S. Antonio Abate a Dicomano, da Oratorio a Chiesa parrocchiale
MUGELLO – Alla fine del ‘700 la realizzazione del primo tratto della strada rotabile di Romagna, dalla scesa del Ponte Mediceo a Pontassieve fino al Ponticino a S. Godenzo, favorì l’incremento dei traffici commerciali e degli spostamenti dei cittadini a tal punto che a Dicomano il Ponte Vecchio, a schiena d’asino, non fu più sufficiente a sopportare il continuo transito di carri e carrozze.
Fu necessario realizzare un secondo ponte sul fiume Comano, il Ponte Nuovo, poco più a valle, più largo ed agevole da percorrere, che facilitò non solo il passaggio delle merci e dei viandanti, ma anche quello degli abitanti di Dicomano che dal popolo di S. Maria sulla riva destra del fiume, dove si trovava anche la piazza del Mercatale, si recavano nel popolo di S. Antonio situato sulla riva sinistra e viceversa.
La via Forlivese, che attraversava il centro abitato di questo secondo popolo, si animò di botteghe, osterie e locande intorno al vecchio Oratorio di S. Antonio Abate.
Ad accrescere ancor più il pullulare di gente e di mezzi di trasporto fu l’apertura del valico appenninico del Passo del Muraglione nel 1836 che agevolò uno sviluppo economico e sociale notevole con aumento della popolazione residente e di quella forestiera.
Nello stesso anno la Diocesi di Fiesole, cui era sottoposto questo territorio, decise che il popolo di S. Antonio, fino ad allora sotto il titolo di S. Iacopo a Frascole, avrebbe assunto la dignità di parrocchia.
Ovviamente non era più abbastanza rappresentativo il vecchio e malridotto Oratorio e il parroco nominato, Don Carlo Torello Pellegrineschi, presentò subito istanza per avere una chiesa nuova con comoda canonica. I popolani gli fecero eco chiedendo più spazio per meditazione e preghiera dato l’incremento numerico dei credenti presenti alle funzioni.
La Commissione ecclesiastica per il restauro delle chiese parrocchiali incaricò l’ingegnere del Circondario di Pontassieve, Fortino Fortini, di redigere una perizia che prospettasse le ipotesi di varie alternative fra le quali scegliere.
Il primo ottobre 1837 l’ingegner Fortini presentò alla Commissione la sua relazione che ipotizzava o il recupero del vecchio Oratorio e annessi, o l’edificazione di una chiesa completamente nuova in un campo appena fuori paese ma con un preventivo di spesa di oltre 20000 lire, cioè più del doppio rispetto alla prima soluzione proposta. Adocchiato l’affare il mastro muratore Santi Berti volle presentare anche lui una relazione con il progetto di realizzare una canonica composta da non meno di dieci comode stanze e una chiesa lunga 39 braccia e larga 18 con preventivo di spesa di 16459 lire. Oltretutto vendendo il vecchio oratorio con gli annessi e contando sull’opera gratuita dei popolani, che intanto andavano organizzandosi, si sarebbero potute risparmiare altre 6000 lire. A carico del Governo sarebbero dunque rimaste solo 10459 lire, cifra quasi coincidente con quella eventualmente necessaria per il recupero della vecchia costruzione.
Il 29 gennaio 1838 un altro mastro muratore, Luigi Mannucci, si fece avanti per ottenere l’accollo dei lavori rendendosi disponibile ad essere in parte pagato con la cessione del vecchio oratorio e annessi.
Il Governo, che anche allora sceglieva al ribasso, optò per la realizzazione del progetto del Berti conferendo l’appalto al Mannucci.
Il terreno scelto era parte di due appezzamenti coltivati a vigna di proprietà di Felice Baldini; fu necessario dunque un esproprio riducendo l’estensione delle particelle 324 e 325 creando la 1204 sulla quale sarebbe stata costruita la nuova chiesa e canonica. Nel frattempo però gli abitanti avevano già presentato un progetto di ampliamento e ristrutturazione del vecchio oratorio al quale erano affezionati e oltretutto non erano intenzionati a dover camminare fino laggiù, in fondo al paese, dove non esisteva nulla se non lo sbocco di un fosso nella Sieve !
Nel novembre 1838 Felice Baldini morì prima di concludere qualsiasi affare ma il cantiere fu allestito ugualmente senza nessuna comunicazione ai figli, eredi, Antonio e David. Il progetto sembrava ormai decollato ma il Mannucci, quando cominciò i lavori, si rese conto che esisteva un dislivello notevole sul terreno designato ed era necessario uno sterro di ampie dimensioni prima di iniziare l’edificazione con conseguente aggravio di spesa per la quale fece subito richiesta alla Commissione ecclesiastica.
