RACCONTI DI CAMPAGNA – Gli scherzi del “Bendi”
MUGELLO – Si chiamava Giuseppe detto Beppe ma da tutti era conosciuto semplicemente come il Bendi. Media statura, corporatura robusta lavorava come bracciante agricolo presso le fattorie della zona di Contea. Quando il lavoro c’era, perché più spesso si doveva arrangiare con umili servizi o magari con il lavoro da “magnano”, per chi non lo sapesse quello che metteva le toppe ai recipienti che si bucavano come paioli, pentole, mezzine e tegami. Il Bendi era un tipo allegro, burlone, dalla battuta pronta e aveva un unico grande amico, il Panculli. I due erano inseparabili, da anni legati per la pelle da mille avventure e scherzi.
Per farvi capire che tipo era Beppe, vi dirò che una volta il giorno della Pentecoste, durante la tradizionale processione che dal paese arrivava a un antico Oratorio, il Bendi portava orgogliosamente lo stendardo. A un certo punto il crocefisso in cima all’asta del labaro s’incagliò in una frasca di ciliegio. Il Bendi alzò gli occhi e cercò più volte di liberarlo, esclamando alla fine davvero spazientito: “Ma che sei come i ragazzi, non vedi che le un sono ancora mature”? A parte la battuta, in questa frase s’avverte quel misterioso e profondo legame che univa mondo contadino e fede, riassunto in quel vedere Gesù come un uomo, uno di noi prima ancora che il figlio di Dio.
Un giorno di novembre di un anno imprecisato del dopoguerra il Bendi fu cercato da una signora benestante della zona. Le era morto da poco un parente il cui corpo era stato portato nella cappella del cimitero; non potendo vegliare di persona la salma a causa di un impegno, aveva bisogno di qualcuno che lo facesse per lei quella notte, e chiese al Bendi se era disposto a farlo lui per duemila lire. “Sicuro” rispose subito il Bendi a cui quei soldi facevano un gran comodo. Però, a mente fredda e pensandoci bene non se la sentiva di passare un’intera nottata al cimitero da solo con il morto, e allora andò dal suo inseparabile amico Panculli e combinarono di andarci insieme dividendo il compenso. Dopo aver cenato e prima che arrivasse la notte salirono entrambi nell’isolatissimo cimitero di collina sopra Sandetole, entrarono nella cappella e si sedettero accanto alla bara. Era parecchio buio, la luce elettrica non era ancora arrivata e l’ambiente era scarsamente illuminato da un paio di candele; davvero un ambiente spettrale. Mentre parlavano del più e del meno il Panculli a un certo punto disse: “Senti Bendi, arrivare a domattina è lunga e poi è anche freddo; sai cosa faccio, vado dal Lori a prendere un fiasco di vino, così almeno ci scaldiamo un po’ stanotte’’. Il Bendi era d’accordo e rispose subito “Va bene”.
Mentre il Panculli scendeva la ripida strada per il paese, il Bendi prese il morto e lo sistemò con cura sulla sedia mentre lui senza esitare si distese dentro la bara al suo posto. Quando tornò il Panculli con il fiasco di vino e il bicchiere in mano, alla flebile luce delle candele non s’accorse che seduto sulla sedia non c’era più il Bendi ma il morto. Così, versò tranquillamente il vino nel bicchiere e, passandolo a quello che credeva fosse il suo amico, disse toccandolo: “Tieni bevi… tieni bevi.. che ti sei addormentato?” D’improvviso il Bendi s’alzò dalla cassa da morto dicendo: “Se non lo vuole lui dallo a me!“. Il Panculli, poveretto, saltò letteralmente in aria dallo spavento e in tre balletti arrivò volando a Contea. Da allora non rimise mai più piede nel cimitero, e fu sempre da quel giorno che si ruppe per sempre la vecchia e grande amicizia tra il Bendi e il Panculli.
Fabrizio Scheggi
(liberamente tratto dal volume del 2022 “Contea, Sandetole, Turicchi-“ scritto insieme a Antonio Cecchini, Alessandro Parrini e Daniele Passiatore)
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 27 agosto 2023