attività commerciali dal centro storico, che perderà progressivamente vitalità, nonostante i successivi interventi di recupero e di riqualificazione.
Lasciamo trascorrere un quarto di secolo per paragonare i risultati di un volo che inquadra la stessa porzione del territorio comunale nel 2016. Sarebbe troppo lungo analizzare minutamente le consistenti modificazioni avvenute nello sviluppo urbano. Basti ricordare che nel 1993 il Consiglio Comunale approvò una variante organica al Piano Regolatore, convalidata però dalla Regione Toscana solo nel maggio 1996, operando anche in questo caso diversi stralci che di fatto consentivano solo modeste espansioni. Intanto entravano in vigore le procedure previste dalla nuova legislazione regionale (LR 5/1995) che attribuivano competenze anche alla Provincia attraverso i Piani di Coordinamento Territoriali. In coerenza con queste direttive il Comune doveva dotarsi del Piano Strutturale e il Regolamento Urbanistico, strumenti che a Vicchio richiesero tempi molto lunghi per la loro adozione e successiva attuazione. Il Piano strutturale fu approvato nell’aprile del 2005 e il Regolamento Urbanistico due anni dopo.
Nel 2003 il Comune varò un vasto programma di riqualificazione urbana del capoluogo che determinò un netto miglioramento della qualità dell’arredo e della viabilità delle piazze e delle strade del centro storico, compreso il viale Mazzini (il rifacimento del viale Beato Angelico era già stato eseguito nel 1999). Furono allora costruiti 15 alloggi sociali nell’area dei vecchi macelli (tra il largo don Corsinovi e piazza della Vittoria), con la sottostante sede del poliambulatorio socio-sanitario. Vennero previsti anche corposi interventi per completare la trama urbanistica tra il nuovo campo sportivo e l’area residenziale Peep con alloggi di edilizia sociale, edilizia agevolata da cedere in proprietà o da destinare alla locazione. Anche le Amministrazioni comunali che si sono poi succedute hanno contribuito al completamento di questi e altri imponenti lavori, come la costruzione della nuova scuola materna (il grande complesso triangolare che appare nella foto di lato al campo sportivo), a cui fu posto mano nel 2006.
Siamo giunti ai giorni nostri e molto ci sarebbe ancora da dire. Ricordo solo che allo stato attuale le linee e le infrastrutture del territorio comunale sono regolate da strumenti urbanistici completamente nuovi, frutto dell’aggiornamento della legislazione regionale sempre più vigile alla tutela dell’ambiente e all’uso delle risorse territoriali. A questa logica si sono attenuti il nuovo Piano Strutturale e il relativo Piano Operativo del Comune di Vicchio, entrambi approvati nell’aprile del 2019.
Per quanto riguarda i grandi nodi irrisolti voglio solo rimarcare la mancata costruzione del nuovo ponte sulla Sieve, indispensabile come non mai per mettere in collegamento i due assi della viabilità di fondovalle sui due lati della Sieve, dato che l’unico attraversamento carrabile del fiume nel territorio comunale è rappresentato ancor oggi da un ponte del Medioevo, al Ponte a Vicchio!
Adriano Gasparrini
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 13 Giugno 2021