Poco dopo Francesco Bertieri, rappresentante degli abitanti della terra di Dicomano, inviò una lettera alla Commissione chiedendo di “cessare immediatamente quei piccoli lavori già incominciati per l’edificazione della nuova chiesa” e prendere in considerazione l’ampliamento del vecchio oratorio in quanto il luogo scelto per la nuova costruzione risultava inadatto per la presenza del fosso che, nonostante i già menzionati lavori di sterro, si sarebbe trovato a scorrere ad un livello più alto generando non pochi timori per la stabilità e la sicurezza della nuova chiesa. Come se ciò non bastasse, la strada per andare a Frascole, ovviamente in salita, sarebbe risultata più in alto del tetto della chiesa stessa e dunque avrebbe necessariamente richiesto un gran muro a retta.
Nonostante tutti gli impedimenti, tutte le difficoltà, tutti i problemi e le soluzioni prospettate, arrivò l’ordine perentorio di continuare la nuova costruzione.
A questo punto sorge il sospetto che ci fosse una volontà politica di espropriare la terra proprio ad Antonio Baldini, personaggio di chiara tendenza risorgimentale, avverso alla casata granducale degli Asburgo-Lorena, tanto che, pochi anni dopo, nel 1849 fu ucciso dai soldati austriaci a Forlimpopoli.
Infatti i lavori proseguirono senza neanche avvertirlo e solo dopo la sua richiesta di chiarimenti gli fu offerta la cifra di indennizzo di 450 lire come da stima dell’ingegner Fortini. La disapprovazione del Baldini non si fece attendere chiedendo una ulteriore perizia che fu redatta dall’ingegner Girolamo Vettori la cui stima ammontava a 702 lire. Ma la cifra non fu considerata sufficiente, dato che l’occupazione del terreno risultava superiore alla misura determinata nel progetto; fu quindi redatta una perizia di parte dall’ingegner Leopoldo Franceschi la cui stima ammontava a 1437 lire oltre ai necessari lavori a difesa del terreno rimasto di proprietà Baldini, consistenti in vari muri a retta, stimati in 1167 lire.
La Commissione a questo punto richiese un’ulteriore perizia redatta dall’ingegner Cammillo Lapi che confermò la stima del terreno fatta dal Vettori ed aggiunse 731 lire per i ripari; si arrivò così all’offerta finale arrotondata a 1300 lire totali.
Il Baldini non si lasciò intimidire, presentò il conto tramite il suo avvocato Filippo Galli e rifiutò ogni ulteriore incontro per eventuali trattative.
Mentre andava avanti la disputa sul valore della terra anche gli eventi atmosferici ci misero lo zampino: per ben due volte le piogge insistenti gonfiarono il fosso a tal punto che esondò portandosi via alcuni muri eretti per costruire la canonica. Ovviamente il Mannucci mandò prontamente un nuovo preventivo di spesa alla Commissione per ripristinare ciò che lui aveva già costruito la prima volta e, dopo varie verifiche, fu giustamente approvato il nuovo esborso.
Come se tutto ciò non bastasse, anche il parroco scrisse alla Commissione facendo presente che nel progetto della nuova chiesa non era stato previsto un campanile esterno né un fonte battesimale interno: questa lacuna doveva essere sicuramente colmata!
Finalmente nel 1840 vennero accollati i lavori per i muri di sostegno ai terreni del Baldini a Francesco Degli Innocenti o Della Nave soprannominato il Lupi e venne ampliato l’appalto del Mannucci per la realizzazione del campanile a vela.
Dopo tante traversie il 10 ottobre 1843 il Cancelliere Comunitativo di Dicomano, su incarico della Commissione ecclesiastica per il restauro delle chiese parrocchiali consegnò a Don Carlo Torello Pellegrineschi le chiavi delle nuove fabbriche della Chiesa e canonica di S. Antonio Abate.
La vita riprese il suo corso e il nuovo fonte battesimale iniziò a svolgere a pieno titolo il proprio ruolo tanto che nel mese di novembre furono battezzati cinque bambini: Maria Buccioni, Francesco Innocenti, Maria Teresa Burberi, Giacinto Poggiali ed anche la figlia del Cancelliere Comunitativo, Maria Beatrice Irene Cappelli.
Susanna Rontani
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 19 maggio 2024